«Il cinema? Non può morire». Parola di Antonio Monda

«Il cinema? Non può morire». Parola di Antonio Monda

di Paolo Briscese

Il direttore artistico della Festa del Cinema di Roma racconta ad Icon la nuova edizione. E spiega perché il cinema, nonostante tutto, non può morire

Calato il sipario sulla 78esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, i riflettori sono tutti puntati sulla capitale. Dal 14 al 24 ottobre, Roma si trasformerà in un set a cielo aperto per accogliere la sedicesima edizione della sua Festa del Cinema. Un evento che promette di essere speciale e al quale interverranno star internazionali, nonché registi come Quentin Tarantino e Tim Burton che ritireranno il Premio alla Carriera. Antonio Monda, direttore artistico della Festa di Roma, svela alcune anticipazioni e ci racconta cosa si può fare per rilanciare l’industria cinematografica in Italia.

Mancano pochi giorni all’inizio della Festa del Cinema di Roma. Che cosa ci dobbiamo aspettare da questa edizione?

Abbiamo cercato di organizzarla in presenza: già lo scorso anno riuscimmo a realizzarla all’80%. Sarebbe straordinario poter raggiungere il 100%. Riguardo alla struttura, non ci sono grandi novità, ma posso dire con soddisfazione che la rinnovata presenza a Roma di star di prima grandezza e di opere di qualità confermi la reputazione conquistata in questi anni.

Cosa ha significato realizzare questa edizione in un momento così complesso come quello che stiamo vivendo?

È un segnale di rinascita per Roma e per l’intero Paese. Gli ultimi due anni sono stati turbolenti, ora bisogna guardare al futuro con rinnovata fiducia. E questo vale non solo per l’industria cinematografica, ma per tutti i settori creativi e produttivi.

Ci può dare qualche anticipazione?

Stiamo finalizzando le ultime cose. Sarà sicuramente una Festa al femminile, abbiamo la partecipazione di 22 registe donne provenienti da ogni parte del mondo. Ventritre  progetti, tra film e documentari nella selezione ufficiale, 15 nella sezione sperimentale “Riflessi”. Un’ampia retrospettiva curata da Mario Sesti celebrerà Arthur Penn mentre la scrittrice Zadie Smith, sarà protagonista di un “Incontro Ravvicinato”. E poi, ancora, ci saranno una serie di omaggi: a Monica Vitti che quest’anno festeggia 90 anni, a Nino Manfredi ed Ettore Scola con il restauro del film C’eravamo tanto amati, un pezzo di storia del nostro cinema. Sono attesi anche tanti ospiti: Luca Guadagnino, Marco Bellocchio, Frank Miller, Johnny Depp, Jessica Chastain per citarne solo alcuni.

Courtesy Festa del Cinema di Roma
HPPRAB BONNIE AND CLYDE 1967 Warner Bros/Seven Arts film con Faye Dunaway e Warren Beatty. Immagine scattata nel 1967.

C’è un film o una storia che l’ha colpita particolarmente?

Più di uno. Abbiamo passato in rassegna tanti film interessanti, molti dei quali di grande qualità. Quando ho assunto le redini della direzione artistica mi trovavo nella condizione di chiedere i film con insistenza in ogni parte del mondo. Oggi la situazione si è quasi del tutto ribaltata: continuiamo certamente a inseguire i film più prestigiosi, ma siamo subissati di richieste che provengono dalle più diverse nazioni.

Due grandi registi, Tim Burton e Quentin Tarantino, ritireranno il premio alla Carriera. Come li ha convinti a venire a Roma?

Tarantino me lo aveva promesso due anni fa, lo scorso anno per le misure stringenti non è potuto venire. La Festa ha costruito una sua credibilità in tutto il mondo. Non sorprende che Burton e Tarantino abbiano accettato il nostro invito. In passato altri nomi di primissimo rilievo hanno ricevuto il premio alla carriera: Martin Scorsese, Viola Davis e David Lynch in primis. 

A Venezia, abbiamo visto cinque film italiani in concorso. A Roma cosa ci dobbiamo aspettare per quanto riguarda il cinema di casa nostra? C’è chi sostiene che sia in profonda crisi…

Le opere selezionate a Venezia sono di eccellenza e le avrei invitate con grande piacere anch’io. Sin dal primo anno di direzione artistica la mia linea è stata molto chiara: credo che il cinema italiano si aiuti selezionando, non allargando. Scegliere un film solo per il fatto che sia italiano è un errore: i film, di ogni nazionalità, devono essere in primo luogo belli. Personalmente non credo alla crisi profonda del nostro cinema: abbiamo registi, interpreti e professionisti del settore di eccellenza.

Courtesy Festa del Cinema di Roma
Ed Wood Year: 1994 USA Director: Tim Burton. Immagine scattata nel 1954

Che cosa ci manca allora per replicare i grandi successi del passato? Penso alle opere firmate da Leone, Fellini, Visconti, De Sica, Monicelli, per citarne solo alcuni…

Il problema non è quello dei talenti, che abbiamo in abbondanza, ma della debolezza del sistema industriale. Il mercato, gli autori, i produttori, le maestranze soffrono questa debolezza. Mentre ai piani alti si procede con tagli e revisioni, la maggioranza delle Film Commission italiane ha budget sempre più risicati e non c’è una vera strategia di crescita. L’industria cinematografica è un settore di crescente importanza che va sostenuto con azioni concrete, fondi, incentivi per gli investimenti, sensibilizzando le istituzioni e la società civile.

Le piattaforme di streaming rappresentano una minaccia alle produzioni tradizionali o possono coesistere pacificamente?

La tecnologia è sempre un’opportunità, non va demonizzata né idolatrata. Le piattaforme streaming hanno i loro vantaggi e stanno cambiando la fruizione, ma l’esperienza in sala è completamente diversa. Ti immergi nell’atmosfera visiva e sonora del film e vivi un’esperienza più emozionale e coinvolgente.

Lei vive e lavora negli States, insegna al Film and Television Department della New York University. Come vede il cinema italiano da laggiù? È così diverso da quello di Hollywood?

Quando sono arrivato a New York, nel 1994, l’immagine del cinema italiano era relegata pressoché al passato, con poche eccezioni. Adesso vedo, e ne sono felice, un’attenzione autentica nei confronti delle proposte più interessanti del nostro cinema, anche quello più giovane. La differenza con le produzioni Usa è nella dimensione delle imprese. In Italia anche i grossi gruppi sono troppo piccoli e non riescono a investire adeguatamente in innovazione. Non ci sono più i grandi produttori di un tempo. Penso a Cecchi Gori, De Laurentiis, Cristaldi, Carlo Ponti e tanti altri. Gli autori fanno fatica a trovare idee originali e compatibili con il mercato e a farsele finanziare.

Negli anni 80 Jean Luc-Godard, Wim Wenders e qualche critico intellettuale parlavano di “morte del cinema”. A distanza di quattro decenni pare che il cinema sia ancora vivo. È d’accordo?

Si parla di morte del cinema da molto prima di quando lo facevano Godard e Wenders. Certamente la pandemia ha inferto un gravissimo colpo alle sale cinematografiche. Non mi stupirei se nel futuro il cinema diventasse un po’ come l’opera lirica: uno spettacolo più di nicchia che per appassionati.