Fotografia e videoarte in mostra a Bergamo da Baco Arte Contemporanea e ALT Arte Lavoro Territorio

‘Ha scritto Roland Barthes ne La camera chiara che la fotografia ha sempre delle zone di mistero che non vediamo subito ma intuiamo’ racconta Mauro Zanchi, curatore della mostra ‘Lo specchio concavo’ insieme a Sara Benaglia. È proprio quest’affermazione che lo ha ispirato nell’allestimento di una doppia esposizione di circa 40 fotografie e video di artiste donne che suggeriscono un possibile viaggio nella realtà vista attraverso lo sguardo femminile.

Incluse in mostra ci sono opere degli anni ’60 e ’70 di artiste come Anna Maria Maiolino, che nelle sue performance denunciava le prevaricazione degli uomini sulla donne (famosa l’immagine che la ritrae con la madre e la nonna con un filo che le lega l’una all’altra) fino ad opere recenti, come quelle di Fatma Bucak, artista curda, la cui condizione di cittadina di uno stato non riconosciuto si riflette in opere liriche che esprimono l’idea di ‘terra di mezzo’. Un altro esempio è la palestinese Emily Jacir, che fotografa le vetrine dei negozi come hanno fatto prima di lei Eugène Atget o Luigi Ghirri, ma lascia intravvedere elementi che rimandano al conflitto tra Israele e Palestina, come i proiettili nelle vetrine, creando un corto circuito tra quello che avviene fuori e il desiderio di tranquillità all’interno.

Accanto a queste artiste, ce ne sono altre che riflettono sul proprio corpo o sull’idea di confine tra noi stessi e gli altri. Per esempio, l’opera di Dana Hoey mostra un nudo femminile che si rifà all’iconografia classica, sdraiato però in una sala conferenze di un’azienda, innescando una riflessione sulle dinamiche del mondo del lavoro in cui, nonostante tanti sforzi per cambiare lo stato delle cose, la donna viene ancora vista spesso come un corpo da possedere. Arriva alle stesse conclusioni la femminista inglese Jemima Stehli, che si fotografa mentre si spoglia davanti a critici d’arte e curatori dei musei.

Il titolo della mostra, Lo specchio concavo, rimanda a diversi significati: ‘Da un lato era il simbolo delle femministe degli anni 70, perché contestava l’idea che la donna fosse stata fatta a specchio dell’uomo proponendone, invece, un’immagine ribaltata’ spiega il curatore Mauro Zanchi. ‘Dall’altra è un riferimento alla fotografia, alla camera oscura, e al funzionamento del nostro occhio. Ma è stato usato anche come un’arma da Archimede per bruciare le navi che stavano assaltando la città di Siracusa, mentre gli sciamani lo utilizzavano per acuire le loro facoltà di chiaroveggenza e telepatia. La stessa telepatia che un’artista come Barbara Hammer cercava di sviluppare per non utilizzare il linguaggio, divenuto predominio del mondo maschile.

Lo specchio concavo, in mostra a Bergamo da Baco Arte Contemporanea fino al 27 novembre e da ALT Arte Lavoro e Territorio fino al 31 dicembre.