Evan Mock

Evan Mock

«Ciao, I am Evan, ho 24 anni, nato e cresciuto a Waimea Bay, isola di O’ahu, alle Hawaii, ma in questo periodo sono impegnato a New York. Cosa faccio? Nasco come surfista e skateboarder e, da un paio d’anni, lavoro anche come modello e attore. E in questo momento fuori dal mio appartamento c’è mezzo metro di neve»

di Roberto Croci

Così si presenta all’appuntamento Zoom Evan Mock, al ritorno da set del reboot della serie tv Gossip Girl, in cui interpreta Aki Menzies: sorridente, decisamente infreddolito e con il cappuccio della felpa calato sulla fronte, mentre una delle bufere di neve più violente degli ultimi anni sta bombardando tutta la East Coast statunitense.
Visto che nevica, e fa freddo, parliamo delle Hawaii…
Fuck yeah, bro. (ride)

Com’è stato crescere nel paradiso terrestre?

Speciale. Se fai surf è uno dei posti migliori al mondo, turistico quanto basta, ma anche selvaggio, duro, tutto il contrario della vita laid back dell’isola, che certamente è una destinazione arcinota per tutti i pro surfer del circuito. Vivere a stretto contatto con i tuoi idoli, chiedere loro consigli, dentro e fuori dall’acqua, per fargli vedere cosa sai fare, studiandoli, magari con la speranza di rubare un trucco o due, è una sensazione unica, quella che per un ragazzino di New York o di qualsiasi altra grande metropoli può essere definita l’istruzione street smart, “la-scuola-della-strada”. Da loro ho imparato tutto quello che mi serviva, non solo quando erano in mare, ma soprattutto quando erano fuori: gli esercizi, la meditazione, ogni loro comportamento. Studiavo a memoria tutto quello che facevano per prepararsi ad affrontare le onde.


Ma l’istruzione “tradizionale”?

Non sono mai andato a scuola. Ho studiato a casa perché i miei genitori hanno sempre creduto che per me fosse più importante avere una profonda connessione con la natura che conformarmi a un’educazione scolastica.

Come erano allora le tue giornate?

Al mattino presto surf, tornavo a casa e facevo i compiti. Poi dalle due ero al parco come skateboarder oppure nuovamente sulla tavola da surf. Ancora oggi è la mia routine, mi alzo presto e dedico la giornata alle mie passioni.

Cos’è per te il surf?

È la mia tribù, parte importante della mia vita, della mia famiglia. Mio padre faceva pinne per tavole. E mio zio Garrett è stato il pioniere del surf estremo, è il protagonista del documentario 100 Foot Wave. Per noi la spiaggia è da sempre il nostro playground, come Central Park lo è per i newyorkesi. La spiaggia è famiglia, comunità; è un feeling che ti porta ad abbandonarti completamente alla natura senza combatterla. Fare surf significa anche tecnica, è importante conoscere le maree, le correnti, capire quando uscire o quando è pericoloso. Il Pacifico, nonostante il nome, può essere letale, soprattutto quando sei vicino a riva e cerchi di evitare le razze nascoste sotto la sabbia!


Quando hai capito che il surf poteva diventare un lavoro?

Se vivi su un’isola non hai molte possibilità, quindi fare surf ha sempre fatto parte della mia quotidianità. Come ti ho detto, la mia vita era organizzata in modo che potessi farlo ogni giorno. Poi a 9 anni sono diventato uno skateboard rat (topo da strada, ndr): avevo le stesse sensazioni di libertà del surf, così a 11 anni ho iniziato a farlo seriamente, con l’ossessione di diventare il migliore. Ancora oggi i miei genitori, ridendo, mi dicono che passavo più ore sullo skateboard che a letto. I primi soldi li ho guadagnati a 16 anni, erano 1.500 dollari. A quell’età mi era sembrata una bella cifra, di sicuro un buon inizio per cominciare a rendermi indipendente, e poi ho capito che farlo da pro mi avrebbe permesso di avere gratuitamente tutto quello che mi serviva per praticare lo sport: scarpe, board, vestiti. I was happy. Crescendo mi sono reso conto che non era solo una disciplina sportiva, ma un vero e proprio lifestyle. Diventando uno dei migliori avrei potuto coltivare tutte le altre passioni della mia vita, come la moda, per esempio: mi diverte creare un mio personalissimo stile combinando capi d’alta moda e streetwear.


Quant’è diverso recitare rispetto alle altre discipline che pratichi?

Ho iniziato per caso, mai fatto teatro, mai andato a scuola, non ho un training come molti dei ragazzi con cui lavoro nello show. Recitare può essere frustrante, a volte mi sembra di non essere in grado di ricordarmi tutte le battute, ma poi penso a quanto ho lavorato per diventare un bravo surfista e allora mi rendo conto che il mantra che mi ha sostenuto in acqua o sulla strada “never give up, never surrender” (mai mollare, mai arrendersi, ndr), funziona nella vita di tutti i giorni. Ogni sconfitta ti rende migliore, l’importante è credere in se stessi.

Gossip Girl è trendy da morire nella Gen Z: mai visto l’originale?

No, lo guardava mia sorella maggiore che ha un paio d’anni più di me. Quando ho capito che avevo ottenuto la parte le ho chiesto di raccontarmi la trama, i vari personaggi e la loro terminologia, così da non arrivare del tutto sprovveduto. Mi riferisco specialmente al comportamento “inumano” dei super ricchi dell’Upper East Side, gesti e vocabolario inclusi. Ci è voluto del tempo ad abituarmi.


Quanto dureranno le riprese?

Starò a New York fino a luglio.

Due parole sul mito dello skateboard Tony Hawk?

Oltre che The GOAT (Greatest of all Time, ndr) è l’esempio di come lo sport possa aiutare a sviluppare progetti sociali. Penso alla sua fondazione, The Skatepark Project, che promuove la creazione di piste da skate pubbliche per aiutare i ragazzi che vivono nelle comunità a rischio. Un esempio da seguire.


Se lo chiedono in molti: perché i capelli rosa?

Nessuna ragione particolare. Semplicemente li avevo rosa quando mi hanno visto con lo skateboard in quella piscina e hanno girato il video che poi Frank Ocean ha messo nel suo Instagram (un milione e quattrocentomila visualizzazioni…, ndr). La settimana prima erano blu. Tutto qui.

Nel servizio fotografico Evan Mock indossa abiti e accessori Fendi

Photos by Szilveszter Makó, Styling by Edoardo Caniglia, Grooming: Astor Hoxha @Blend Management using R+Co. Set design: Renzo Camerotto @Artificio Scenografie. Styling assistant: Federica Arcadio. Studio: Cross Studio (cross. studio).