Alla scoperta dei vini naturali: cosa sono e quali scegliere
Foto: Mauro Ujetto/NurPhoto via Getty Images

Alla scoperta dei vini naturali: cosa sono e quali scegliere

di Filippo Ferrari

Una piccola guida per iniziare un viaggio nell’affascinante mondo dei vini naturali.

Appassionano e dividono, incuriosiscono e respingono: negli ultimi anni i vini naturali sono diventati uno degli argomenti di dibattito più caldi nel mondo del vino. Qualche critico li liquida con sufficienza come una moda di passaggio, ma dietro ci sono molta sostanza, produttori seri e bottiglie eccellenti. Di sicuro non lasciano indifferenti. Ma cosa sono esattamente i vini naturali? La definizione stessa è fluida: non indica un modo specifico di fare vino, ma piuttosto un approccio e una filosofia che sono al tempo stesso tradizionali e iconoclasti.

Vini naturali: l’approccio

Ogni produttore naturale ha i suoi metodi, ma tutti condividono una simile visione: il recupero con sensibilità moderna di tradizioni contadine e ancestrali, l’attenzione all’ambiente, il rifiuto di trattamenti con sostanze chimiche di sintesi in vigna e poi di artifici e manipolazioni in cantina. Prediligono le uve autoctone e locali, utilizzano solo lieviti indigeni e aggiungono anidride solforosa solo quando indispensabile e comunque al minimo possibile (uno ‘zic’ può servire per mantenere il vino stabile, ma siamo sempre molto al di sotto dei limiti consentiti dalla legge).

Lo scopo è quello di ottenere uva sana da piante sane nate in un ecosistema sano: più l’uva sta bene ed è lavorata con rispetto, meno sarà necessario correggere e ‘pasticciare’ per arrivare a un buon vino capace di raccontare con sincerità il suo territorio. I vignaioli naturali assecondano il ritmo della natura, le viti e l’uva, senza forzarli.

I vini naturali contro tutti

È un’estremizzazione, ovviamente. Ma è vero che il movimento dei vignaioli naturali si contrappone idealmente e in concreto ai metodi di produzione convenzionali, che prevedono interventi chimici in vigna e poi manipolazioni invasive dell’uva in cantina. Ma forse l’opposizione concettuale più chiara è quella fra vini contadini e artigianali e vini industriali: magari inappuntabili sotto il profilo tecnico, ma standardizzati, anonimi e slegati dal territorio di origine. In una parola, noiosi, mentre con i naturali di annoiarsi capita di rado.

Biologico, biodinamico o naturale?

Questione ampia, ma per ora è utile soprattutto chiarire un concetto: non sono per forza sinonimi. Con i termini biologico e biodinamico si intendono sistemi di coltivazione dell’uva secondo principi certificati, da enti pubblici oppure da organizzazioni private. A molti vignaioli naturali le etichette non interessano: i loro vini nascono da pratiche a bassissimo impatto ambientale, ma possono anche non avere necessariamente il bollino bio ‘ufficiale’. Viceversa, il biologico e il biodinamico sono adottati sempre più spesso anche dai produttori di grande nome e grossi volumi, che con il mondo del naturale c’entrano poco.

Naturale è anche più buono?

Come per qualunque tipologia di vino, anche qui vale come unico discrimine la qualità. Fatto bene, o fatto male. Ma bisogna approcciarli con mente e recettori più aperti del solito: i vini naturali attendono i curiosi alle prime armi con una gamma di esperienze che va dal familiare allo spiazzante. Alcuni presentano aromi peculiari, sentori rustici, addirittura la cosiddetta ‘puzzetta’, che li pongono al di fuori dei classici canoni della degustazione rendendoli ostici ai non avvezzi, ma amati dagli appassionati più radicali. Molti invece sono puliti e precisi, per quanto tutt’altro che scolastici, e rispondono a quelle caratteristiche fondamentali – complessità, equilibrio, territorialità – che distinguono un vino che vale la pena bere da un vino qualunque.

Vini naturali: quali scegliere

Se decidete che è finalmente giunta l’ora di esplorare il mondo dei naturali, preparatevi a un’avventura in compagnia di bottiglie e personaggi affascinanti. Prima di lanciarvi a capofitto, vi suggeriamo alcuni capisaldi utili per capire di cosa stiamo parlando e iniziare a orientarsi. Partiamo dall’aristocrazia del vino italiano, perché nulla manca a un Barolo naturale per essere un grande Barolo: provate il Serralunga o il Boscareto di Ferdinando Principiano, oppure l’Otin Fiorin Piè Franco di Cappellano, per trovare nel calice un rosso carnoso, elegante, intenso.

Le colline friulane del Collio sono la terra d’elezione di Josko Gravner, uno dei pionieri e dei massimi esponenti di questo modo di fare vino in Italia, prima ancora che diventasse consuetudine chiamarlo naturale. I suoi macerati fermentano dentro anfore interrate della Georgia e poi affinano per anni in botti di rovere: provate la sua Ribolla e il Pinot Grigio, vini travolgenti e indimenticabili. Altri notevoli produttori della regione con un approccio simile sono Radikon, Skerk, Podversic, Zidarich, Skerlj.

Dalle sue vigne sospese a metà strada fra l’Adriatico e il Gran Sasso, Emidio Pepe ottiene uno splendido Trebbiano d’Abruzzo che ha portato questa uva autoctona a livelli inattesi. Colmo di profumi e sapidità, è capace di evolversi e migliorare in bottiglia anno dopo anno – sempre che resistiate alla tentazione di berlo subito.

Approdiamo infine in Sicilia per incontrare due figure di rilievo. Salvo Foti della cantina I Vigneri è il maestro dei vini dell’Etna, che per altro non ama l’etichetta di naturale e preferisce chiamare il suo vino ‘umano’, in contrapposizione al vino ‘meccanico’. Da bere assolutamente il sensazionale Vinupetra a base di Nerello Mascalese e i due Vinudilice, rosato fermo e spumante rosé, ricavati dalle uve di una vigna secolare a 1300 metri di quota, una delle più alte d’Europa. La giovane, agguerrita e bravissima Arianna Occhipinti si è imposta negli ultimi anni come una delle interpreti più interessanti del panorama naturale siciliano e non solo: i suoi vini sono tutti buoni, figli inconfondibili della loro terra, ma spiccano per personalità il Frappato e il Siccagno Nero d’Avola.