Michael B. Jordan, Creed sul ring dei diritti civili
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Michael B. Jordan, Creed sul ring dei diritti civili

di Simona Santoni

Ora in sala nel terzo capitolo della serie nata dalla costola di “Rocky”, l’attore ormai anche regista è un paladino dell’inclusione e del nuovo cinema black. Sferra montanti e ganci contro il razzismo e per cambiare Hollywood. Andando a segno

Tiene la guardia alta e sa dare di jab Michael B. Jordan, l’attore che al mito di Rocky Balboa contrappone e affianca il suo campione nero della boxe, Adonis Creed. E lo fa ora anche da regista, esordendo dietro la macchina da presa in Creed III (dal 2 marzo al cinema), tra pugni e rimorsi e un’epicità da vecchio cinema. In attesa di rileggere altre leggende in chiave black: come produttore sta lavorando a una serie tv con un Superman di colore. Un nuovo montante nel segno dell’inclusione, chiave della sua mission da attivista dei diritti civili.

Michael B. Jordan in "Creed III"
Photo credit: Ser Baffo © 2023 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures
Michael B. Jordan in “Creed III”

Jordan, un giovane Denzel Washington

Il pugilato? «La gente crede sia solo violenza ma non è così. È tempo, concentrazione, controllo». Parola di Adonis Creed nel terzo capitolo della serie cinematografica Creed, nono della serie madre Rocky. Questa volta, per la prima volta, senza Sylvester Stallone (che è produttore del film). È Michael B. Jordan, in tutto e per tutto, in muscoli scultorei, carisma sensibile, regia sfumata, il perno di un film da cinema classico, con scelte del passato da redimere e vecchi amici (la new entry Jonathan Majors) da prendere a cazzotti. Il figlio di Apollo Creed, storico rivale di Rocky, sa appassionare quanto basta, nonostante qualche cilecca di sceneggiatura. Esce dall’ombra iconica di Balboa e riafferma il suo status di vincente.

Il momento più emozionante di Creed III? Durante la battaglia di Los Angeles, la lotta quasi metafisica dopo il secondo round, quando scompare il copioso pubblico della Crypto.com Arena e Michael B. Jordan e Jonathan Majors sono combattenti feroci e solitari, tra sbarre di galera e corde di ring su cui non sprofondare.

Per Michael B. Jordan un altro gancio a bersaglio: il suo debutto alla regia sta ricevendo recensioni per lo più soddisfatte. Il roccioso californiano è a uno dei punti più alti della carriera, spiccata in volo nel 2013, quando ha scosso le coscienze come protagonista di Prossima fermata Fruitvale Station: in una drammatica storia vera, interpreta Oscar Grant, ventiduenne afroamericano ammanettato e ucciso nonostante fosse disarmato da agenti in una stazione della metro a Oakland nel capodanno 2009.
«Un giovane Denzel Washington», fu definito. Era la prima fortunata collaborazione con il regista allora esordiente Ryan Coogler, oggi stella di punta del nuovo cinema black, che l’ha voluto poi nel 2015 per Creed – Nato per combattere, l’inizio della saga su Adonis. E poi di nuovo nel mondo Marvel da nomination agli Oscar e supereroi africani, in Black Panther 1 e 2, come magnetico villain Erik Killmonger. I due lavoreranno ancora insieme in Wrong answer, film sullo scandalo delle scuole pubbliche di Atlanta, quando i prof alterarono i punteggi dei test dei loro studenti.

Michael B. Jordan
Photo by Patrick T. Fallon/AFP via Getty Images
Michael B. Jordan partecipa al Vanity Fair Oscar Party 2022 dopo la 94a edizione degli Oscar, Beverly Hills, 27 marzo 2022

Paladino di inclusione e Black Lives Matter

36 anni, eletto uomo più sexy da People, all’allure da “Adone” Michael B. Jordan affianca un ragionato senso di responsabilità civica. Tant’è che nel 2020 è stato inserito tra le cento persone più influenti al mondo dal Time per il suo impatto come attore sia sullo schermo che come forza crescente per l’equità a Hollywood. «Voglio che il mio lavoro faccia parte della giustizia nel suo complesso», aveva detto allora Jordan sulla scia delle proteste Black Lives Matter scaturite dell’uccisione di George Floyd.
Con questi intenti ha lanciato l’iniziativa #ChangeHollywood, insieme al gruppo per rafforzare la voce politica degli afroamericani Color of Change, per fornire soluzioni concrete nella lotta al razzismo sistemico nell’industria cinematografica.

Michael B. Jordan
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Michael B. Jordan partecipa alla marcia delle agenzie di talent di Hollywood per sostenere le proteste Black Lives Matter, 6 giugno 2020, Beverly Hills

Nel 2016 ha fondato una sua casa di produzione, la Outlier Society, determinata a portare sul mercato una gamma eclettica e inclusiva di storie e voci diverse. Tra i film che ha prodotto c’è Il diritto di opporsi (2019), di cui è anche protagonista nei panni coriacei dell’avvocato attivista Bryan Stevenson, fondatore della Equal Justice Initiative, che ha combattuto il sistema giudiziario americano per salvare i neri frettolosamente condannati al braccio della morte.

Jordan ha anche collaborato con WarnerMedia alla creazione di una politica di inclusione a livello aziendale unica nel suo genere, che vede proprio ne Il diritto di opporsi il primo film realizzato secondo questa nuova visione. 
Subito dopo gli Oscar 2018, infatti, acceso dell’epico discorso di Frances McDormand che ha fatto alzare in piedi tutte le donne nominate nelle varie categorie e introduceva il termine di “inclusion rider”, una clausola contrattuale che richiede che un film abbia un certo livello di diversità e minoranze meno rappresentate, ha deciso di farne il suo Sacro Graal. Altre star come Matt Damon e Ben Affleck hanno rapidamente seguito il suo esempio.

Michael B. Jordan
Photo by Matt Winkelmeyer/Getty Images
Michael B. Jordan alla premiere de “Il signore degli anelli: gli anelli del potere”, Los Angeles, 15 agosto 2022

Dall’Hollywood Walk of Fame verso Creed 4

Per tutte queste ragioni, Michael B. Jordan è stato appena onorato di una stella (la numero 2.751) sulla Hollywood Walk of Fame: «Un leader del settore dell’intrattenimento che attraverso la sua arte e filantropia è impegnato nel cambiamento sociale a Hollywood». Perché il cinema «eleva e ispira».

Attore, produttore e ormai anche regista, eppure Michael B. Jordan è solo all’inizio. «Finirò come ho iniziato», dice il suo Adonis in Creed III. Con i suoi guantoni gentili, c’è da scommettere che lo vedremo di nuovo sul ring. Nei suoi pensieri, infatti, c’è già Creed 4 e non solo. «Costruire l’universo di Creed è qualcosa di cui sono davvero entusiasta», ha detto sul red carpet di LA per la premiere, immaginando spin off vari. Balboa in Rocky V gli ha già indicato la strada: «Se un pugile ha due mani, vedi, e un cuore che batte, ce la fa senz’altro».