Ettore Sottsass e Angelo Mangiarotti alla Triennale di Milano

Ettore Sottsass e Angelo Mangiarotti alla Triennale di Milano

di Paolo Lavezzari

Due mostre per sapere di più su un maestro notissimo (Ettore Sottsass) e uno più appartato (Angelo Mangiarotti)

Per quanti non hanno ancora visto in Triennale a Milano (ma vale anche per chi già la conosce) l’installazione permanente Casa Lana – l’appartamento creato da Ettore Sottsass negli anni 60 per il suo tipografo di fiducia – una buona scusa per decidersi a visitarla è la nuova mostra allestita nella vasta sala dove la Casa è ricostruita. Dopo Struttura e colore e Il calcolo questo La parola è il terzo progetto del ciclo espositivo dedicato appunto a Ettore Sottsass e si concentra sull’uso, vario, costante e molteplice, della parola nella produzione dell’architetto e designer. Intendiamoci, ma lo avrete già capito, non è una mostra gigantesca (fino al 2 aprile); tuttavia merita una visita senza fretta – e questa forse è l’unica difficoltà – perché la selezione di scritti, disegni, oggetti, e opere inedite che presenta dice molto della vena narrativa di Sottsass che della parola scritta era un grande amante (tanto da aver editato a lungo perfino una rivista Terrazzo) e, sempre con una ammirevole limpidezza di visione (in qualche modo rispecchiata dall’uso dello stampatello maiuscolo), a essa affidava pensieri, riflessioni, confessioni, dubbi. 


Scodella con zuppa di lenticchie,
Buste per anno 2000 e il prossimo millennio, 1999, per Condé Nast Publications, London
Courtesy Studio Ettore Sottsass

C’è insomma un Sottsass da leggere e va detto che incanta sempre (Adelphi ha in catalogo un paio di titoli Di chi sono le case vuote? e Molto difficile da dire), così come un Sottsass da vedere ché il disegno è sempre stato per lui un altro mezzo di riflessione (il volumone 700 disegni, edito da Skira, è quasi enciclopedico). A proposito, Sottsass scriveva: ‘Io uso segni. Voglio dire, disegno sempre e soltanto per rappresentare certi pensieri dai quali sono inseguito’. Intanto che siete in Triennale, e se ci andate ne vedrete l’ingresso entrando, subito a sinistra, mettete in conto un’altra mezz’oretta almeno per vedere la mostra dedicata ad Angelo Mangiarotti (fino al 23 aprile). Dell’architetto milanese non è la prima volta che parliamo e questa retrospettiva, che non vuole esaurire il discorso, è comunque un ottimo modo per cominciare a conoscere un progettista il quale, nonostante abbia un vasto catalogo, è meno noto dei soliti noti suoi coetanei (Magistretti, Castiglioni, Zanuso, Sottsass…). È stata una minore notorietà voluta dallo stesso Mangiarotti, uomo dal carattere schivo che tuttavia non gli ha mai fatto mancare collaborazioni e incarichi importanti, a cominciare da Milano, ma in Italia tutta e molti anche all’estero (in Giappone era amatissimo).  E di tutto questo la mostra ne dà una visione completa, subito comprensibile grazie alla timeline davvero puntuale che si incontra subito nel corridoio d’ingresso. 


Miljö för en ny planet, dal catalogo della mostra National Museum Stockholm, 1969
Courtesy Studio Ettore Sottsass

Vale per la mostra di Mangiarotti quanto detto sopra per quella di Sottsass: non ci sono effetti speciali, almeno visibili al primo colpo d’occhio, ma molta sostanza, molta ricerca. L’allestimento, senza divisioni forzate tra confini disciplinari, rende così ben chiara la continuità di alcuni temi formali che nella produzione di Mangiarotti si allacciano e che riprende in tempi diversi e su diverse scale, dalla maniglia o dalle luci da tavolo alle grandi  architetture. Con un’attitudine da ingegnere, da sperimentatore e ancor più da scultore, Mangiarotti ha sempre lavorato su una serie di forme cui era affezionato (ossessionato?), proprio come un compositore ama certi passaggi di note e cromatici. 


E del resto il legame con la scultura lo si percepisce subito, con echi che vanno da Brancusi a Cascella, segno questo di un’apertura culturale che si  era costruito prima al politecnico di Losanna, poi lavorando con Ernesto Nathan Rogers (BBPR), poi negli States nei primi anni 50 dove frequenta i padri fondatori: Gropius, Mies van der Rohe, Frank Lloyd Wright. Parti integranti della mostra sono, in apposita saletta, il video Un Angelo su Milano: Mangiarotti e la città, e dei tour dedicati alla scoperta dei principali progetti realizzati da Angelo Mangiarotti nella città di Milano