“L’Underground dell’East Village negli Anni ’80”

“L’Underground dell’East Village negli Anni ’80”

di Lella Scalia

La scena alternativa di New York attraverso il racconto del Pyramid Club Lounge e dei suoi iconici personaggi. L’underground che non c’è più…

Uno sguardo agli 80s, alla scena alternativa di New York: questo è We Started A Nightclub… The Birth of the Pyramid Club Lounge as Told by Those Who Lived it. Un salto nella storia dell’East Village con chi ha vissuto gli esordi del club, cuore della scena drag, gay, femminista, punk e artistica. Immagini e parole raccolte dagli autori del volume di Damiani Books (damianibooks.com) con Some Serious Business: Kestutis Nakas, regista e autore teatrale, Susan Martin che orchestrava le fitte p.r.; Brian Butterick, la drag Hattie Hathaway, scomparso nel 2019, «musicista, buttafuori, poi portiere, manager e direttore creativo del club». Il libro, dice Martin, «contestualizza un tempo nell’East Village, prima della gentrificazione e dell’Aids, in cui la gente faceva di tutto per fare arte e divertirsi, senza badare ai soldi; dove interazione e connessione erano fondamentali, non l’autopromozione». E, rincara Nakas, «trasmette la sensazione di vita vissuta in una comunità il cui ethos superava i valori newyorkesi di “scalata alla vetta”. Maschile, femminile, non binario affiancavano liberamente un mix di gay, etero e trans. Il desiderio di esibirsi, divertirsi e trasgredire era importante, ma alla base stava il bisogno di controcultura, di vivere in un modo libero, che potesse esprimere molteplici e talvolta contraddittorie identità».


L’inizio è il 1979, al 101 Avenue A: l’East Village è terra di nessuno, ma dagli affitti bassi. Il Pyramid prende il volo in un paio d’anni, con Bobby Bradley. «Riusciva a creare un tale clima di collaborazione», spiega Mar- tin, «che i ragazzi si liberavano da stereotipi e dal loro passato per dar vita a un nuovo progetto, con nuove for- me artistiche e sociali». Teatro innovativo e irriverente, musica sperimentale, fino all’“anti-drag” che sfidava le norme del genere binario… E niente disco come allo Studio 54 di Midtown, che era «per ricchi e famosi e per chi voleva avvicinarli. Il Pyramid era una casa creativa aperta a tutti, un viaggio quotidiano tra “parchi a tema”, dove l’avventura era sempre dietro l’angolo. Non c’era bisogno di essere vicini alle star o al glamour per sentir- si parte del divertimento».


Michael Musto, editorialista della nightlife del Village Voice, raccontava così il club e le sue serate: «Bastione di high camp, low culture ed esplorazioni creative. Trampolino di lancio per alcuni talenti diventati più mainstream, nonché semplicemente un luogo dove chiunque con un po’ di coraggio poteva attirare i riflettori e alcuni spettatori». Ecco allora i ballerini da bar, gli show dell’avanguardia come quelli delle drag John Epperson (alias Lypsinka), Hedda Lettuce, Sherry Vine e RuPaul, il cui primo spettacolo qui data 1982 e che, per un po’, visse nel seminterrato.


E poi, la musica: «Una vivace scena dance che includeva nuovi dj», dice Nakas, e Martin, «gruppi come Foetus, Butthole Surfers, Red Hot Chili Peppers, Swans e Nirvana. Tutti scritturati da Brian». Il club ha chiuso definitivamente nel 2022; cosa ne rimane oggi? Nakas e Martin sono concordi. «Viviamo in tem- pi meno trasgressivi e anarchici, ma la sperimentazione, l’innocenza e la libertà che il Pyramid e i suoi adepti hanno generato non sbiadiscono. L’odierna rivoluzione di genere è una sua diretta eredità».

Nelle immagini, teatro, performance, musica, happening al Pyramid Club.