Quattro artisti a Firenze per la mostra che celebra uno dei motivi più iconici della maison Gucci: Flora.

I fiori sono parte del vocabolario di Gucci non meno di quanto lo sia la doppia G. L’iconica stampa Flora, che più di recente ha dato il nome a una fragranza della maison, venne introdotta già negli anni ’70 e non è raro imbattersi in fotografie in bianco e nero di Grace Kelly con un foulard fiorito annodato al collo. L’iconografia floreale continua a essere parte della narrativa del marchio fiorentino, anche dopo il make-over operato da Alessandro Michele, nuovo capitano dello stile Gucci.

Così The language of flowers diventa il titolo e il tema conduttore della nuova mostra al Gucci Museo di Piazza della Signoria a Firenze, la settima qui della Pinault Collection, curata da Martin Bethenod, direttore di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana. Si tratta di una selezione di opere di 4 artisti molto diversi tra loro – Marlene Dumas, Valérie Belin, Irving Penn e Latifa Echakhch – realizzate tra il 1967 e il 2012 che, al di là di facili seduzioni e sentimentalismi spesso legati al soggetto, dispiegano un articolato ventaglio di racconti.

Il mazzo dai colori brillanti che galleggia sulle acque blu notte della Dumas è in realtà quello che si trovava sul feretro della madre dell’artista, e l’arte si mescola con l’elaborazione del lutto. Così l’opera della giovane Latifa Echakhch, dotata anche di una dimensione olfattiva, nasce dal ricordo di un venditore ambulante di gelsomini a Beirut, che usava occultarli sotto una camicia bianca per mantenerne la freschezza. Il riferimento sotterraneo è ai giorni della primavera araba e all’atteggiamento resiliente di chi reagisce al caos.

Politica, memoria, dolore, vanità, esercizi estetici si affollano attorno a soggetti dalla superficie fragile e gentile.

The language of flowers, Gucci Museo, Firenze, fino al 20 settembre