Un sorso di mare: i migliori vini delle isole minori
Azienda Agricola Fontuccia

Un sorso di mare: i migliori vini delle isole minori

di Filippo Ferrari

Dall’Elba a Ischia, dalle Eolie a Pantelleria: alla scoperta dei vini che fanno sognare il Mediterraneo.

Nascono in vigne strappate alla roccia, assorbono sole, sale e vento, e a ogni sorso evocano la sensazione del mare. I vini delle nostre isole minori hanno qualcosa di unico, un fascino particolare concentrato nella bottiglia, per il solo fatto di venire da lì. Bianchi sapidi, passiti da sogno, rossi che non ti aspetti. Andiamo a scoprire dove nascono e cosa c’è dietro ai migliori vini isolani d’Italia.

I vini di Elba e Giglio

L’isola d’Elba ha una plurisecolare tradizione vinicola, decaduta nel corso del Novecento ma oggi tornata a livelli interessanti per mano di piccole cantine che stanno valorizzando un territorio unico, fatto di mare e monti. Si coltivano uve tipiche di quest’area del Tirreno, come l’Ansonica, e vitigni toscani come il Sangiovese e il Trebbiano (che qui chiamano Procanico). Il re dei vini elbani però è l’Aleatico, amatissimo da Napoleone nel suo esilio, strepitoso passito rosso rubino che elargisce un profluvio di sentori e di aromi, potenza e tocco vellutato. Se ne fanno poche bottiglie con metodi tradizionali; rinomato quello della cantina Acquabona, eccellenti anche quelli di Arrighi, Cecilia, La Galea e Mazzarri.

Anche al Giglio una volta la produzione di vino era florida e abbondante, e anche al Giglio è stata abbandonata con il boom del turismo e quindi riscoperta da un manipolo di viticoltori che oggi si definiscono ‘eroici’. Hanno salvato e ripristinato manciate di ettari su terrazzamenti impervi e ostili a picco sul mare, per regalarci il loro vino tipico: l’Ansonaco (o Ansonica). Un bianco avvolgente che sa di macchia mediterranea, sale e di mare. Cercate il Senti Oh! dell’Azienda Agricola Fontuccia, l’Ansonaco macerato di Altura e il Calzo della Vignia imbottigliato da Castellari dell’Isola del Giglio.

I bianchi di Ischia

Ischia ha rifornito a lungo Napoli di vino, ma lo sfruttamento edilizio per il turismo ha divorato la terra dedicata alle vigne. In un contesto comunque sempre bellissimo, sono pochi gli ettari rimasti, lavorati con passione da vignaioli che portano avanti la tradizione delle varietà locali, in particolare Biancolella, Forastera e Piedirosso (o Per’e Palummo). Su tutti Casa D’Ambra, un pezzo di storia del vino di Ischia, di cui è celebre il Frassitelli, bianco piacevolissimo di uva Biancolella. Ottimi anche i bianchi della cantina Pietratorcia, che propone inoltre un rosso di tutto rispetto, il Vigne di Janno Piro fatto con Piedirosso e Guarnaccia: minerale, diretto, senza concessioni modaiole.

I siciliani tra i vulcani

Sul terreno vulcanico delle Eolie il vino si produce dai tempi dei colonizzatori greci. La Malvasia è l’uva emblema delle isole, lavorata sia secca sia soprattutto passita, un ‘nettare degli dei’ aromatico, elegante, colore dell’oro. Emozionanti le interpretazioni delle cantine Fenech, Caravaglio e Hauner a Salina, e quelle di Tenuta di Castellaro a Lipari. Quest’ultima fornisce anche un intrigante esemplare di rosso, il Nero Ossidiana a base di Corinto Nero e Nero d’Avola, un vino caldo e ricco di note iodate di mare.

Sospesa fra la Sicilia e l’Africa, Pantelleria è arida e spazzata da raffiche impetuose, tanto che gli Arabi la chiamavo ‘Bent el Riah’, la figlia del vento. Condizioni così particolare che lo Zibibbo si coltiva ancora oggi con un antico sistema, la vite ad alberello piantata in piccole conche nel terreno, ideato dai Fenici e tramandato per via orale da generazioni. Sempre più interessanti i fermi, ma l’eccellenza assoluta è il passito: deliziatevi con il Bukkuram Padre della Vigna di Marco De Bartoli, il Mueggen e il Khamma di Salvatore Murana, lo Shamira di Basile, il Ben Ryé di Donnafugata, il passito di Ferrandes. La cantina Vinisola lavora poi uno spumante, lo Shalai, che è una vera delizia.