Il gioco del calcio in mostra
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Il gioco del calcio in mostra

di Elena Bordignon

Entusiasmo, partecipazione, energia. Una mostra mette in evidenza due aspetti del gioco: il calcio guardato, come tifo e rappresentazione di un’identità collettiva e il calcio giocato, come pratica, momento di incontro e formazione. Dalle tifoserie alla competizione in campo, il “calcio è una metafora della vita”

Non è azzardato paragonare il calcio alla pratica dell’arte: è un gioco che si reinventa quotidianamente nelle migliaia di campi sportivi – che siano stadi da 100.000 spettatori o parcheggi improvvisati – ovunque si incontrino un gruppo di amici intorno ad un pallone. Con l’inizio dei Campionati europei, anche gli impensabili si sono trovati a tifare la Nazionale Italiana, che ha aperto con una vittoria il campionato, emozionando i quasi 13 milioni spettatori incollati agli schermi per assistere ad un debutto coronato con una vittoria sulla Turchia con un 3 a 0. Ma al di là delle  gioie stagionali – tra Champion League, titoli e coppe nazionali – il calcio da sempre è diventato una pietra di paragone anche per le menti più brillanti. Allargandoci alla letteratura, tra i tanti intellettuali che hanno utilizzato il calcio come “metafora della vita” – citazione da Jean-Paul Sartre – si contano Eugenio Montale che ipotizzava un campionato senza reti – “Sogno che un giorno nessuno farà più gol in tutto il mondo”-, Umberto Saba con le sue 5 poesie sul gioco del calcio o Pier Paolo Pasolini che sentenzia: “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». 


Il calcio esalta il merito, la performance, la competizione tra simili. Pone il giocatore di fronte, in maniera brutale e realista, all’incertezza. Non è da meno chi assiste, come spettatore, a una partita, sempre in balia di forti e contrastanti emozioni. Ed è proprio per i tifosi del pallone che sembra essere dedicata la mostra ospitata fino al 24 ottobre al Museo di Fotografia Contemporanea a Cisinello Balsamo (Milano), Chi non salta. Calcio. Cultura. Identità. Con le opere di oltre 30 fotografi, la mostra indaga il ruolo del calcio nella cultura italiana presentando una panoramica per immagini della sua presenza nella società, nel paesaggio, nella memoria e nella cultura del nostro paese. Tante le visioni che danno della disciplina calcistica una rappresentazione viva e pulsante, specchio della stessa società, con i suoi paradossi e contraddizioni.

Basti citare i grandi nomi della fotografia italiana come Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Giovanni, Mario Cresci e Mimmo Jodice, esposti in mostra con fotografie di paesaggio, accomunate dalla presenza, o da minimi segni e allusioni, al calcio. Sono più palesi le fotografie dei talenti più giovani che, lontani per formazione e sensibilità dai maestri, mostrano il gioco del calcio in una prospettiva più ironica e spesso grottesca.  Come ad esempio l’installazione dei The Cool couple, Emozioni Mondiali , costituito da un kit di espansione per Pro Evolution Soccer 2018, uno dei videogame di calcio più famosi al mondo. I visitatori sono invitati a giocare con le squadre personalizzate, che vedono schierati 20 artisti riprodotti nel loro aspetto fisico e nelle loro caratteristiche. Ogni team incarna un movimento o un periodo dalla nascita della storia dell’arte fino ai giorni nostri: Dal Rinascimento all’Impressionismo, passando per Futurismo, Pop Art per giungere alla Young British Artists.

Oltre ad approfondire il complesso rapporto tra arte e calcio, la mostra si sviluppa su due sezioni principali, in dialogo tra loro: il calcio guardato, come tifo e rappresentazione di un’identità collettiva e il calcio giocato, come pratica, momento di incontro e formazione.

La mostra analizza il gioco del calcio sia in relazione alla costruzione dell’identità individuale – la formazione della persona, il senso del gruppo, la squadra – sia seguendo la dimensione più collettiva, dove ha un peso rilevante il fenomeno delle tifoserie e il senso di appartenenza che queste stimolano.  Ed è proprio nelle immagini delle curve degli stadi, delle gradinate gremite di tifosi, nei cori entusiasti delle tifoserie nelle immagini di Giovanni Ambrosio, Daniele Segre, RuthBeraha, Marco Previdi e Matteo De Mayda che si evince la vera passione sportiva che eguaglia per intensità e partecipazione, l’energia che si consuma nel campo tra i calciatori: momenti culminanti di un rito che, al di là del business del calcio mercato, della spettacolarizzazione, della pay‐tv, del merchandising, resta intramontabile e insostituibile.