Francesco Scianna

Francesco Scianna

L’attore siciliano è innamorato della vita. Ha vissuto tante esperienze e oggi, senza ansie, guarda avanti, sul set della seconda stagione di A casa tutti bene di Muccino

di Giuditta Avellina

Il perché Francesco Scianna faccia venire in mente certi mari siciliani è solo apparentemente connesso alle sue radici isolane e ai riccioli scuri come certi abissi. Nato a Palermo in un mite giovedì 25 marzo 1982, l’attore sa essere acqua limpida e calma, a sfioro sulla battigia, quando riflette sul vissuto. Increspatura d’onda, quando lambisce i dubbi della consapevolezza d’un adulto di 40 anni con l’animo da ventenne. Cavalca l’onda dei suoi successi: è sul set fino a novembre per la seconda stagione di A casa tutti bene di Gabriele Muccino, «un gruppo di lavoro bellissimo, un professionista stupendo come Gabriele, un viaggio splendido». C’è Conversazioni con altre donne, con Valentina Lodovini, remake di un film americano del 2015 («Ne ho amato la sceneggiatura, scoprendone una certa bellezza non scontata»). E ha vinto, qualche mese fa, il Nastro d’Argento come migliore attore in una commedia, insieme a Filippo Timi, per Il filo invisibile. Il film, diretto da Marco Simon Puccioni, racconta la storia di un ragazzo, Leone, nato in California da madre surrogata e cresciuto in Italia con due padri, Paolo (Timi) e Simone (Scianna). «Marco è mio amico. Vivere con lui, il marito Giampietro e i loro due gemelli, vedere come crescono a contatto diretto con le emozioni, è stato un dono grande. Mi sono documentato, sono andato in giro per locali, li ho osservati flirtare, ho escluso ogni filtro. Ho scoperto anche certi miei lati femminili: sensibilità, propensione all’accoglienza».


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Eppure la fotografia della realtà italiana è ancora lontana dal pieno riconoscimento dei diritti civili, la legislazione non sta al passo, il futuro delle adozioni è complesso. «E da etero sono sconcertato che in Italia, ancora oggi, non si possa vivere una libertà, che non nuoccia a quella altrui, senza essere giudicati. C’è questa paura del diverso da noi, che è paura di noi stessi. Penso che se te vedo felice, voglio copia’ da te, non romperti le palle. Forse ci sono anche alcuni poteri forti che hanno interesse a rallentare questo inevitabile progresso. Invece bisognerebbe svegliarsi, rispettare, aprirsi».

Scianna non è certo tutto serenità ed equilibrio come si immaginava a 15 anni, quando i “grandi” erano dio-padre o supereroi. «Mio padre, è stato presente affettivamente, mi ha insegnato ad avere senso pratico e un certo gusto del bello. Ma, per lavoro, è stato spesso assente, fisicamente. Questo ha pesato, ha generato conflitti in me. Non potevo lasciarlo per sempre sul piedistallo. Crescendo ho elaborato, ho scoperto che puoi essere figlio e vederlo a volte come supereroe, altre come amico ed essere umano perfettibile. È stato così anche con mia madre: a lei devo il gusto dell’arte, della bella follia».


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«Quante belle e necessarie esperienze ho vissuto. Sento l’istinto paterno, vorrei una compagna, magari accadrà. Niente ansie, lecco le ferite del passato, vado avanti con gli occhi innamorati della vita, ovunque vorrà portarmi», ammette l’attore siciliano, impegnato fino a novembre sul set della seconda stagione di A casa tutti bene di Gabriele Muccino.

Follia come quando, a 18 anni, Francesco parte per Roma per frequentare l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ma poi torna “giù” a casa per un breve periodo, dopo il primo anno, deciso a mollare tutto. Salvo poi, coup de théâtre, rientrare nella Capitale. La svolta in una telefonata. «Mi dissero “a France’, sei stato eletto papa: Cristina Comencini ti vuole ne Il più bel giorno della mia vita”. Risposi qualcosa di stupido, ero sconvolto. “Ma posso stare un po’ su e un po’ al mare in Sicilia?”. Era paura di distanziarmi dalle radici. Sai, da piccoli andavamo al mare a Mondello. Ci abbronzavamo – spesso in realtà ci ustionavamo, piuttosto – perché eravamo convinti così di piacere di più alle ragazze. E però, cuccava sempre il mio amico biondo e con gli occhi azzurri. Quell’anno non mi abbronzai. Ma qualche giorno dopo chiamai mia madre e le dissi che stavolta ero felicemente bianco latte». Quell’estate senza mare è stata l’inizio di un periplo fortunato – dal Giuseppe “Peppino” Torrenuova di Baarìa di Giuseppe Tornatore a La mafia uccide solo d’estate (serie tv) di Luca Ribuoli – di una sequela di successi al cinema e in tv, della consapevolezza che “casa” è ovunque: in sé, nei ricordi preziosi. «La pasta col nero di seppia di nonna, giocare a calcio con gli amici di sempre, suonare in tre gruppi musicali, fare il bagno a Sferracavallo, nuotare a Marettimo».


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“Non escludo il ritorno”, per dirla con Franco Califano? «Almeno tre o quattro volte l’anno me lo chiedo, penso che comprerei anche casa “giù”. Vuoi mettere stare in un posto come quello, a dimensione d’uomo, con tanta bellezza? Ma il tempo non è oggi». Oggi è quell’energia propulsiva che lo spinge a scoprire, viaggiare, non farsi travolgere dalla saudade. «A 22 anni andai a New York – per la prima volta così lontano da casa – e mi scoprii fragile. Immagina un riccio di mare siciliano a Union Square. Ero spaesato, impreparato, piccolo». Poi ha imparato a rispettarla, la paura, a lasciarsi attraversare. «Ancora oggi ho paura, a volte. Di non essere forte abbastanza per affrontare le sfide della vita. Di non sentire più, all’improvviso, il desiderio di fare l’attore. Farei altro. Collaborerei con il WWF perché amo gli animali, mi cimenterei come regista in teatro, allestirei uno spazio culturale. Poi però mi dico che è meglio non fare troppi piani, non struggersi per l’incontrollabile, volersi bene, vivere nell’oggi. E comunque, oggi, se m’incontrassi per strada, mi darei una pacca e mi direi “oh, bravo”».

Certo, ci aggiunge anche qualche schiaffo – «ma con una mezza carezza dietro» – per non essere stato bravissimo a gestire certi rapporti, per qualche storia chiusa, per non essere stato pronto a condividere. «Da giovane ero molto concentrato sulla mia realizzazione. Crescendo sono sopraggiunte la comprensione, la formazione. Oggi mi dico: quante belle e necessarie esperienze ho vissuto. Sento l’istinto paterno, vorrei una compagna, magari accadrà. Niente ansie, lecco le ferite del passato, vado avanti con gli occhi innamorati della vita, ovunque vorrà portarmi». Intanto l’attore, nel presente, si divide tra impegni professionali e svago: suonava la batteria e oggi si cimenta con chitarra e piano («A orecchio, anche certi notturni di Chopin eh»). Legge i classici della letteratura, da Tolstoj e Roth a Hesse («La cultura ti dà armi e superpoteri per affrontare la vita»), ascolta Blanco come Lucio Dalla e De Gregori, ogni tanto scrive canzoni («Tanti anni fa, lasciato da una ragazza, scrissi questo pezzo, in una notte inglese, e glielo dedicai. Esiste un cd, anzi chissà che un giorno non lo pubblichi»).


Pantaloni e mocassini Tod’s

Il bilancio è in positivo, dunque. Della sua infanzia Scianna butta via solo certe divisioni di ruoli “l’uomo fa questo, la donna fa quello”. «Io voglio cucinare, “fare i piatti”. Quando ero piccolo vedevo mio nonno alzarsi alle 4 del mattino per andare a zappare, nonna cucinava. Forse era collaborazione e basta, era una mia percezione errata vederci delle disparità. Come quando, a tavola, mi infastidiva che la possibilità di parola fosse talvolta dei grandi o prima degli uomini». Della sua Sicilia, invece, conserva un’esclamazione, che lo fa ancora molto sorridere. «Quando incontro una persona che ha duemila personalità, per prenderla in giro gli urlo in siciliano: “Quanti siaaaammu”. E in fondo lo direi anche a me stesso: “France’, quanti siamo?”». Il vissuto, i dubbi, la Sicilia. «La bellezza della sua storia, il rispetto della famiglia e dei valori, una grande umanità. C’è qualcosa in me che ricorda un’eleganza d’altri tempi, gattopardiani. E poi c’è la mia anima, che è passionalità, terra. E il mio mare isolano». E lo si capisce che per Scianna il mare è anche metafora. Che è un artista intelligente e di talento, che lecitamente impara a stare in piedi anche sulle sfumature del proprio mare interiore. Lo fa pure sulla tavola, in certe assolate spiagge romane, ché il mare siciliano sarebbe più imprevedibile. «Per questo ho iniziato a fare surf a Ostia. Prendo la tavola, faccio certi voli! La mia vita è mare. Cado, monto su di nuovo, scopro, mi mentalizzo a come un giorno sfiderò l’onda. Non è così che si impara a surfare?».

In apertura, l’attore indossa cappotto e camicia Tod’s

Photos by Laura Sciacovelli, Styling by Ilario Vilnius, Grooming: Giulio Ordonselli. Styling assistant: Federica Arcadio. Si ringrazia Soho House Rome (sohohouse.com).