Jean Dujardin, il James Bond che recita con le sopracciglia

Jean Dujardin, il James Bond che recita con le sopracciglia

di Simona Santoni

Elegante come Sean Connery, ma molto più divertente, l’attore dalla loquacissima mimica facciale è la spia più brillante e stupida di Francia nella commedia d’azione “Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo”. Fa un po’ il verso a 007 ma, a sorpresa, è nata prima

Oh, come sa alzare il sopracciglio Jean Dujardin! Altro che James Bond. E poi sa anche ballare il mambo, decifrare geroglifici, suonare l’oud, cantare in arabo e… allevare polli nella commedia d’azione Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo, dal 1° luglio al cinema. Diversi anni prima che il capolavoro muto The Artist facesse scoprire al mondo la sua mimica che dice più di tante parole e la sua presenza carismatica che veste ogni sequenza, meritandosi l’Oscar come migliore attore nel 2012, Jean Dujardin aveva sedotto la Francia nel 2006 nei panni eleganti dell’agente segreto 117, molto prestante ma anche altrettanto sciocco. «Un brillante imbecille», come l’ha definito lo stesso attore francese.

Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo (titolo originale OSS 117: Le Caire, nid d’espions), infatti, ha 15 anni sulle spalle, portati con disinvoltura, e solo ora esce in Italia. È il primo film di una trilogia acclamata in patria, che ha fatto la fortuna di Jean Dujardin, a cui è poi seguito nel 2009 Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Rio, e che si sta per completare con Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Allarme rosso in Africa nera, che farà il suo debutto al Festival di Cannes, per uscire poi ad agosto nelle sale francesi e a settembre in quelle italiane. «Avevamo bisogno di un James Bond francese», osserva Dujardin.

Credits: I Wonder Pictures)
Jean Dujardin in una scena del film

Sorpresa: anche se meno noto a livello internazionale, l’agente 117 Hubert Bonisseur de La Bath, nato dai romanzi di spionaggio dello scrittore francese Jean Bruce, è stato creato quattro anni prima dello 007 più famoso di sempre, ideato da Ian Fleming nel 1953. Ma il regista Michel Hazanavicius (lo stesso di The Artist, sì!) nel portarlo sullo schermo si ispira non poco a James Bond,  rileggendolo però in chiave comica, senza sconfinare nella parodia. Si fa beffe della sua aura da sciupafemmine e maschio alfa, costruendogli intanto addosso un fascino da egotico ingenuo e smagliante. Ben alla larga dalle esasperazioni alla Austin Powers, più vicino a Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo (1973) con il magnifico duo Jean-Paul Belmondo e Jacqueline Bisset.  L’agente 117 è la virilità esaltata e dileggiata con sagacia e brio. La spia di Jean Dujardin, petto in fuori, giacca e cravatta, capelli nero corvino impomatati, labbro arricciato di chi pensa di aver il mondo ai suoi piedi, gestualità da fotoromanzo, è radicata nella sua epoca, gli anni Cinquanta: 117 è misogino, colonialista, omofobo. Al di sotto della Loira, per lui, è il terzo mondo. Tutto ciò che non è francese, bianco, maschile e della sua età è inferiore. Eppure Jean Dujardin, con quel fare alla Fonzie e l’acume del tenente Drebin di Una pallottola spuntata, conquista. È uno stupido presuntuoso davvero amabile! Che fa sorridere di gusto.


Credits: I Wonder Pictures

Agente speciale 117 al servizio della Repubblica – Missione Cairo è ambientato nell’Egitto del 1955. In un mondo in piena Guerra Fredda, il governo francese invia il suo agente “migliore”, Hubert Bonisseur de la Bath, ovvero 117 (Dujardin), per indagare sulla misteriosa scomparsa dell’agente 283 e “mettere in sicurezza il Medio Oriente” (si fa per dire). La sua copertura: dirigere la SCEP, ovvero la Società cairota di allevamento di polli. Il Cairo brulica di spie nascoste dietro aziende di allevamento di animali, di sovietici, di fondamentalisti arabi e persino di nazisti. «Prima di iniziare questo lavoro, volevo fare il Café-théâtre», ha rivelato Dujardin, riferendosi alla forma di spettacolo diffusa a Parigi in cui gli artisti si esibiscono in piccoli teatri dove è anche possibile bere. «Dicevo ai miei compagni, con molta pretesa, che sarei stato il primo James Bond francese! Si faranno delle belle risate quando vedranno il risultato».

Dujardin è suppergiù impeccabile e dal lessico educato e galante, con l’eleganza britannica alla Sean Connery e… lampanti cadute di stile: quando, all’uscita dall’hammam, l’agente 117 si tira su le mutande… sir Connery non l’avrebbe mai fatto! Lo sceneggiatore Jean-François Halin ricorda: «Al momento della scrittura, non sapevo chi avrebbe incarnato Agente Speciale 117. Volevamo solo che fosse divertente e bello, con un fisico alla Sean Connery! Improvvisamente ho cominciato a scrivere per Jean Dujardin».

Dujardin ha dovuto allenare le sue doti atletiche: per le scene sott’acqua è andato alla piscina di Conflans-Sainte-Honorine, nell’Île-de-France, per il brevetto di immersione. «Ho superato tutti i livelli: cinque metri, dieci metri, togliere la maschera sotto acqua, rimuovere e rimettere il regolatore di pressione…. mi sentivo a mio agio sul set anche se con un peso di 10 kg ai piedi e con le mani legate», racconta Dujardin. «Interpretare un uomo che dovrebbe rimanere un quarto d’ora sott’acqua aggiustandosi il nodo della cravatta e facendosi una serie di domande, è molto divertente. Anche cantare Bambino in arabo mi ha divertito molto. Ho fatto cinque-sei sessioni di fonetica con un coach».


Bérénice Bejo nei panni di una “Bond girl” accanto a Jean Dujardin

Una delle chicche demenziali del film: Dujardin sulla spiaggia si perde nelle risate alla Errol Flynn, trasportato da un’ilarità sia stupida che comunicativa, che illustra bene il personaggio: «Io, che amo le risate folli, in questo film ho avuto un sacco di occasioni».

A volte è stato anche difficile trattenere le risate sul set. Dujardin ha come “Bond girl” l’attrice che poi gli sarebbe stata accanto anche in The Artist, Bérénice Bejo, che nel film indossa il costume di una delle Bond girl di A 007, dalla Russia con amore (1963). Di Dujardin ha detto: «Difficile contenersi davanti a Jean, soprattutto quando dice cose folli con la più grande serietà. Lui controlla abilmente la sua voce e il suo corpo. Suscitava talmente tanta simpatia tra noi, che per mantenere l’atteggiamento altezzoso che il mio ruolo a volte richiedeva, serravo le dita dei piedi per evitare di ridere». Ma questo non sempre ha funzionato e hanno dovuto girare alcune scene più volte. Il record: 30 volte! «Il buonumore che emana Jean coinvolgeva tutta la squadra».


Jean Dujardin e Bérénice Bejo in una scena del film

Non deve sorprendere la verve umoristica di Jean Dujardin. L’attore francese artisticamente nasce proprio come comico, con la compagnia Nous Ç Nous, e il primo successo cinematografico lo deve a un personaggio dei suoi sketch portato sul grande schermo, in Brice de Nice (2005), in cui interpreta Brice Agostini che fa la bella vita in Costa Azzurra e, da fan accanito di Point Break, aspetta che un’onda gigantesca si infranga sul litorale di Nizza.

«Ci sono due ruoli che ogni attore sogna di interpretare: un cowboy e un agente segreto», ha detto Dujardin. Archiviato il Sean Connery d’Oltralpe, chissà se presto non lo vedremo come novello John Wayne, magari con stivaloni, cappello e… una camicia a righe alla marinara. La citazione celebre di Wayne, «La vita è dura. Ed è ancora più dura se sei stupido», suonerebbe così bene con la sua R francese.