Massimiliano Caiazzo

Massimiliano Caiazzo

Sorpreso da un’ondata di affetto, l’attore della serie tv “Mare fuori” è in una giostra di emozioni. Il successo lo ha travolto… «All’idea mi si gonfiano gli occhi». Ma lui cerca di non pensarci buttandosi in un nuovo entusiasmante progetto, “Uonderbois” per Disney. «Sul set mi sento sereno e protetto»

Photo by Malaka Studio con Xiaomi 13 Pro
di Simona Santoni

Quando lo raggiungiamo al telefono è sera e Massimiliano Caiazzo, 26 anni, attore chiave di Mare fuori, è appena uscito dal set. Archiviata la terza stagione della serie tv ormai di culto, ambientata in un carcere minorile vista Tirreno, ora sta lavorando a un passo da casa alla nuova serie originale italiana Disney+ Uonderbois di Andrea De Sica e Giorgio Romano, che racconta una Napoli di leggende caleidoscopiche e supereroi.

Nato a Vico Equense e cresciuto a Castellammare di Stabia (Na), ormai domiciliato a Roma, Massimiliano Caiazzo è in una giostra di emozioni. Ha voluto ostinatamente fare l’attore, nonostante le resistenze iniziali dei genitori che volevano proteggerlo da un mestiere difficile e per pochi, con Gianfelice Imparato suo primo maestro, e ora il suo sogno non solo è centrato, ma trabocca di affermazioni, possibilità, riconoscimenti. Mare fuori è travolto da affetto: il pubblico freme per nuovi episodi e inonda i suoi giovani protagonisti di entusiasmo.

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look Fendi

Intanto Massimiliano, accanto al personaggio di Carmine Di Salvo detto O’ Piecoro che l’ha reso famoso, sta inanellando ruoli. È appena stato il camiciaio figlio di Filumena Marturano nell’omonimo film tv; ora è Ciro, ragazzo scafato compresso da un ambiente di piccola grande criminalità, in Piano piano di Nicola Prosatore, film pieno di cuore e guizzi felici dal 16 marzo al cinema dopo l’anteprima al Festival di Locarno. E poi c’è Uonderbois, certo, nel pieno delle riprese… «Si tratta di un urban fantasy ambientato in una Napoli contemporanea, colorata da una sfumatura magica, leggendaria e misteriosa», ci spiega Caiazzo col suo caldo e gentile accento partenopeo. «È una Napoli narrata in maniera inedita, non quella che siamo abituati a vedere oggi. Soprattutto è una Napoli raccontata da un punto di vista diverso, quello dei bambini».

E com’è il tuo personaggio in Uonderbois?

«Sono una sorta di ponte tra il mondo degli adulti e quello dei bambini, seguendo la falsariga della leggenda del Monaciello di Napoli. Sarò questo odierno Robin Hood che, come tutti all’interno della serie, intraprende il cosiddetto viaggio dell’eroe, all’interno del quale succederanno tante cose che lo porteranno a crescere».

Un’altra serie tv nel curriculum. Ora sei al cinema con Piano piano e già hai partecipato al lungometraggio School of Mafia e al film tv Filumena Marturano. Preferisci cinema o tv?

«Non ho mai orientato il mio gusto su questo punto di vista, se scegliere tra cinema, tv o teatro. Il mio gusto è portato a vedere i personaggi e le storie a cui sono chiamato a prestare la voce. Punto al personaggio e alla storia, non al minutaggio».

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look Fendi

Accanto all’esordiente Dominique Donnarumma e ad Antonia Truppo, Giovanni Esposito e Lello Arena, sei appunto tra i protagonisti di Piano piano di Prosatore. Un lavoro a cui sembri tenere molto: su Instragram  scrivi “Quanto amore e verità in questo film…”.

«Ci tengo moltissimo, perché ha sancito un passaggio per il mio io attore, per il mio io essere umano, per il mio io artista. È un film all’interno del quale sono cresciuto tanto, dopo il quale ho iniziato a investire in maniera diversa tempo ed energie in quello che faccio. Non che prima non lo facessi, ma confrontarmi con certi attori, avere la possibilità di parlare con loro, di ricevere consigli e feedback sul mio lavoro, mi ha permesso di dirmi: “Sai che c’è? Voglio spingere ancora più forte”. Poi Nicola Prosatore è stato ed è per me un punto di riferimento, spesso ancora oggi capita che gli chieda suggerimenti, cerco un confronto con lui perché è una persona che vede tanti film, conosce ed è stimato da tanti artisti, non soltanto attori. È un regista che mi ha fatto capire tante cose».

Il film è ambientato nella Napoli del 1987, durante lo sgombero coatto di una palazzina per dar luce allo sbocco dell’Asse Mediano. È l’anno del primo scudetto del Napoli, festeggiato nel cortile del palazzo tra radioline accese, spari e bandiere. Tu sei tifoso? Sarà profetico verso un nuovo scudetto partenopeo?

«Non sono tifoso ma se dovessi scegliere tiferei sempre Napoli. Non seguo il calcio, però è uno sport di cui subisco il fascino. Soprattutto mi affascina vedere il fascino che esercita sulle persone. Sono un osservatore distaccato».

Mare fuori sta facendo numeri da record. Il successo ti è scoppiato tra le mani. Te lo aspettavi? Ti galvanizza o ti spaventa?

«Vivo un mix di sensazioni. È un successo che, sì, obiettivamente ci è scoppiato tra le mani. Mare fuori è comunque un progetto verso cui si serbavano alcune aspettative. La prima stagione è andata già molto bene su Raiplay, la seconda è esplosa prima su Raiplay, poi è riesplosa su Netflix: già avvertivamo un riconoscimento del nostro lavoro da parte del pubblico. L’eco della terza è stato esponenziale: si è portata dietro il successo delle prime due, c’è stato un passaparola mediatico, social, umano. I fan dicono che ne parlano in continuazione. Quindi un po’ ce lo aspettavamo ma non in questi termini, avevamo sempre quel giusto e sano dubbio che ci faceva dire “chissà come andrà questa stagione; noi abbiamo dato tanto ma chissà…”. Sono le classiche domande che un attore si fa – almeno io me le faccio – durante ogni progetto, anche ora che sto girando Uonderbois ho questo tipo di interrogativi».

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look Fendi

Il successo raggiunto ti dà un certo senso di responsabilità sulle scelte professionali future?  

«Sicuramente sì. Mi dà un senso di responsabilità che va in tante direzione. Si incontra con la paura di fare un passo falso e con tante altre sensazioni, emozioni e pensieri. Però al momento mi trovi sì preoccupato da un lato, ma dall’altro abbastanza sereno, perché, visto che sto girando questa serie tv, il set è diventato un luogo all’interno del quale mi sento protetto. Ok, tutto è successo fuori, ma lì sul set quando è “azione!” posso concedermi il lusso di non pensare a tutto ciò, di stare lì con il mio personaggio e gli altri personaggi. Questo mi dà una certa serenità».

Quando la sera torni a casa dopo una giornata sul set, è difficile o doloroso uscire da un personaggio?

«Dipende dalle fasi del processo creativo. Soprattutto in questi lavori molto lunghi, ci sono dei periodi in cui consapevolmente o inconsapevolmente sfumature del personaggio te le porti a casa. Anche banalmente quando cadi in quei ripensamenti che sono anche normali e dici “che ho combinato oggi?”. Perché uno gira e non pensa a nulla nel momento, poi quando torni a casa, sei in macchina o in camera tua pensi “chissà se l’ho fatto bene”. Sono pensieri che lasciano il tempo che trovano: con la testa lo so benissimo, con il cuore è più complicato. Poi ci sono invece quelle fasi in cui il processo è più avanzato, in cui sei in grado di scindere. Altre volte invece c’è stato così tanto tempo di preparazione prima – ma questo non succede quasi mai – che arrivi sul set in una fase avanzata del processo e devi solo viverti la situazione e quello che accade in scena rimane in scena, non te lo porti a casa».

Sei di Castellammare di Stabia. Nei tuoi studi avrai lavorato sulla dizione e sul togliere l’accento, ma per ora l’hai dovuto sempre tirar fuori. Hai fatto per lo più vividi ritratti di contesti partenopei, di Campania verace. Ti piace parlare della tua terra? Vorresti ampliare il tuo raggio di azione a progetti extra-Napoli?

«Sono molto contento di aver iniziato in questo modo, parlando della mia terra, avendo la possibilità di sviscerare anche sul luogo del lavoro la mia radice, che comunque è un importante punto di partenza attraverso cui un attore secondo me deve sempre passare e fare i conti. Stiamo parlando comunque della radice partenopea che porta con sé una storia immensa ricca di sfumature, che negli anni – mi permetto di dire – hanno contribuito a definire il nostro Paese. Mi sento molto fortunato. Allo stesso tempo ho lavorato e sto lavorando – ci sono andato molto vicino negli anni passati – sulla possibilità di poter raccontare personaggi emiliani, veneti, romani… Mi piace molto l’idea di studiare il dialetto, non facendolo restare solo un discorso di lingua, perché la cadenza è tale perché racconta un popolo. La lingua napoletana è tale perché è il risultato di avvenimenti e di una storia ben precisa, quindi studiare un dialetto diverso significa studiare una cultura che ha radice diversa, non è soltanto un discorso fonetico».

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look C.P. Company

A proposito di Mare fuori, tu che rapporto hai con il mare?

«Bella domanda. Ci sono cresciuto. Molti dei miei ricordi di infanzia sono in acqua, ho imparato a nuotare molto presto. Al mare associo sia sensazioni di profonda libertà, sia sensazioni di profonda malinconia e profondo spavento. Spesso mi capita di sognarlo».

Cos’hai in comune con il tuo Carmine di Mare fuori, un anti-macho, un ragazzo che sa perdonare? Cosa invece gli invidi?

«Condivido con lui l’aspetto sognatore, la sua determinazione. Quello che invece gli invidio – e che mi ha insegnato – è questa capacità di fare un passo indietro, anche nei confronti del suo peggior nemico, questa spinta al perdono che non è un perdono che si attua perché è giusto perdonare. È un perdono reale che parte da una profonda empatia. Forse quello di più prezioso che mi ha dato Carmine è proprio la possibilità  di allenare ancora di più la mia empatia. Carmine a un certo punto diventa in grado di mettersi nei panni del suo nemico, può farlo perché lo vede dentro e lo comprende dentro: è un atto rivoluzionario. È un concetto biblico – e te lo dico in maniera laica – perché quando il sentimento è vero allora ha senso il perdono».

Hai paura di rimanere “incarcerato” nel personaggio di Carmine, troppo identificato con lui? 

«È il rischio di quando lavori a un progetto che ha questo tipo di risonanza, ma è anche il rischio di quando fai bene il tuo lavoro. Accade quando il tuo personaggio diventa iconico perché partecipi a un progetto che diventa iconico. Da questa paura nasce anche il mio obiettivo artistico: lavoro affinché la gente che oggi mi identifica con il personaggio di Carmine un domani mi identifichi con tanti altri personaggi. Non sarà più Massimiliano Caiazzo uguale Carmine Di Salvo, ma sarà Massimiliano Caiazzo come Tonino Esposito, Ciro e così via. So che è molto complicato perché quello di Mare fuori è un caso, un fenomeno, una congiunzione astrale, come ha detto qualcuno. Gli attori che più stimo, del resto, sono ricordati per vari personaggi. Ispirandomi a questi, sia italiani che americani, il mio goal è avvicinarmi ai miei punti di riferimento».

Chi sono gli attori a cui ti ispiri? Con che regista ti piacerebbe lavorare?

«Tra gli italiani i miei attori di riferimento sono Alessandro Borghi, Luca Marinelli ed Elio Germano, che hanno iniziato ad affermarsi quando io ho iniziato a studiare in maniera “agonistica” per fare il mio lavoro: sono attori che mi hanno dato tanto, anche tanta speranza. Poi Germano e Borghi si impegnano anche per il sistema cinematografico, televisivo e teatrale italiano, cosa che secondo me un artista è chiamato a fare. Tra gli americani sono affascinato dagli attori di metodo, quindi Marlon Brando e Al Pacino, che hanno reso i personaggi interpretati iconici. Sono i modi che seguo per approcciarmi a questo lavoro. Di registi con cui mi piacerebbe lavorare ce ne sono parecchi: sicuramente Pietro Marcello e Luca Guadagnino, mi piacerebbe lavorare di nuovo con Nicola Prosatore».

Quand’è nata la tua passione per la recitazione?

«Da piccolissimo, ma non la chiamavo recitazione quando l’ho scoperta. Non la chiamo recitazione neanche oggi: quando lo dico sento sempre qualcosa che mi stona, ma non per essere fanatico, ma perché la approccio in maniera simile – ma ovviamente oggi con maggiore consapevolezza – a quando avevo 4-5 anni e nella mia cameretta replicavo scene di cartoni animati. Poi ovviamente crescendo, documentandomi, ho scoperto che questa mia inclinazione poteva essere un lavoro. Ricordo che giocavo di immaginazione, come molti bimbi, e l’ho fatto fino ai 15 anni. Chiedevo a mamma se fosse normale visto che ero al liceo e i miei amici invece giocavano alla Play, verso cui non nutrivo interesse; mi sentivo anche un po’ scomodo, mi vergognavo. Poi col tempo, grazie anche a suor Elisabetta (alla chiesa del Carmine c’era un gruppo teatrale), ho iniziato a muovere i primi passi verso quel mestiere».

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look Fendi

Il tuo film preferito?

«Uno di quelli che mi ha più temprato ultimamente e che ho rivisto per la terza-quarta volta è Mamma Roma di Pasolini, poi Cafarnao – Caos e miracoli, tappa fissa Un tram che si chiama Desiderio».

Fuori dal set riesci a dedicare tempo a te stesso? Se sì, quali passioni hai?

«Scrivo tantissimo. Al momento un po’ meno perché la convocazione sul set è presto e finisco tardi. Però all’interno della mia routine quotidiana c’è sempre un tre quarti d’ora o una mezz’ora che dedico alla scrittura proprio appena sveglio e fatta colazione. Scrivo tutti i giorni o se non posso almeno due-tre volte alla settimana. E poi quando posso, per distendermi, mi piace tanto andare al parco e dipingere, o meglio, giocare con i colori».

Ma cosa scrivi?

«Di tutto. La mattina post colazione inizio sempre con “Buongiorno,” e a capo. Poi continuo come se fosse un flusso di coscienza, scrivo due-tre-quattro pagine. Non è un diario. A volte capita che scrivo di cosa ho sognato, altre volte di quello che devo fare durante il giorno, di come mi sento, di qualcosa successo il giorno prima, di una fase del processo di creazione del personaggio. Lo definisco flusso proprio perché non è un’operazione metodica per quanto la faccia tutti i giorni e appartenga a una routine. A volte capita, soprattutto quando sto lavorando a un personaggio ed entro in un trip di esplorazione, che questo diventa il filtro attraverso cui vedo la realtà, e scrivo di quello. La stessa cosa succede con la pittura: per me è un modo per staccare dal mondo, mi rilassa tantissimo, ma poi col senno del poi, quando a distanza di una settimana vedo quanto fatto sulla tela, mi accorgo che ci sono temi e dinamiche di un tal personaggio. Che poi non so se è perché ho quel filtro attraverso cui vedo e analizzo tutto quello che capita o se è proprio così. Forse non ha neanche senso rispondersi».

Su Instagram sei abbastanza attivo e sta schizzando il numero dei tuoi follower. Che rapporto hai con i social?

«Vado a periodi. A una parte di me piace Instagram, sono onesto. Comunque è una piattaforma sulla quale hai la possibilità di parlare del tuo lavoro, di te, di far vedere anche altro. Un’altra parte di me è consapevole che sta sempre di più diventando un lavoro. Un’altra parte sa che vanno bene 30 minuti al giorno e basta». E sorride.

Massimiliano Caiazzo
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Massimiliano Caiazzo, total look Fendi

Tra i tuoi progetti c’è anche un film dai nomi internazionali, Me, You del regista danese Bille August, con l’attore britannico Tom Hollander.

«La lavorazione è stata leggermente posticipata. Ero già entrato nel processo di preparazione del personaggio… Ecco, questo è uno dei progetti in cui sono chiamato a fare una cosa totalmente diversa da quanto fatto finora. Però le riprese sono state rimandate; poi è subentrato questo lavoro in Disney e… secondo me nulla accade per caso. Aspetto con ansia il momento di poter lavorare con Bille. Bille è di una sensibilità grandissima». 

Che personaggio avrai?

«È un film tratto da un libro di Erri De Luca, ambientato negli anni ’50. Il mio personaggio è molto carismatico e charmant, viene da una famiglia di pescatori. Ho fatto un lavoro sull’elemento dell’acqua, sono andato a pescare durante l’estate con un pescatore napoletano di nome Massimo con cui mi sento almeno una o due volte al mese, siamo diventati amici. C’è una forte possibilità di divertirsi. Ho parlato con Erri De Luca: la gamma di colori e sfumature che posso consegnare a questo personaggio sono davvero tante».

A maggio invece le riprese di Mare fuori 4?

«Sì, si vocifera a maggio».

E quindi ci sarai! Sai, il finale di Mare fuori 3 lascia con il fiato sospeso sul destino del tuo Carmine…

«Io spero di esserci. Ovviamente ci sono tanti punti interrogativi. Ancora non ho letto nulla».

Se guardi al futuro, cosa vedi per te o cosa vorresti vedere?

«Serenità serenità serenità. Mi auguro serenità anzi, momenti di serenità, altrimenti sarebbe utopico».

Adesso sei sereno?

«Diciamo di sì. Ci sono momenti di serenità, non sono tantissimi, non durano tantissimo. Però sono felice, ci sono dei momenti di grande felicità. In alcuni istanti mi fermo, ragiono su quello che sta accadendo e sto avendo la possibilità di fare, e mi si gonfiano gli occhi. Perché sento un sincero sentimento di felicità».

Nella foto di apertura Massimiliano Caiazzo indossa un total look Fendi; Styling by Edoardo Caniglia

Il servizio è stato scattato da Malaka Studio con il device Xiaomi 13 Pro

Props / set design
Micol Giulia Riva @ PURO MGMT