Al Festivaletteratura di Mantova (9-13 settembre), anche una conversazione sul food design: protagonista il catalano Marti Guixè

‘C’è una storia breve e una storia lunga del food design. La storia più lunga inizia nel momento in cui, invece di mangiare una salsiccia indossando i guanti, si preferì inserirla in un panino di forma allungata: uno strumento molto più efficace per quello scopo, e per giunta persino commestibile. La storia breve invece inizia quando questo tipo di azione diventa autoriflessiva e si integra in maniera cosciente con la tradizione del design’.
Parola di Marti Guixè, che da vent’anni ha fatto del cibo uno dei campi di sperimentazione del suo lavoro di designer, perché anche quello che mangiamo, e il modo in cui lo mangiamo può essere progettato. Al Festivaletteratura di Mantova (9 – 13 settembre) il designer catalano converserà con l’architetto e critico Beppe Finessi, dimostrando come da questa ricerca possa nascere una riflessione stimolante sulla comunicazione, sulla tradizione gastronomica, sulle norme alimentari, sul rapporto tra autore e consumatore della pietanza.

Cos’è per lei il food design?
‘Il food design è il design di un alimento, che è percepito, pensato, disegnato, contestualizzato e consumato come oggetto. Ci sono molti alimenti disegnati, però non sono disegnati secondo i parametri che personalmente credo siano gli imprescindibili per un buon design. Fino ad ora il design di un pasto è stato fatto partendo da una base di ottimizzazione industriale e di costi, senza tenere in conto l’utente finale, il buon design deve essere ‘orientato all’utente’ e pertanto l’utente o consumatore finale è al centro del progetto, e non il progetto economico’.

Può farci un esempio di un oggetto di food design entrato nella nostra vita quotidiana?
‘Questa domanda mi potrebbe mettere nella condizione di fare una descrizione semplice e semplicistica di quello che è il food design; non ci sono oggetti di food design ‘buoni’ cioè adatti ad essere parte della nostra vita quotidiana, mentre ci sono molti alimenti industriali mal disegnati nella nostra quotidianità, questo sì.

Come si è evoluto in questi anni il food design?
‘Ho iniziato a lavorare nel design del food intorno al 1995 e ho fatto la prima esposizione riguardante questo tema a febbraio 1997 nella galleria H2O di Barcellona. Quello che nacque di Nuovo qui non fu solo il concetto di ‘disegnare il Cibo’, ma anche la nuova percezione di Disegno, qualcosa di molto più aperto ed olistico di quello che era alla fine degli anni ’90.
Negli ultimi tempi questa disciplina si è molto più popolarizzato e ci sono masters come quello della SPD di Milano (Guixè vi terrà un Master che parte il 9 settembre, ndr), però c’è anche molta confusione in quello che realmente è il food design, e chiaramente in quello che è il design. Soprattutto, si è popolarizzato il rituale intorno al pasto come se fosse food design: Sbagliato!’

Il modo in cui mangiamo ha segnato e segna il nostro tempo?
‘No, non segna il nostro tempo, segna il nostro corpo. Al giorno d’oggi non mangiamo adeguatamente al nostro stile di vita! Perché il pasto non è ben disegnato e la tradizione non coincide con i cambi che promuove l’innovazione tecnologica nella nostra quotidianità’.

E’ la tradizione gastronomica di un Paese ad influenzare il food design o viceversa?
‘Certo che si, seguramente que si, anche se io personalmente non credo nella tradizione come qualcosa che funziona nel nostro stile di vita, come designer credo nel Progetto!’.