Sono italiani i cocktail pre dinner più conosciuti nel mondo. Ecco cinque classici e due rivisitazioni.

L’Happy Hour, cioè l’ora più felice del giorno. Perché la giornata di lavoro è andata, perché ci si rilassa e si vedono gli amici. Un momento prezioso, spesso elegante che è sempre stato un rito, quello dell’aperitivo. Nato a Torino, quando a fine ‘700 i fratelli Carpano inventarono il vermouth (vino arricchito con spezie ed erbe), fu subito boom. All’inizio del ‘900 l’aperitivo divenne un fenomeno sociale, nei caffè il classico bicchiere di vino si trasforma in cocktail e nascono le prime liste dei drink.
“È difficile attribuire in maniera schematica un cocktail a un preciso periodo storico. Spesso l’identità di un drink impiega decenni a diventare definitiva, si sviluppa negli anni tra i cambiamenti di abitudini e gusti”, ci ha raccontato la bartender Rachele Giglioni del Rivalta Caffè di Firenze in occasione del Gran Galà dell’Aperitivo, evento che si è tenuto a Torino con alcuni dei più famosi artisti del bere miscelato.
Abbiamo scelto per voi cinque classici e due ricette rivisitate.

Americano: ovvero vermouth rosso, bitter e soda versati direttamente nel bicchiere. Sul suo nome un po’ di leggenda: il cocktail sarebbe stato chiamato così in onore di Primo Carnera, il pugile italiano che combatteva negli Stati Uniti e per questo detto appunto ‘l’Americano’.

Negroni: fa il suo esordio all’inizio degli anni ’20 del ‘900, nello storico bar Casoni di Firenze. Si chiamava ‘l’Americano alla moda del Conte Negroni’ dal nome del suo più assiduo e famoso estimatore. Deriva dall’Americano, ma qui la soda viene sostituita dal gin. Il drink si versa direttamente nel bicchiere on the rocks.

È degli anni ruggenti il Mi-To che nasce per celebrare l’autostrada che legava le due città del Nord Italia. Il Campari, simbolo di Milano, si unisce in parti uguali al torinese vermouth: viene preparato nel mixing glass e servito in coppa, senza ghiaccio.

Anni ’60: è questo il periodo d’oro dei cocktail pre dinner, a base vermouth, come il Manhattan, ma soprattutto il Martini Dry (shaken, not stirred). Protagonista e star indiscusso degli aperitivi italiani sul palcoscenico internazionale.

Negroni Sbagliato che nasce al Bar Basso di Milano e che diventa popolare quanto il suo precursore fiorentino (gli ingredienti: bitter, vermouth e spumante brut).

Negli anni ’80 e ’90, la moda dei drink e dell’aperitivo si identifica nella ‘Milano da bere’ (con i classici affiancati da novità come Bloody Mary, Margarita e Daiquiri).
“Oggi la tendenza attuale internazionale – dice Alberto Bonagurio, della Vermoutheria dei Due Buoi di Alessandria – è di utilizzare gli amari italiani come base dei cocktail pre dinner”. Una ricetta classica della Vermoutheria è una base amaro al carciofo a cui si aggiunge Vermouth Bianco e Selz, tutto guarnito con fetta di arancia e rosmarino, per stimolare l’appetito.

Infine qui sotto due rivisitazioni di classici in carta al Rivalta Caffè di Firenze.

CORSINI (rivisitazione del Negroni)

1 oz Chianti classico
1/3 Americano Cocchi
1/2 Tanqueray ten gin
1 Tsp alkermes dell’ officina farmaceutica di Santa Maria Novella
Tecnica Build over Ice (preparare direttamente il drink nel bicchiere colmo di ghiaccio)

JULAM (rivisitazione Americano)

1 oz 1/2 China Martini
3/4 Martini Rosso
1 Tsp sciroppo di menta bio Fabbri
4 foglie di menta
Top di acqua tonica
Tecnica Shake and Strain (shakerare, esclusa la tonica che si aggiune al top)