Quello che accadrà con Marina Abramović a Venezia non è mai successo prima
Con Transforming Energy, la personale in scena alle Gallerie dell’Accademia da maggio 2026, l’artista serba diventa la prima donna vivente a esporre sia negli spazi temporanei permanenti del museo, accanto a capolavori di Tiziano e Bellini. È il Rinascimento che incontra il corpo politico
A quasi un decennio dalla sua ultima presenza espositiva in laguna, Marina Abramović torna a Venezia. E lo fa con una delle mostre più attese del 2026. Transforming Energy, grande personale alle Gallerie dell’Accademia, si preannuncia come uno degli appuntamenti chiave della prossima Biennale. In programma dal 6 maggio al 19 ottobre 2026, il progetto – curato da Shai Baitel, direttore artistico del MAM di Shanghai – è destinato a segnare un record: Abramović sarà infatti la prima donna vivente a occupare sia gli spazi espositivi temporanei sia il percorso permanente del museo rinascimentale.
Sostenuta dal Ministero della Cultura e destinata a proseguire alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, l’iniziativa arriva in un momento particolare della carriera dell’artista, che compirà 80 anni nel novembre dello stesso anno. Più che un omaggio celebrativo, Transforming Energy assume i contorni di un intervento critico dentro, e contro, il canone museale europeo, mettendo in discussione ruoli, tradizioni e gerarchie visive.
Per Marina Abramović la Biennale è tutt’altro che un luogo neutro. Qui vide la sua prima esposizione a 14 anni; qui nel 1997 portò la ferita ancora aperta della guerra nei Balcani. Tornare nel 2026 dentro una delle istituzioni più rappresentative dell’arte italiana significa riportare in primo piano temi che hanno segnato tutta la sua carriera: memoria collettiva, trauma, corpo come archivio politico.

La mostra di Marina Abramović a Venezia
Il progetto si sviluppa in modo inedito. Le opere di Abramović non restano confinate nelle sale temporanee, ma entreranno nel percorso della collezione permanente, tra Tiziano, Bellini, Giorgione. Una scelta curiatoriale che porta il corpo vivo della performance dentro l’architettura del Rinascimento, creando uno scarto volutamente destabilizzante.
Al centro del percorso ci saranno i Transitory Objects, letti e strutture in pietra con cristalli su cui il pubblico potrà sdraiarsi, sedersi, stare in piedi. Oggetti “attivati” dal corpo dei visitatori, concepiti come strumenti di trasmissione energetica e trasformazione interiore. Il tema della pietra e del cristallo, nato nella tappa inaugurale del progetto al MAM di Shanghai, trova a Venezia un legame simbolico forte con la tradizione del vetro e dei mosaici lagunari.

Accanto agli oggetti immersivi compaiono i lavori storici che hanno definito la grammatica politica dell’artista. Rhythm 0, la performance del 1974 in cui si abbandona totalmente alla volontà del pubblico; Imponderabilia, riproposta come re-enactment, con due corpi nudi posti come soglia obbligata; Light/Dark, la sequenza ossessiva di schiaffi condivisi con Ulay; Carrying the Skeleton, in cui il corpo dell’artista porta il peso del proprio passato. E poi, inevitabile e potentissima, la riemersione di Balkan Baroque, l’opera che nel 1997 le valse il Leone d’Oro alla Biennale. Seduta su una montagna di ossa, Abramović affrontava il rimosso della guerra nei Balcani. Riproporla oggi, nel cuore di un’Europa nuovamente attraversata da conflitti e tensioni, significa evocare una ferita collettiva che non ha mai smesso di pulsare.
Tra i momenti più forti del percorso espositivo c’è il dialogo con Tiziano. La fotografia Pietà (with Ulay) del 1983, in cui Abramović regge il corpo dell’artista tedesco, sarà collocata accanto alla Pietà di Tiziano. Ultimo capolavoro del maestro veneziano. Un accostamento che mette in dialogo il dolore sacro della tradizione cristiana co una rilettura laica e autobiografica del dolore, della cura e della responsabilità.