Torna in tavola l’orecchio di maiale: da Milano a Parigi a Los Angeles, tre ristoranti cult per assaggiarlo

Morbido fuori, croccante e cartilagineo dentro, l’orecchio di maiale è un taglio di carne dimenticato, che un tempo – quando del maiale non si buttava niente – si utilizzava in piatti  a lunga cottura come la cossoeula milanese. Oggi, grazie alla bassa temperatura e alla creatività di chef che osano è tornato di moda, mettendo in moto acquolina di molti. Non si trova facilmente, è quasi una rarità, ma si può ordinare presso la storica Macelleria Annunciata, nell’omonima via di Milano, mentre per assaggiarlo ecco tre indirizzi worldwide dove ha avuto molto successo. 

Animal  (Los Angeles)    
Nel cuore di Los Angeles, è un piccolo, locale specializzato in carne (qui si assaggiano midollo con chimichurri e cipolle caramellate e sandwich di pancia di maiale) aperto nel 2008 dai cuochi hipster Vinny Dotolo e Jon Shook, indirizzo cult tra i los angelenos,  e non solo. Il pig ear qui è richiestissimo, diventato  una moda non appena introdotto in menu qualche mese dopo l’apertura tanto che oggi ne vengono ordinati  più di 25 kg a settimana. Viene fatto bollire circa 20 ore fino a che diventa tenero, poi tagliato a strisce viene fritto, infine condito con scalogno, lime, peperoncino, sale e vinaigrette e servito con un uovo all’occhio, che si consiglia di rompere per ben amalgamarlo alla carne. ‘Certo non è un piatto per tutti, ma noi non siamo per il mass market, vogliamo che ci cerchino per le particolarità e questa senza dubbio lo è!’

Rebelot    (Milano)
C’è chi lo definisce tapas bar, chi preferisce considerarlo il bistrot del Pont del Ferr, certo è che l’adiacente costola del locale stellato sui Navigli milanesi, al compimento del primo anno ha preso il volo. Merito dello chef uruguaiano Matias Perdomo che lo ha lanciato e del brasiliano Mauricio Zillo che oggi lo guida sotto l’ala protettrice di Maida Mercuri. L’orecchio di maiale Zillo lo cuoce nel dashi (brodo giapponese) e lo serve su crema di tarassaco, con capasanta scottata e tarassaco selvatico fresco,  suggerendo il pairing con il cocktail Fleur du mal a base di assenzio, firmato dal bartender di grido Oscar Quagliarini. 

Pollop   (Parigi)  
Situato sulla rive droîte, non lontano dai giardini del Palais-Royal, è un piccolo, delizioso, bistrot di recente apertura  che mixa design e materiali di ispirazione scandinava (legno) ad eleganti dettagli di matrice francese (la libreria). In cucina uno staff di giovani che sperimenta ingredienti di stagione, guardando molto a Oriente e al Giappone e cambiando il menu quotidianamente. L’oreille de cochon da Pollop va freddo, in insalata, mescolato con coriandolo, cipolla rossa, peperoni crudi gialli, verdi  e arancio, cetrioli e  pomodori, condito con salsa di soia e olio di sesamo.