Una mostra a Basilea nel museo di Renzo Piano si focalizza su serie e cicli di uno dei più grandi artisti viventi

Sembra che la più consistente scoperta compiuta da Gerhard Richter intorno ai 16 anni, lui che aveva ricevuto un’educazione cristiana, sia la non esistenza di Dio. Così dichiara il pittore ad Hans Ulrich Obrist nel 1993 durante un’intervista. Sua unica religione è la pittura, che abbraccia in tutte le forme – da un figurativismo di precisione fotorealistica al più squisito informale – riuscendo in tutto. In mostra a Basilea, in Svizzera, alla Fondation Beyeler, singoli lavori iconici tra cui la famosa Lettrice, le serie e i cicli, come quello in 15 parti che prende il via dalle vicende della banda terroristica Baader-Meinhof e che svela la predilezione cromatica di Richter per il grigio.

Ecco quattro ragioni per cui si tratta di una retrospettiva da non perdere:

Non è vero che Gerhard Richter non ha bisogno di introduzioni. In realtà si sa poco di lui, pittore eclettico, nato a Dresda e sfuggito alla Germania nazista, artista riluttante a ogni etichetta. Il motivo è presto detto: non ama mostrarsi in pubblico, è schivo con la stampa, quel che desidera  è continuare a dipingere – come ha fatto nei suoi ultimi 60 anni – e a vivere una vita privata che immaginiamo intensa al pari della carriera (ha 82 anni, 3 mogli, 4 figli).    

Se Richter è meno popolare di certi colleghi, occupa d’altra parte il primo posto in quasi ogni classifica sugli artisti dei nostri giorni, mettendo d’accordo critici di diversa bandiera. Apparsa di recente su The Guardian a firma Jason Farago, una lista di quelli che contano nel mondo dell’arte lo vede al vertice:

Il più grande pittore vivente e il più schizzinoso: il suo studio di Colonia è immacolato, ogni pennello e spatola perfettamente puliti. Anche i suoi diari sono piuttosto forti e scrive: ‘L’arte è miserabile, cinica, stupida, inutile, oscura… peggio dell’insanità mentale.’

La curatela della mostra è del critico e curatore best seller Hans Ulrich Obrist. Per la cronaca i due sono amici di lunga data, dal giorno in cui Obrist (giovane erede di una famiglia di collezionisti svizzeri) ancora imberbe mise piede nello studio dell’artista tedesco. Il sodalizio professionale comincia sette anni più tardi.

Anche al più superficiale visitatore non può sfuggire la vibrante armonia che si crea tra gli spazi della Fondation Beyeler e l’allestimento delle opere esposte, che si inseguono sul filo rosso dell’affinità elettiva e dell’assonanza cromatica. Il tutto in una prospettiva che si apre sul rigoglioso giardino al di là delle vetrate.

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Gerhard Richter, Fondation Beyeler, Riehen, fino al 7 Settembre