Il museo diventa un multisala e ospita le opere della YouTube generation. Più cinema sperimentale che arte come era eravamo abituati a conoscerla.

Un titolo che fa già tanto 2.0: Glitch (che significa distorsione, un’interferenza in una riproduzione audio o video) inaugura al Pac di Milano con ingresso gratuito dalle 18 alle 24 in occasione della Giornata del contemporaneo. È la seconda mostra firmata dal nuovo comitato scientifico guidato da Massimo Torrigiani e la prova che si voglia scrivere una programmazione intrinsecamente rinnovata, più attenta alle contaminazioni tra arte e campi attigui: ed è come se fossimo passati dallo sfogliare un libro, a navigare su internet. In effetti, le esperienze del contemporaneo più prossimo sono essenziali nella produzione degli artisti selezionati (una cinquantina, con opere tutte datate dopo il 2000, da Adrian Paci a Francesco Vezzoli, da Luca Trevisani a Marinella Senatore, Yuri Ancarani, Ra di Martino, Invernomuto, Alterazioni Video) che affondano la loro creatività nello spazio liminale sito tra arte e cinema. E sono sempre di più gli adepti, oggi che YouTube e il crollo dei costi di produzione hanno reso quel linguaggio un territorio aperto; il paesaggio che ne risulta è squisitamente postmoderno, qui non c’è nessun desiderio di stabilire una trincea dell’avanguardia, né si combatte alcuna rivoluzione. Il curatore Davide Giannella (classe 1980, il dato anagrafico non è casuale) invita a non etichettare i lavori in mostra come video-arte, al contrario, molte di queste opere sono caratterizzate da una forte componente di storytelling e spesso partono da luoghi non convenzionali alla veicolazione di contenuti artistici, gravitando nelle sezioni speciali dei festival del cinema, dove le chiamano pellicole sperimentali.

E in tutto questo, Glitch si propone come una forma di esperienza, più che di contemplazione, che instaura modalità di fruizione sui generis.

Mi piace /non mi piace. Secondo il curatore, al cinema si può dire, ma quando esci da una mostra scatta piuttosto il meccanismo “ho capito/non ho capito”. Bene, con la migrazione di molti creativi in territori di soglia, questo stesso paradigma è destinato a mutare.

Al museo come al cinema. Ecco, ci eravamo abituati a fruire delle opere video issate su un totem in mezzo alla stanza o proiettate in installazioni immersive, con il risultato che gli incontri fossero spesso sfuggenti, ma Glitch trasforma il Pac in un multisala con stanze buie e isolate dove godere delle proiezioni con la giusta concentrazione.

Momento reiterato. I film sono 64, suddivisi in due programmi proiettati a giorni alterni. La maniera migliore per vedere la mostra è dunque ‘consumarla’ a puntate, grazie all’abbonamento che è possibile sottoscrivere in alternativa al biglietto.

L’architettura dell’esperienza postmoderna. Si possono guardare i film, ma ci sono anche altre opere, installazioni, foto, sculture che con quegli stessi lavori filmici intrattengono un rapporto o che semplicemente instaurano relazioni con il linguaggio cinematografico, e ci sono le performance che sono la trasposizione live delle immagini in movimento. Insomma, il percorso espositivo è stratificato e stabilisce un gioco di rimandi, la possibilità di approfondimenti, con un andamento non lineare, circolare, postmoderno.

 

Glitch. Interferenze tra arte e cinema

Pac, Milano

Inaugurazione sabato 11 ottobre, h 18-24

fino al 6 gennaio 2015