In una personale, il mondo dell’artista cinese. A Parigi, fino al 9 marzo

Liu Bolin viaggia per tutto il mondo. E poi, a sorpresa, presenta i suoi souvenires: autoscatti nei luoghi che ha visitato. Solo che lui scompare tra l’acqua, la gondola e un ponte a Venezia, sulle scale di una stazione parigina, tra i giornali di un’edicola o tra i mattoni di un vecchio muro in Cina. O meglio, lo si intravede, ma fa l’effetto di un fantasma. Perché la sua arte sta nel mimetizzarsi con le cose, come dire che l’artista non c’è. Oppure, che è sempre presente, vigile, anche se non si vede. Così si dipinge sul corpo la parte del paesaggio con cui si vuole mimetizzare, posiziona la fotocamera e l’autoscatto completa l’opera. Niente photoshop o tecniche di postproduzione, ma solo bodyart e uno studio meticoloso della prospettiva. Gli inizi risalgono a quando le autorità cinesi, avviarono la demolizione del quartiere in cui viveva l’artista per fare spazio agli edifici per le Olimpiadi. Una protesta silenziosa, ma perfetta: Liu Bolin ritratto e mimetizzato tra le rovine di un edificio. Poi l’idea di raccontarsi nel mondo, secondo il suo stile, il suo punto di vista e la sua ‘fantasmatica’ presenza. Ormai famoso in tutto il mondo con il soprannome di Camaleonte, Liu Bolin espone ora a Parigi alla Galerie Paris-Beijing , fino al 9 marzo. (micol de pas)

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