In mostra gli anni d’oro dei grandi allenatori, quando Milano era la capitale del calcio, non solo italiano.

Cinquant’anni fa, il 22 maggio del 1963, il Milan di Nereo Rocco vince la Coppa dei Campioni, il 26 maggio dello stesso anno l’Inter di Helenio Herrera festeggia lo scudetto e da qui al 1969 si snoda una stagione magica e irrepetibile: i due allenatori faranno di Milano la capitale europea del calcio, alternandosi nella conquista di trofei nazionali, europei e mondiali.

Dal 22 maggio all’8 settembre, a Palazzo Reale di Milano, si tiene la mostra La leggenda del Mago e del Paròn, coprodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale e Skira Editore, con il contributo degli archivi di FC Internazionale Milano e AC Milan, Gazzetta dello sport come media partner e curata dal giornalista sportivo Gigi Garanzini. L’esposizione, attraverso le figure di Nereo Rocco e Helenio Herrera e i loro successi calcistici, tratteggia un periodo significativo della storia del capoluogo milanese.

I due personaggi, all’epoca del tutto calati nella parte imposta dai rispettivi ruoli, non potevano essere più diversi: Herrera, il Mago, argentino, uomo internazionale nato povero e diventato ricchissimo, dava del “lei” ai giocatori, era astemioe conduceva una vita quasi ascetica, praticava lo yoga e viveva per il calcio. Dongiovanni impenitente, ebbe tre mogli e sette figli. Morirà nel 1997.

Rocco, il Paròn, nasce da una famiglia borghese triestina dal cognome asburgico Roch, esordisce a sedici anni in serie A ma sceglie di rimanere a Trieste dove aiuta di tanto in tanto il padre nella macelleria di famiglia. Parla uno slang italo-triestino, si considera fratello maggiore dei giocatori, ha il gusto della battuta fulminante e ama mangiare e bere (il suo “ufficio” è nelle sue osterie milanesi preferite). Ha una moglie all’antica, la Siora Maria, e due figli. Morirà nel 1979.
Il percorso espositivo si apre con la loro rivalità calcistica e il visitatore potrà  decidere se iniziare da Inter o da Milan. Poi, la mostra si unifica con  stanze dedicate, tra l’altro, alle memorabilia dei due nemici-amici e all’atmosfera degli spogliatoi di allora (con tanto di profumo di olio  canforato). (Laura Barsottini)

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