L’arte del narrare, tra cinema, tv e videogame

Inizia oggi l’edizione 2015 del Sundance Film Festival a Park City, nello Utah. E come di consueto si conferma la rassegna del cinema indipendente più attenta agli sviluppi e ai cambiamenti del linguaggio visivo. Tanto che anche le produzioni concepite per la televisione trovano spazio in questo festival. Per essere più precisi, la nouvelle vague del cinema ora guarda alla tv on demand. Sembra proprio essere questa la nuova frontiera, tanto che sia il Tribeca festival sia il Southwest Festival in Texas hanno inserito sezioni speciali per le proposte televisive.

Ma non solo. Se fare cinema significa prima di tutto raccontare una storia, allora risulterà semplice capire perché vanno in scena anche videogiochi, cartoni animati e brevissimi video, accanto agli ormai immancabili documentari. Naturalmente lo spazio privilegiato è lasciato alle produzioni più tradizionali da questo punto di vista, ossia lungometraggi da proiettare nelle sale cinematografiche, con alcuni dei titoli che sicuramente arriveranno nel corso della stagione o in quella successiva. Ma l’aspetto più indie del festival indie per eccellenza si trova forse maggiormente in queste sezioni speciali, perché raccontano l’oggi che è già domani: quel futuro prossimo a cui possiamo tendere l’occhio.

Documentari. Una piccola perla per gli appassionati è Listen to Me Marlon del regista inglese Stevan Riley che ha potuto accedere in via del tutto eccezionale all’archivio sonoro mai ascoltato prima di Marlon Brando. Il risultato è un racconto della carriera e soprattutto della vita privata dell’attore, narrata dalla voce originale di Brando stesso. La pellicola si inserisce nella sezione dedicata a 12 straordinari (e coraggiosi) documentaristi attivi oggi nel mondo, da Flora Lau che racconta le manifestazioni di Hong Kong a Mor Loushy che porta al pubblico per la prima volta le voci dei soldati israeliani raccolte all’indomani della Guerra dei Sei Giorni dallo scrittore Amos Oz e dal suo editore Avraham Shapira. Massimo esponente del documentario in versione fiction si rivela Michael Madsen che con The visit racconta di un avvenimento mai accaduto.

Videogames. Il titolo forse più forte della sezione è 1979 Revolution Game di Navid e Vassiliki Khonsari, che hanno saputo realizzare un gioco sulla rivoluzione iraniana del 1979, in chiave non fiction. Non solo: il giocatore entra nella realtà di quegli avvenimenti in maniera immersiva ed è chiamato a compiere scelte che hanno ache fare con la morale.

Next. Si intitola così la sezione che raduna i titoli più innovativi, almeno per il pensiero che riflettono, sostenuto dalle nuove tecnologie. Come The Storngest Man, un film di Kenny Riches che racconta delle debolezze del più forte. Tra ironia, indagine psicologica e un linguaggio cinematografico inconsueto, va in scena la storia dell’uomo.

Disegni animati. Un’ampia scelta di titoli compone la lista di questi film, tra i quali va segnalato quello di Vincent Morisset, Way to go: una passeggiata nel bosco. Che risulta decisamente sorprendente e multisensoriale perché coinvolge disegni animati fatti a mano, riprese a 360 gradi, un panorama infinito, musica e sogni. Ma anche Tupilaq di Jakob Maqe incentrato sul rapporto tra mitologia e vita urbana, su genitorialità e rispetto.

In Tv. Si chiama Animals ed è una serie animata scritta e prodotta da Phil Matarese e Mike Luciano in cui la vita a New York è narrata da animali che assommano in loro stessi tutte le caratteristiche dei tipi umani contemporanei. Il progetto ha già fatto molto parlare di sé e il duo creativo spiegherà perché, in occasione degli incontri con gli autori.

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Sundance Film Festival

Park City, Utah, 22 gennaio – 1 febbraio