Curiosità, falsi miti e come miscelare in un cocktail l’assenzio, guidati da Stephen Gould americano che lo produce in Colorado

Chiamato la “fata verde” (fée verte), messo al bando nel 1915, considerato al pari di una droga allucinogena, l’assenzio è un distillato con tutte le carte in regola per essere considerato maledetto. Così è stato per lungo tempo, soprattutto durante la Belle Époque parigina. 
Anche le sue origini si perdono nella notte della storia: una similare combinazione di erbe con uso medicale risale al 1500 a.C., ma la consacrazione ufficiale – come tonico curativo – avviene nel 1792 con il medico francese Ordinaire. La popolarità poi cresce con la campagna d’Algeria: ogni soldato ne possedeva una boccetta per disinfettare le malsane acque africane.

LE CARATTERISTICHE
L’assenzio di fatto è un macerato di artemisia absinthum, semi di finocchio e semi d’anice verde (da non sostituire con anice stellato), che viene poi distillato e talvolta colorato tramite un’infusione di ulteriori erbe che rilasciano aromi e clorofilla. Non deve contenere né coloranti né zuccheri aggiunti.

LE TIPOLOGIE
Un tempo si distinguevano assenzio verte e assenzio blanche, se colorato o non; ma la vera distinzione avviene secondo il grado alcolico (ordinario dai 40° ai 50°, semi-fine tra i 50° e i 55°, fini tra i 55° e i 60°, di qualità superiore tra i 65° e i 72°) e la zona di produzione.

IL RITO
A spiegare il vero rito dell’assenzio Stephen Gould, fondatore della Golden Moon Distillery in Colorado, che rimasto folgorato dagli assenzi francesi, per 13 lunghi anni ha assaggiato assenzi rari, fatto ricerche in biblioteca e sperimentato nella sua distilleria americana in Colorado fino ad ottenere un tradizionale assenzio verde, Redux, all’altezza di quelli francesi (e ora distribuito da Cuzziol GrandiVini). 

L’assenzio – spiega Gould- andrebbe bevuto in purezza per apprezzarne la qualità, ma l’alta gradazione è proibitiva.
Si usa quindi diluirlo con acqua ghiacciata nella proporzione 1 a 3, 1 dose di assenzio e 3 di acqua, in un bicchiere largo per poterne apprezzare tutti gli aromi.

La leggendaria zolletta di zucchero appoggiata sul cucchiaino forato, da far sciogliere con acqua, non è necessaria quando tra le botaniche vengono utilizzati i semi di finocchio della Provenza, già di per sé dolce. In passato lo si addolciva anche con orzata e sciroppo di gomma.

Mai mettere ghiaccio a cubetti che ammazzerebbe gli aromi: versare solo acqua ghiacciata a filo, lentamente: così l’assenzio dal caratteristico colore verde (appena uscito dall’acciaio dove resta 6 mesi è di colore verde scuro “scary monster”), diventa bianco opalescente, evolvendo nel bicchiere.

I COCKTAIL
L’assenzio è un distillato versatile, un cosiddetto “liquore totale”: nel celebre The Savoy Cocktail Book sono elencati più di un centinaio di cocktail che lo includono. La regola principale è che non deve essere invadente.

Il Sazerac, inventato da un farmacista di New Orleans per combattere malattie tropicali e considerato il primo cocktail della storia, contiene assenzio, miscelato con cognac (in seguito rye whisky), bitter e zucchero.

Tommaso Cecca, barman del Trussardi Lounge, sull’onda del ritorno in voga degli strong cocktail pre-dinner, propone invece la rivisitazione di un Boulevardier (sorta di cugino americano del Negroni, che utilizza il whisky al posto del gin) in cui l’assenzio viene vaporizzato e infiammato all’interno di un bicchiere da Borgogna prima di versare il cocktail preparato nel mixing glass.