Giovanna Mezzogiorno, il body shaming e il vero valore della bellezza
Massimiliano Caiazzo, Giovanna Mezzogiorno, Carolina Crescentini e Marco Bonini a Roma (Foto: Max Montigelli/Sgp)

Giovanna Mezzogiorno, il body shaming e il vero valore della bellezza

di Simona Santoni

L’attrice debutta alla regia del cortometraggio “Unfitting”, voluto da Grazia e Bulgari per raccontare la sua storia recente, rifiutata dai set perché «troppo grassa». Una storia che riguarda tutte e tutti, vittime ma anche carnefici in un sistema sotto dittatura estetica

«Abbiamo un problema: sei grassa», sentenzia Fabio Volo versione produttore cinematografico più intento a mangiarsi le unghie che a guardare l’interlocutrice in faccia. «Ma io sono brava», la replica di Carolina Crescentini, nei panni di un’attrice rifiutata per il suo peso. La risposta raggela come lucida mannaia: «Non ce ne frega un c***». È tutta in questo scambio breve e incisivo la verità più amara di Unfitting, cortometraggio di debutto alla regia e alla sceneggiatura di Giovanna Mezzogiorno, voluto da Grazia e Bulgari e appena presentato alla Festa del cinema di Roma. Il talento? Poco importa. C’è un sistema, nel cinema e non solo, a cui interessa solo la bellezza, e che la bellezza sia solo una, irrealistica e stereotipata. Prigionieri di una dittatura estetica che non fa sconti. 

Lo sa bene Giovanna Mezzogiorno, occhi di mare e fascino elegante, 48 anni e Coppa Volpi nel 2005 per La bestia nel cuore, che dopo essere diventata mamma nel 2011 ha preso peso e trovato difficoltà a tornare sul set. Di fronte a lei un muro di no e di cattiveria. «Ho preso 20 kg durante la gravidanza dei miei due gemelli. Poi, è pure un alibi: sono stata grassa 10 anni anche per pigrizia, perché ho fatto più vita casalinga che lavorativa, era più facile andare a svuotare il frigo. Bisogna essere onesti», ha detto a Roma l’attrice figlia d’arte. Ma «che questo diventi un’arma degli altri per offendere, denigrare, ricamare leggende su una mia malattia… sono cose gravi da dire».

Carolina Crescentini
Foto: One More Pictures
Carolina Crescentini nel cortometraggio “Unfitting”

In pochi minuti Unfitting inquadra il calvario di un’attrice respinta e offesa perché il suo aspetto fisico non è conforme ai canoni estetici: sul set mentre sta lavorando ma anche in sala cinematografica, da parte del pubblico, ribollono giudizi di casuale e feroce crudeltà, dalla costumista all’agente, dagli spettatori all’addetto stampa (interpretato da Marco Bonini). «Ma non vedi che doppio mento che c’ha?», erutta con disprezzo la regista dal volto di Ambra Angiolini.
Ed ecco che tornano alla mente tanti casi di noncurante body shaming e pregiudizi sul corpo, spesso più severi contro le donne, ma che non risparmiano di certo gli uomini. Come quando David Harbour, oggi star della serie tv Stranger Things, in passato a un’audizione ricevette un diniego perché troppo in carne. O basti ricordare l’orda di strali piovuta da social e stampa addosso a Wentworth Miller, il protagonista di Prison Break, per una sua foto, in giro per Los Angeles, in cui appariva più appesantito rispetto al solito. Selena Gomez nel 2015 fu fotografata dai paparazzi mentre si trovava in spiaggia in bikini, facendo impazzire il web che non aveva altro tema da trattare se non i chili messi su dalla cantante attrice, poi andata in terapia per la vergogna provata.

Carolina Crescentini
Foto: One More Pictures
Carolina Crescentini e Massimiliano Caiazzo sul set del cortometraggio “Unfitting”

«Siamo tutti condizionati dai canoni estetici sul corpo. Li cominciamo a subire da piccoli, diventano un problema da adolescenti e crescendo, se non siamo dotati di forte autostima, possono limitare le scelte che facciamo nella nostra vita», dice Silvia Grilli, direttrice del magazine Grazia. «Per questo quando, digitando il nome “Giovanna Mezzogiorno” sui motori di ricerca, ho trovato come prima domanda degli utenti “quanto pesa Mezzogiorno?”, ho capito che un’intervista con lei non sarebbe bastata. Era necessario che Giovanna ci mostrasse i pregiudizi vissuti sulla sua pelle nel linguaggio che meglio maneggia: il cinema».
Ed è così che ha proposto all’attrice di scrivere la sceneggiatura breve della sua storia e di dirigere Unfitting. Traduzione italiana del titolo: Inadeguata, come Giovanna più volte è stata tacciata, come più volte purtroppo si è sentita, dolorosamente.

Giovanna Mezzogiorno
Foto: One More Pictures
Giovanna Mezzogiorno set del cortometraggio “Unfitting”

«Ma la bellezza è molto di più di un unico canone estetico. È l’intensità che ognuno di noi riesce a esprimere quando si libera da ciò che gli altri pretendono che sia», continua Grilli. «Succede non solo al cinema, ma in tutti i settori lavorativi. La moda sta cercando di essere inclusiva, portando bellezze diverse in passerella. Il progetto di Grazia e Bulgari, che da sempre sostiene l’inclusione e l’empowerment femminile, prodotto da One More Pictures, vuole aprire un dibattito ed essere il primo passo verso una rivoluzione».
Unfitting parla non solo alle attrici, che devono piacere per contratto. Riguarda tutte e tutti, vittime ma anche carnefici, in un sistema globale che vuole che la bellezza sia una. «Bulgari è da sempre legato alla bellezza in tutte le sue forme e alle donne, preziose fonti di ispirazione per la loro naturale capacità di esaltare la bellezza stessa», commenta Laura Burdese, vice president Marketing & Communication Bulgari. «È un onore per Bulgari essere parte di questo progetto nato da un’idea di Silvia Grilli e raccontato con forza attraverso la regia di Giovanna Mezzogiorno. Un tema importante e che riguarda tutti noi. La capacità di saper guardare la bellezza senza pregiudizi, da più angolazioni e andando oltre le barriere deve essere parte integrante del nostro presente».

Silvia Grilli di "Grazia"
Foto: Max Montigelli/Sgp
Emanuela Cacciamani di One More Pictures, Silvia Grilli di “Grazia” e Laura Burdese di Bulgari

Ogni commento negativo che si affastella è una ferita sul volto della protagonista di Unfitting, sempre più allibita e inerme. Solo un giovane attore interpretato da Massimiliano Caiazzo, il Carmine di Mare fuori, ha parole di empatia per il personaggio di Carolina Crescentini: la speranza che le nuove generazioni si affranchino dall’ordinaria crudeltà del facile giudizio?
«Questo corto non vuole essere un piagnisteo, non mi sto lamentando, semplicemente racconto la realtà, che può anche distruggere la vita», osserva Mezzogiorno nella Capitale, con i giornalisti, finalmente libera di mostrare le sue ferite. «Chi si comporta, pensa, commenta o divulga in un certo modo, con leggerezza, non riflette su quanto possa essere impattante sulla vita di un individuo. Non riguarda solo il mondo spettacolo, avviene tutti i giorni nelle fabbriche, nelle aziende, negli uffici, nelle redazioni. E rischia di avere ripercussioni molto gravi sulla psiche e anche sul fisico delle persone che magari cercano di fare di tutto per dimagrire».

E non c’è età in cui si è abbastanza corazzati per non venirne scalfiti, secondo l’attrice de L’ultimo bacio e La finestra di fronte. «È difficile essere forti. Siamo in una società molto violenta da questo punto di vista, bisogna riflettere sulla violenza perpetrata anche sottilmente, apparentemente silenziosamente, buttata lì. Piccole gocce, giorno dopo giorno, che creano uno tsunami nella vita delle persone».