Kombucha, che cos’è e come si utilizza (anche in miscelazione)

Kombucha, che cos’è e come si utilizza (anche in miscelazione)

di Penelope Vaglini

Amato dalle celebrità e dai bartender che lo utilizzano all’interno delle ricette di cocktail contemporanei, il kombucha è una bevanda dalle origini antiche.

Tra le bevande fermentate più di tendenza c’è il kombucha, preparazione dalla storia secolare che, secondo molti, è un elisir di longevità (anche se non esistono evidenze scientifiche che lo confermino). Certo è che chi consuma regolarmente kombucha ne esalta le proprietà salutari, a partire da numerosi vip e celebrità che lo mettono in bella mostra nei loro scatti sui social.

Una recente ricerca promossa dalla School of Health della Georgetown University ne ha accertato i benefici sui pazienti che soffrono di diabete di tipo 2, grazie alla sua capacità di ridurre le percentuali di zucchero nel sangue.

Oggi è tra le bevande fermentate più vendute e in America il suo giro d’affari raggiungerà 1,3 miliardi di dollari solamente nei supermercati entro la fine del 2024. Secondo Statista, il valore mondiale del mercato è destinato a crescere fino a 6.4 miliardi di dollari entro il 2028. Tendenzialmente facile da fare a casa, questa bevanda viene impiegata sempre di più anche in mixology con risultati sorprendenti in termini di gusto.

Che cos’è il kombucha

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Il kombucha non è altro che una bevanda fermentata che nasce a partire da tè o altri tipi di infusi, al cui interno si possono trovare zuccheri, caffeina o teina. Solitamente è analcolica ma può avere una leggerissima presenza di alcol, difficilmente superiore a un grado.

Per produrre il kombucha è necessario uno Scoby, acronimo di Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast, ovvero una colonia di batteri che, a contatto con l’ossigeno, dà inizio al processo di fermentazione. Ciò che si ottiene è una bevanda leggermente frizzante dal gusto acidulo, con note aromatiche differenti in base all’infuso di partenza. Essendo un drink “vivo” anche il suo sapore risulta differente in relazione al numero dei giorni a cui è sottoposto a fermentazione.

La storia

Le origini del kombucha seguono diverse teorie che lo fanno risalire al secondo secolo prima di Cristo, oppure al quarto d.C., nell’area cinese oggi occupata dalla regione della Manciuria. Leggenda vuole che l’imperatore Qin Chi Huangdi lo fece preparare per la prima volta da un alchimista, cercando di creare un vero e proprio elisir di lunga vita. Arrivato anche in Giappone, divenne una delle bevande preferite dei Samurai, che lo consumavano prima di ogni combattimento. Da lì sembra che sia partito per la volta dell’Asia insieme alle truppe di Gengis Khan, raggiungendo il continente europeo ed espandendosi in tutto il mondo. In America è di tendenza già da qualche anno, mentre il boom in Italia è arrivato qualche tempo dopo, ma non accenna ad arrestarsi grazie alla recente riscoperta delle bevande fermentate.

Kombucha e mixology: i cocktail contemporanei

Con la sua leggera nota sparkling il kombucha è un ottimo mixer da utilizzare in cocktail dal basso tenore alcolico. Le opzioni per aromatizzarlo sono diverse e passano dalle note speziate dello zenzero a quelle fresche della menta, fino ad arrivare ai sentori floreali e fruttati. In questo modo le opzioni in miscelazione diventano pressoché infinite.

In linea di massima il kombucha si presta per ricette di highball, ovvero drink serviti in bicchieri alti a cui a una base alcolica si unisce un sodato, oppure ai collins, che in più hanno elementi citrici e dolci che creano un piacevole equilibrio di gusto.

Come fare il kombucha a casa

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Chi ama cimentarsi nelle preparazioni casalinghe potrà creare il kombucha a casa. Per farlo dovrà procurarsi un barattolo dall’imboccatura larga in cui inserire il tè o l’infuso di partenza insieme allo Scoby e a una base di zucchero o miele che attiverà la fermentazione. Il tutto andrà coperto con una garza (non con un coperchio ermetico), poiché il kombucha ha bisogno di ossigeno.

I tempi di riposo variano a seconda della temperatura e del grado di acidità richiesto, ma in genere oscillano tra i sette i dieci giorni. Una volta chiuso in bottiglia, parte la seconda fermentazione con cui assume il suo carattere sparkling grazie alla produzione di anidride carbonica. Dopo qualche prova di assaggio, si potrà trovare la propria ricetta preferita, bilanciando le aromatizzazioni e l’acidità per ottenere il risultato desiderato.

A questo punto non resta che bere il kombucha fatto in casa liscio, oppure all’interno di un cocktail rinfrescante.