Trip al centro della terra

Trip al centro della terra

di Michele Primi

Jon Hopkins si è calato in una grotta equadoregna per trovare ispirazione nel buio. Ne è uscito con un album al confine tra elettronica, classica e ambient, e con la convinzione che la psichedelia è la cura per quella che, secondo lui, è la vera pandemia di questi tempi…

L’idea di musica come terapia psichedelica è venuta a Jon Hopkins durante un viaggio verso le profondità della Terra. Il dj e produttore che ha fatto vibrare i bassi della techno britannica e guidato i Coldplay alla scoperta dell’elettronica (producendo Viva La Vida or Death and All His Friends nel 2007, e l’ultimo album Music of the Spheres) si è unito a una spedizione nella Cueva de los Tayos, una grotta all’incrocio tra le Ande e l’Amazzonia in Ecuador. Un gruppo di artisti si è addentrato nel buio per trovare ispirazione: «Il confronto con la natura è stato drammatico», racconta Hopkins, «mi ha fatto sentire irrilevante. Il risultato è una musica priva di ego. Un album di elettronica senza beat in cui non ho cercato di far muovere le persone ma di creare un’esperienza. La lezione della natura mi ha fatto cambiare prospettiva e mi sono sentito libero».
L’album Music For Psychedelic Therapy, uscito il 12 novembre per Domino Records, è nato intorno alle registrazioni dei suoni della foresta: «Di solito aggiungo i colori e le atmosfere alla fine della produzione, questa volta le ho usate come punto di partenza. La natura ha tutte le risposte». Tre brani di esplorazione (Tayos Caves I, II e III) e poi la discesa nel profondo e la risalita (Deep in the Glowing Heart, Ascending Dawn Sky e Arriving): «Music For Psychedelic Therapy non è ambient, né musica classica e neanche un vero album di elettronica, ma contiene elementi di tutti e tre». Il titolo è una dichiarazione di intenti: «Credo che la vera pandemia del mondo contemporaneo sia la solitudine. La creatività è una delle soluzioni», dice Hopkins, «la psichedelia come terapia per la salute mentale sta emergendo nella legalità e la musica è una parte importante di cui si parla troppo poco. Ho voluto contribuire alla discussione. La scienza è il linguaggio del nostro tempo e le esperienze sonore devono farne parte. Credo che nei prossimi anni ci sarà una rinascita della cultura psichedelica».


Il punto di arrivo del viaggio di Jon Hopkins è un testo di culto della cultura alternativa degli anni Settanta, Be Here Now, il saggio del 1971 dello psicologo Richard Alpert che, dopo aver sviluppato teorie sull’uso delle sostanze psichedeliche insieme a Timothy Leary e Aldous Huxley, ha lasciato l’insegnamento ad Harvard per trasformarsi in Ram Dass. Un’icona della spiritualità hippy, scomparso a 88 anni nel dicembre 2019.
Jon Hopkins ha recuperato la registrazione di una meditazione di Ram Dass e l’ha trasformata nell’ultimo pezzo dell’album, Sit Around the Fire. «Ho amato la storia personale di Ram Dass e l’immaginario di Be Here Now», dice. «La sua voce è stata una guida. La psichedelia può mostrarti per un breve momento la vera natura delle cose, ma poi si torna alla realtà. Il punto è andare oltre l’uso delle sostanze e allenare la mente a vivere sempre nel momento». Dopo un primo esperimento ad Austin, Texas, Jon Hopkins sta immaginando uno show di immersione a 360 gradi nei suoni di Music For Psychedelic Therapy «in cui il musicista non è più il centro dell’attenzione sul palco». È il ritorno alla socialità dopo un periodo di isolamento difficile per tutti, che per Hopkins si riassume nelle parole di Ram Dass che chiudono Sit Around the Fire: «Presto ti renderai conto / Che tutto ciò che faremo per l’eternità / È stare seduti intorno ad un fuoco».