Festa del cinema di Roma 2023, 10 film da vedere e perché
Immagine del film "Saltburn" (Credits: LuckyChap Entertainment)

Festa del cinema di Roma 2023, 10 film da vedere e perché

di Simona Santoni

Nicolas Cage invade i sogni di tutti in situazioni disparate, Jacob Elordi fa inviti ambigui presso la sua magione, Ewan McGregor ha la mamma che non si vuole alzare dal divano verde… Ecco le storie che non vorremmo perdere

Sorridente e circondata dai fotografi dopo la vittoria dell’Oscar per La rosa tatuata, Anna Magnani è l’esortazione che chiama alla Festa del cinema di Roma 2023. Campeggia nell’immagine ufficiale della diciottesima edizione e, nel suo entusiasmo determinato, sembra invitare all’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, dove la kermesse capitolina dal 18 al 29 ottobre dispensa film, red carpet ed emozioni.

Tra i premi alla carriera assegnati all’attrice figlia d’arte Isabella Rossellini e al compositore giapponese Shigeru Umebayashi e la giuria del concorso principale “Progressive Cinema” guidata da Gael Garcia Bernal pronta a distribuire i suoi premi tra i 18 lungometraggi in concorso, quest’anno la manifestazione avrà un giorno in più di proiezioni. Programma alla mano, Cinecittà nell’aria, ecco i film che non vediamo l’ora di vedere, con incursioni anche nella sezione parallela Alice nella Città e, ça va sans dire, esclusi i film già visti al Festival di Cannes e riproposti a Roma.

Anna Magnani
Credits: © Reporters Associati & Archivi – Roma
Anna Magnani nel poster della Festa del Cinema di Roma 2023

C’è ancora domani di Paola Cortellesi

È il film d’apertura della Festa del cinema di Roma 2023 e, soprattutto, l’esordio alla regia di Paola Cortellesi, attrice, comica, sceneggiatrice, grande catalizzatrice di risate. Osa con un dramedy in bianco e nero ambientato nel secondo Dopoguerra che parla di presa di coscienza femminile e autodeterminazione.
È lei stessa la protagonista nei panni di Delia, moglie e madre di tre figli, che ha sempre accettato la vita che le è toccata. Valerio Mastandrea è suo marito Ivano, un padrone più che un capofamiglia, quello che porta i pochi soldi a casa e, talvolta, anche le cinghiate. In una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie del conflitto da poco alle spalle, l’arrivo di una lettera misteriosa accenderà in Delia il coraggio di immaginare un futuro migliore.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: È un periodo in cui pullulano esordi alla regia di attori italiani, da Micaela Ramazzotti a Claudio Bisio, tanti tra l’altro si sveleranno proprio a Roma, come quelli di Michele Riondino, Margherita Buy, Giovanna Mezzogiorno, Kasia Smutniak, e c’è pure quello americano della magnifica Patricia Arquette. Il sentimento che suscitano: scetticismo misto a curiosità. Ma verso l’opera prima di Paola Cortellesi c’è soprattutto curiosità, positiva. Perché Paola, che ci ha fatto sbellicare in Nessuno mi può giudicare e Come un gatto in tangenziale, ha un’arguzia brillante unita a un garbo tutto suo che non può che solleticare. Dita incrociate: speriamo che sia un bel debutto.

Film in concorso nella sezione “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”.

Death is a problem for the living di Teemu Nikki

Dalla Finlandia un buddy movie laconico e sanguigno tra commedia e noir, tra Kaurismäki e il primo Winding Refn (così dicono). Con Pekka Strang e Jari Virman.
Vestono di nero, giacca e cravatta, scarpe un po’ a punta, capelli impomatati all’indietro, e guidano una Volvo nera: un carro funebre con il quale i due vicini di casa che s’incontrano per caso e diventano amici, trasportano salme, spesso “eccentriche”. Uno ha il vizio del gioco, all’altro manca una grossa porzione di cervello, a uno piace il jazz, all’altro il rock finlandese degli ’80, ed entrambi hanno una vita disastrata.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Nella sfiduciata ricerca di voci originali dai guizzi inattesi, in questa contemporaneità rimpinzata di immagini e ambizioni creative fino alla noia, il finlandese Teemu Nikki può essere la risposta cercata. Già autore di Lovemilla e Euthanizer, a Venezia 2021 aveva sorpreso con Il cieco che non voleva vedere Titanic, vincitore di Orizzonti Extra, in cui ci mostrava il mondo secondo la percezione del suo protagonista, affetto da una sclerosi multipla che l’ha reso cieco. Una scelta radicale e coraggiosa.

Film in concorso nella sezione “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”.

The monk and the gun di Pawo Choyning Dorji

Tra umorismo, armi di ogni epoca, eccentriche cerimonie religiose e tocchi sociali, il fotografo e regista bhutanese Pawo Choyning Dorji scrive e dirige un film tra storia vera e commedia.
Nel 2006 il re del Bhutan decide di abdicare e, per la prima volta, vengono indette le elezioni democratiche. Bisogna perciò insegnare alla popolazione come si vota in un Paese i cui segnali di modernizzazione sono i televisori (a tubo catodico) che trasmettono un film di 007. Le peregrinazioni degli addetti che vanno a istruire la popolazione e dei sostenitori dei tre partiti in lizza s’intrecciano con quelle di un americano che vuole acquistare un fucile antico.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Scrive e dirige Pawo Choyning Dorji, che con la sua opera prima da regista e sceneggiatore nel 2019 era subito entrato nella cinquina dei film stranieri candidati all’Oscar. Chi ha visto Lunana – Il villaggio alla fine del mondo, storia semplice dal grande cuore, là, lungo la catena dell’Himalaya, sa perché abbiamo confidenti attese.

Film in concorso nella sezione “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”.

The monk and the gun
Credits: Festa del cinema di Roma
Immagine del film “The monk and the gun”

Je’vida di Katja Gauriloff

Storia di resilienza e di indissolubili legami ancestrali, Je’vida è un viaggio nel passato, un film in bianco e nero e in formato 4:3 che conduce in un mondo di memorie dolorose e identità perdute. Ci porta nella lontana Finlandia settentrionale: seguendo le vicende di Iida (interpretata da Sanna-Kaisa Palo), una donna che ha abbandonato la sua comunità e la sua famiglia, il film esplora la distruzione delle civiltà indigene a causa di un’assimilazione forzata alle culture e politiche dominanti.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: È il primo lungometraggio nella lingua Skolt Sámi, ora parlata solo da poche centinaia di persone (i Sámi della Lapponia sono l’unico popolo indigeno ufficialmente riconosciuto dall’Unione Europea). È  la lingua madre della regista, di origine finnico-Skolt, ma a causa dell’assimilazione forzata in Finlandia del popolo Sami non l’ha davvero imparata e la sta studiando solo adesso.

Film della sezione non competitiva “Freestyle’.

Je'vida
Credits: Festa del cinema di Roma
Immagine del film “Je’vida”

Mother, Couch di Niclas Larsson

Adattamento del romanzo omonimo dello scrittore svedese Jerker Virdborg (l’autore dell’apocalittico Granchio nero, da cui è stato tratto il film di Adam Berg con Noomi Rapace), una commedia dell’assurdo nella quale immagini, ricordi, personaggi inaspettati e figlie dimenticate si mescolano ai caotici rapporti di una famiglia divisa, quasi sempre all’interno della scena claustrofobica di un emporio. È infatti in un emporio di mobili in mezzo alla campagna che una signora si siede su un divano verde. E rifiuta ostinatamente di rialzarsi, mentre i tre figli adulti cercano di smuoverla da lì, chiacchierano tra loro, tentano invano di sbrigare i loro impegni quotidiani.
Opera prima del trentatreenne svedese Niclas Larsson, la produzione è made in Stati Uniti, Danimarca, Svezia.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: La trama intrigante si associa a un cast stuzzicante: Ewan McGregor, Ellen Burstyn, Rhys Ifans, Taylor Russell, Francis Murray Abraham e Lara Flynn Boyle, la Donna Hayward della serie I segreti di Twin Peaks. Grande pregio di Mother, Couch? L’essenzialità, così rara di questi tempi: dura solo 96 minuti.

Film della sezione non competitiva “Freestyle’.

Mother, Couch di Niclas Larsson
Credits: Festa del cinema di Roma
Immagine del film “Mother, Couch”

Dream Scenario di Kristoffer Borgli

Parka, golf di lana, zainetto, calvizie incipiente, barba grigia, due figlie che lo considerano goffo, una brava moglie che lo sostiene: eccolo Nicolas Cage, uomo qualunque nella commedia perfida Dream Scenario – Hai mai sognato quest’uomo? (che uscirà nelle sale italiane il 16 novembre), professore di biologia in una piccola università, uno di quei tipi anonimi che passano del tutto inosservati, mimetizzati tra la gente. Finché un giorno, a sua insaputa, comincia ad apparire, nelle situazioni più disparate, nei sogni degli altri, estranei, sconosciuti, ovunque. E la sua vita cambia. Nel cast anche Michael Cera e Julianne Nicholson.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: La trama è già abbastanza curiosa e allettante. Ma a farci desiderare ardentemente di vedere quanto prima Dream Scenario è chi ne firma regia e sceneggiatura: Kristoffer Borgli. Trentottenne norvegese, ci ha folgorato con la sua opera prima Sick of myself, ora in sala. Ha conquistato anche Ari Aster, il regista americano cult dell’orrore, che ha prodotto questo suo primo film hollywoodiano. E c’è già chi parla della migliore interpretazione di sempre di Nicolas Cage.

Film della sezione non competitiva “Grand Public’.

Dream Scenario
Credits: I Wonder Pictures
Nicolas Cage nel film “Dream Scenario”

Saltburn di Emerald Fennell

Dall’attrice britannica Emerald Fennell, che ha debuttato alla regia nel 2020 subito con un Oscar alla sceneggiatura – non meritato – per Una donna promettente, una storia sulfurea, tra il noir e il grottesco. Con Barry Keoghan, Jacob Elordi, Rosamund Pike e Carey Mulligan.
Tra gli alunni di Oxford del 2006 c’è un piccolo borghese studioso ed emarginato, interpretato da Keoghan, che fa amicizia con il fascinoso giovane aristocratico dall’ambigua bellezza di Jacob Elordi, che lo invita a passare l’estate nella magione di Saltburn. Famiglia nobile, snob e disfunzionale, saloni, giardini, feste, un labirinto, maschere, classi e lotta di classe stile inglese.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Le visioni di Emerald Fennell ci attraggono e respingono allo stesso tempo: come ha dimostrato anche nella scrittura della seconda stagione di Killing Eve, sa essere seduttivamente perversa e dark, ma spesso si lascia prender la mano da derive grossolane e svolte narrative poco stratificate. Ma siamo curiosi. Soprattutto siamo curiosi di vedere la strana coppia Keoghan & Elordi: siamo certi che Keoghan, ragazzino tonto ne Gli spiriti dell’isola e adolescente inquieto e inquietante ne Il sacrificio del cervo sacro, saprà conquistarci ancora.

Film della sezione non competitiva “Grand Public’.

Saltburn
Credits: LuckyChap Entertainment
Jacob Elordi nel film “Saltburn”

Allo la France di Floriane Devigne

Alzi la mano chi ha vissuto l’epoca delle cabine telefoniche e, ricordandole, non riesce a trattenere un sorriso affettuosamente nostalgico. Nell’arco di appena quarant’anni un servizio iconico come la cabina telefonica è diventato obsoleto. Inseguendo quella che all’inizio sembra solo una bizzarra ossessione, la regista svizzera Floriane Devigne realizza un documentario che è anche road movie ambientato nelle periferie e nelle province della Francia, fatto di incontri fortuiti, archeologia dei media, clip di film noti e meno noti. E la cabina telefonica diventa simbolo delle promesse non mantenute del secolo scorso, umile vittima del cosiddetto progresso e feticcio di una generazione a cavallo di due millenni.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Quanti segreti hanno raccolto le cabine telefoniche! Quante chiacchiere ritmate dal cader delle monete… Come avrebbe fatto il Doctor Who senza cabina telefonica?! Insomma, non si può perdere un doc su un oggetto cult precipitosamente scomparso, così simbolico ed emozionale!

All of us strangers di Andrew Haigh

Ispirato al romanzo Estranei di Taichi Yamada (1987), in anteprima italiana dopo il passaggio al Telluride Film Festival, All of us strangers è una storia d’amore universale, un film su identità e relazioni, aspettative e condizionamenti culturali. Con i due attori irlandesi Andrew Scott e Paul Mescal.  
Una notte, nel suo condominio quasi vuoto nella Londra contemporanea, Adam (Scott) ha un incontro casuale con un misterioso vicino di casa, Harry (Mescal), che spezza il ritmo della sua vita quotidiana. Mentre si sviluppa una relazione tra i due, Adam è ossessionato dai ricordi del passato e si ritrova attratto nella città di periferia in cui è cresciuto e nella casa d’infanzia in cui i suoi genitori (Claire Foy e Jamie Bell) sembrano vivere, proprio come il giorno della loro morte, 30 anni prima.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Haigh s’è distinto nel 2011 con Weekend, storia di un incontro occasionale in un locale gay che si trasforma in qualcosa di più, con un forte e sensibile senso della verità. Con Charley Thompson a Venezia 2017 regalò a Charlie Plummer il Premio Marcello Mastroianni. Su note tiepidamente malinconiche, il regista britannico sa ben ordire.

Film della sezione autonoma e parallela Alice nella Città.

Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki

Film d’apertura del Toronto Film Festival, il nuovo cartoon del maestro dell’animazione Hayao Miyazaki quest’estate è stato campione d’incassi  in patria, in Giappone, dove ha incassato oltre 45 milioni di dollari in poco più di un mese.
Protagonista è Mahito, un ragazzo di 12 anni che, spinto dal desiderio di rivedere sua madre, si avventura in un regno abitato dai vivi e dai morti. Un luogo fantastico dove la morte finisce e la vita trova un nuovo inizio. Dall’iconico Studio Ghibli una storia sul mistero della vita e la creazione, in omaggio all’amicizia.

Perché non vediamo l’ora di vederlo: Dici Hayao Miyazaki e si leva un’aura di leggenda. Autodenunciandoci per lesa maestà, noi non siamo smisurati ammiratori dell’acclamata filmografia del venerato animatore giapponese, 82 anni e due Oscar vinti. Però ne riconosciamo la carriera fantastica e il guizzo da cantastorie del disegno. Il ragazzo e l’airone non si può perdere.

Film della sezione autonoma e parallela Alice nella Città.

Il ragazzo e l'airone
Credits: Lucky Red
Immagine del film “Il ragazzo e l’airone”