Intervista a Richard Orlinski, popstar dell’arte contemporanea
Credits: Hublot

Intervista a Richard Orlinski, popstar dell’arte contemporanea

di Simona Santoni

È l’artista francese più venduto al mondo, i suoi animali in pose impavide sono a casa delle celebrità, eppure la nicchia dell’arte non lo ama molto. «C’è il mito dell’artista povero, preferibilmente morto, recluso in uno studio. Io sono il contrario». Ora la sua prima mostra a Milano e un Wild Kong a cielo aperto per la città

Fiero e allo stesso tempo affabile, come le sue sculture che giocano con ombre e luci a casa di divi o per le vie delle città, Richard Orlinski ci accoglie con amabilità consapevole. In giubbotto, jeans e barba corta, con piglio da rocker. È l’artista contemporaneo francese più venduto al mondo, i suoi animali in pose impavide fanno parte di collezioni di celebrità come Paul McCartney ed Harrison Ford, ma lui sembra conservare l’anima pop tipica delle sue opere.

Lo incontriamo a Milano nella boutique Hublot Milano – Pisa 1940, sorvegliata al suo ingresso, in via Verri, da un Wild Kong di quasi due metri in blu Mick. Gorilla in resina che spalanca le fauci e serra i pugni, è un mix di ferocia e tenerezza, in un’allegoria tra animale e uomo. È uno dei soggetti più iconici della sua produzione artistica e il regalo a cielo aperto, visibile a tutti i passanti, che Orlinski fa alla città in occasione del lancio di due nuovi orologi Classic Fusion Tourbillon Orlinski e dell’inaugurazione della personale The wild Odyssey, la prima nel capoluogo lombardo, ospitata fino al 21 aprile alla Galleria Deodato Arte.

Richard Orlinski
Credits: Hublot
Il Wild Kong blu Mick di Richard Orlinski a Milano

Hublot Ambassador, artista poliedrico che è anche pittore, musicista e comico, Richard Orlinski compie 20 anni di carriera, fortemente influenzati dalla Pop Art. Il suo universo di gorilla, coccodrilli, pantere, lupi e orsi, guizzanti in cromie, spigoli e sfaccettature, ha popolato guardingo la Croisette di Cannes, si è crogiolato al sole del Miami Design District, ha vigilato sulle piste innevate di Courchevel. Il desiderio di Orkinski? Che il suo mondo animale sia visibile a tutti. Per questo molte delle sue opere monumentali appaiono per le strade di città come Parigi, Venezia e Londra. E ora a Milano.

Un Wild Kong alto 180 cm color blu Mick è il suo regalo per Milano. Come mai ha pensato a questa scultura?

«È il colore del cielo di Milano. Ho scelto il Wild Kong perché è il mio lavoro emblematico e il più vicino a noi. Gli uomini sono molto simili alle scimmie, abbiamo la loro stessa maniera di esprimerci, abbiamo un dna in comune al 99%. Trovo inoltre che veicoli un messaggio molto forte: il Wild Kong è protettivo, protegge il negozio Hublot davanti a cui è posizionato, difende i deboli. Il gorilla ha delle virtù bellissime; il film King Kong funziona proprio perché questa creatura è eccezionale, tutti noi vorremmo essere così forti, protettivi e altrettanto buoni perché l’uomo in fondo non è così buono».

Richard Orlinski
Credits: Hublot
Richard Orlinski

Giallo acceso come il sole e azzurro cielo: due nuovi orologi Classic Fusion Tourbillon Orlinski. È da otto anni che ha una collaborazione con Hublot. Riceverà molte proposte di collaborazione. Come mai Hublot?

«È molto semplice: è una collaborazione molto interessante perché Hublot mi ha permesso di essere libero nella mia interpretazione. Quando sono stato contattato mi è stato detto di fare quello che volevo. Ho piena libertà, posso partire da zero con un modello, ovviamente rispettando il mio dna e quello di Hublot. Era un matrimonio ovvio. Credo che non ci sia nessun marchio di orologi che permetta ciò. Spesso gli artisti si limitano a personalizzare un orologio mettendo due o tre pennellate di colore e stop. Io ho disegnato direttamente le forme, le sfaccettature, ho avuto una libertà di interpretazione molto intrigante. È stata una creazione, non una semplice personalizzazione».

Qual è il suo rapporto con il tempo?

«È una corsa a capofitto, inseguo il tempo. Ho sempre l’impressione di dover fare in un anno quello che gli altri fanno in dieci, è una corsa frenetica verso la finalità. Ho un rapporto molto particolare con il tempo: so che costa caro, che è importante, che è anche una forma di libertà. È qualcosa che segna la nostra vita. Quando siamo molto giovani pensiamo di avere tempo ma alla fine non ce n’è abbastanza. Per questo voglio usarlo al meglio per riuscire a fare quante più cose possibili nel passaggio accordatoci su questa terra».

Quest’anno sono 20 anni dalla sua prima opera al pubblico. Che bilancio può fare oggi? Se si guarda indietro, cosa prova per quel trentottenne che iniziava, aveva speranze, osava e non sapeva che oggi sarebbe diventato così celebre?

«Non mi rendo conto di tutto ciò, è buffo. Ho l’impressione che ogni giorno sia un nuovo inizio perché sono coinvolto in così tanti nuovi progetti, tutti interessanti: mi occupo anche di musica, stand up comedy, animazione, serie tv… Ogni volta è un’avventura così incredibile che non so cosa dire a quell’uomo di 38 anni agli inizi. Penso che non dovremmo guardarci indietro: se vogliamo essere felici dobbiamo vivere nel momento presente, né nel futuro né nel passato, anche se è molto complicato riuscirci. Al me di vent’anni fa direi quindi: “credi in te stesso, credi nei tuoi sogni, devi ascoltare la piccola voce interiore che è dentro ognuno di noi e penso che poi andrà bene”».

Perché è attratto dagli animali selvatici. Cosa le suscitano?

«Gli animali in genere interessano a tutti. Tutti da bambini siamo stati attratti dagli animali, nei cartoni animati, allo zoo, li abbiamo disegnati. È una cosa di tutti i tempi, qualcosa di romantico. I lupi, così come tanti altri animali, hanno lasciato il segno nella storia. Penso che sia qualcosa di molto umano: abbiamo bisogno di confortarci con esseri che crediamo meno intelligenti ma che addomestichiamo o combattiamo. C’è un rapporto molto particolare con l’animale, che mi affascina. In più trovo che gli animali selvatici abbiano una violenza incredibile ma usata per scopi buoni: uccidono per proteggersi o per mangiare, mentre noi invece uccidiamo per niente. A volte mi dico che forse hanno un messaggio da darci: li crediamo poco intelligenti ma forse in fondo lo sono più di noi».

Orologi Hublot
Credits: Hublot
I due nuovi orologi Classic Fusion Tourbillon Orlinski by Hublot

Ha realizzato gorilla, pantere, coccodrilli… Tra gli animali della sua collezione ce n’è uno che la rappresenta di più?

«La tartaruga. No, sto scherzando. Quello che mi rappresenta di più è il Kong perché assomiglia di più all’uomo. Quando tengo Masterclass ci sono molte persone che si paragonano agli animali in base al loro carattere e questo è divertente. Inoltre, a livello più globale, il Kong è la mia opera emblematica, c’è qualcosa di molto forte in essa».

Lei è molto popolare ma un po’ ostracizzato dalla nicchia del mondo dell’arte. Come se lo spiega?

«Chi non segue il percorso prestabilito dà fastidio. Io non ho una mappa predefinita, non sono cooptato dalle istituzioni. Faccio di tutto per democratizzare l’arte, espongo per strada, sono in tv, collaboro con marchi e questo non piace. C’è il mito dell’artista che deve essere povero, preferibilmente morto, recluso in uno studio con barba e capelli lunghi, solitario. Io sono il contrario. Lavoro insieme a 200 persone, cerco di democratizzare le opere, di dare emozioni a tutti, di aprire le porte dei musei gratuitamente. Ho appena partecipato a un programma chiamato “Première fois au musée” in cui porto i giovani di categorie sociali molto diverse in museo, facendolo scoprire e apprezzare anche a chi lo odiava».

Se Andy Warhol vedesse oggi le sue opere secondo lei cosa le direbbe? Le piacerebbe oggi poter prendere un caffè insieme a lui?

«Sì, certo, perché era un genio. È stato molto criticato perché era popolare e per la moltiplicazione e la facilità dei suoi lavori, ma ha rivoluzionato l’arte contemporanea. Penso che se fosse vissuto oggi, con internet, sarebbe stato ancora più potente e popolare. Non so cosa avrebbe detto delle mie opere ma comunque apprezzo molto il suo modo di sviluppare l’arte: ha fatto musica e cinema come me, ha avuto molte frecce al suo arco. Mi piace molto come artista poliedrico, è uno dei rari artisti che rispetto molto».

Richard Orlinski
Credits: Hublot
Una pantera di Richard Orkinski

Le sue opere sono a casa di star come Sharon Stone e Meryl Streep, ma anche per le strade di città, visibili a tutti. Qual è il suo pubblico preferito?

«Non ho un pubblico preferito. Mi piacciono la sincerità e la verità, quindi le persone vere e autentiche, che possono essere megastar o politici o medici, non esiste una regola. Non importa quello che facciamo ma chi siamo, è l’autenticità l’elemento più importante. Quando faccio stand up comedy e poi dopo lo spettacolo incontro il pubblico mi piace questa comunicazione e benevolenza reciproca. Mi piace ricevere questo scambio».

I suoi animali sono minacciosi e liberi. Possono farci interrogare sulle nostre paure arcaiche e sulla nostra animalità. Qual è la sua paura più grande?

«La morte. Ecco perché parliamo di tempo. Viviamo una frenetica corsa contro il tempo perché lo temiamo molto. È una vera battaglia per potere approfittare di più momenti possibili. Guardando attentamente queste paure, forse potremmo dominarle».

Cosa pensa dell’arte contemporanea? Quali artisti apprezza?

«Amo artisti come Tom Wesselmann, Jasper Jones, Keith Haring, Robert Indiana. Amo tutto questo movimento pop anglo-americano, figure davvero interessanti che hanno lasciato il segno nella storia dell’arte. Mi hanno ispirato molto».

Ha una collaborazione con i Giochi Olimpici di Parigi, giusto? Ci può anticipare qualcosa?

«Sì, stiamo reinterpretando il berretto frigio, il copricapo francese con la punta ripiegata sul davanti. Stiamo facendo delle piccole sculture che distribuiremo durante i Giochi Olimpici. Questo è il primo passo di tante altre iniziative».