Com’è cambiata la raffigurazione del corpo nelle riviste di moda? Lo racconta un libro

«La fotografia di moda sta vivendo una fase di radicale trasformazione: abbiamo voluto documentarla». A parlare è Holly Hay, direttrice della fotografia del magazine Wallpaper.

Insieme a Shonagh Marshall, fashion curator londinese, è autrice di Posturing (pubblicato da Self Publish Be Happy), volume che raccoglie le immagini di 21 fotografi di moda. A fare da trait d’union tra i loro scatti è un uso irriverente del corpo, a tratti dissacrante, che si mescola a una rappresentazione completamente nuova dell’abito. Abbiamo fatto qualche domanda a Holly Hay in occasione della presentazione italiana del libro, tenutasi presso gli spazi di Reading Room, concept store milanese interamente dedicato alle riviste indipendenti internazionali.

Cosa sta cambiando esattamente nella fotografia di moda?
È un momento molto importante per il settore. Mi sono accorta che c’è una nuova generazione di fotografi che sta stravolgendo l’uso del corpo e dei vestiti nella fotografia di moda e nella pubblicità. Il corpo viene rappresentato come una scultura: assume posizioni innaturali, a volte bizzarre e buffe. Gli abiti vengono messi storti, al contrario, oppure non vengono nemmeno indossati. Spesso sono appoggiati accanto al corpo, o magari sparsi sul pavimento.

Quasi delle scenografie teatrali…
Esattamente. Le immagini vengono costruite come se fossero delle performance. E in questa trasformazione, cambia anche il ruolo dei modelli: non sono più passivi, ma pienamente collaborativi. La loro capacità di mettersi in gioco è determinante. I fotografi che abbiamo inserito nel libro si divertono un mondo: sono creativi e la fotografia è il loro strumento per giocare con la moda.

Dici che gli abiti a volte non vengono indossati. Qual è la reazione dei brand?
Attenzione, bisogna chiarire una cosa: gli abiti non vengono ignorati, anzi. Questi fotografi amano profondamente la moda e le creazioni che fotografano. Si tratta solo di un modo completamente nuovo di rappresentarle. I marchi sembrano amare questo nuovo tipo di fotografia, e anche la pubblicità si sta adeguando.

Perché avete deciso di pubblicare Posturing?
Il progetto è partito come una mostra a Londra, soltanto dopo abbiamo pensato di farne un libro. Shonaugh, che è una fashion curator indipendente, ha una prospettiva completamente diversa sulla moda. Abbiamo voluto unire le nostre due esperienze in un libro che documentasse questo momento nella fotografia di moda. Con alcuni dei 21 fotografi ho collaborato durante il mio percorso professionale, li stimo moltissimo.

Chi sono i fotografi italiani che partecipano a questa trasformazione?
All’interno del libro c’è ad esempio Andrea Artemisio. Trovo che i suoi scatti siano davvero qualcosa di unico e di molto personale: le pose dei suoi modelli sono originali e a volte volutamente folli. È uno dei fotografi che meglio incarna questa rivoluzione nella fotografia di moda.