Matteo Oscar Giuggioli

Matteo Oscar Giuggioli

La personalità del giovane attore milanese buca l’obiettivo, esaltata dall’eleganza impeccabile della sartoria napoletana. Queste fotografie immortalano un’evoluzione estetica e concettuale, quella di Kiton, che quest’autunno infonde nuova linfa alla tradizione, creando un guardaroba ripensato in proporzioni, materiali e vestibilità. Il bianco e nero disegna silhouette pulite, la luce anima le trame di cashmere preziosi, mentre l’abito formale si alleggerisce

di Natascha Lusenti

Ha fame, va di fretta e una delle sue paure più grandi è svegliarsi un giorno e dire: «Cazzo, ho 50 anni, ma se quella volta invece di stare a letto fossi uscito?». Ripeterà la parola “fame” 12 volte e tre volte “50 anni” come termine ultimo entro cui aver combinato qualcosa, in un’intervista di un’ora che deve essergli costata fatica, come quando era costretto sul banco di scuola. «Mi mette molta ansia stare seduto perché il tempo mi fa una paura fottuta, cioè io lo sento abbastanza lucidamente il tempo che passa». Succede a chi sente stretto il pezzo di mondo che gli è capitato, anche se ritiene sia stata una fortuna nascere lì e con quelle persone: «Non sono nato in Zimbabwe senza l’acqua quindi per quello, sì, sono stato fortunato» e per avere avuto una madre che ha fatto da mamma e anche da papà «rispetto a uno che ha il padre che lo picchia». Per il resto, è allergico alla fortuna quanto il giovane Holden: «Il mio lavoro non è fortuna; le cose che faccio le faccio perché mi sveglio la mattina e studio».


Total look Kiton

«La vita va  spolpata, tutta, anche  se fa male, se fa paura, sennò poi ti svegli,  hai 50 anni e dici “dovevo fare di più”».

Esordiente a 16 anni – oggi ne ha 21 – nel film di Francesca Archibugi Gli sdraiati, tratto dal libro di Michele Serra, ha lavorato con Filippo Timi e Francesco Scianna in Il filo invisibile, di Marco Simon Puccioni, e Succede, adattamento di Francesca Mazzoleni del romanzo della star di You Tube Sofia Viscardi. Lo vedremo presto in Billy, opera prima di Emilia Mazzacurati, uno dei film che l’hanno fatto crescere di più. Mi racconta la trama e comincia a svelarmi anche quella dell’altro film che sta per uscire, Suspicious Minds, di Emiliano Corapi, ma poi ci ripensa: «Non so se lo posso dire», allora non dirlo, «ma manco la trama di Billy non so se la potevo dire, confido nella tua…», sì, certo, tranquillo, e però subito riattacca: «Poi deve uscire un film che si chiama… anche lì, non so, vabbè te lo dico così lo sai». È My Soul Summer, in cui ha interpretato «un ruolo piccolissimo, però ero curioso di lavorare con Fabio Mollo». Curiosità ripagata dal premio Next Generation Awards alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ma è soltanto «un finger food, poi ce ne sono altri dieci, poi c’è l’entrée, magari te ne fai due (ride), poi c’è il primo, poi c’è il secondo, poi il dolce». Un solo primo? «Sì, non bisogna essere ingordi». Lasciamo qualcosa agli altri. «Un mio amico mi ha detto “frate’, oh, va’ che non è una gara, non devi battere nessuno”».


Total look Fendi

Ai provini sì, però, e figuriamoci se vieni da Milano, con quell’accento: «Non so a quanti provini mi hanno detto “se sente che sei de Milano” eh, cazzo, “e te se sente che sei de Roma”». A Roma, però, c’è il cinema. «Lo spostiamo». A Milano? Ride. No, no, però «ci son dei ragazzi qua in cui credo molto» e speriamo «che costi di meno girare qui, perché è assurdo che se un film è ambientato a Milano tu lo debba girare metà a Roma perché la Lombardia Film Commission non dà fondi».  Mancano pochi giorni alle elezioni politiche del 25 settembre. Andrà a votare? «Sì, certo, m’incazzo abbastanza coi miei amici che non vanno a votare». I ragazzi che stanno smontando il set fotografico su cui Max Vadukul l’ha ritratto per Icon gli passano il cellulare che ha lasciato sul tavolo. 


Trench, camicia, pantaloni e stivali Moschino

Gli chiedo cos’è per lui quell’affare: «Una rottura di coglioni. È alienante, stupido e non ci lascia nulla». Una dipendenza? «Esatto, non mi veniva: non è una scelta, io un sacco di volte chiudo Instagram, poi lo riapro senza neanche accorgermene… Mi mette una grande ansia, perché son consapevole che una delle prime cose che fa una persona, me compreso, quando ne conosce un’altra, è andare a cercarla su Instagram». Ma è troppo facile puntare il dito contro i giovani: «Mia mamma sta su Instagram quanto me, il papà del mio amico ci sta tanto quanto il mio amico». Il problema, però, rimane, così come non gli sta bene che tutte le sue emozioni – tristezza, malinconia, felicità – derivino dal lavoro. Gliel’ha fatto notare «un amico grande, Niccolò Agliardi», autore, che l’ha invitato a investire sulla sua anima. Perciò a fine ottobre partirà per Cuba, la prima destinazione che ha trovato sul sito di un’agenzia. Sarà un viaggio di gruppo, ma con sconosciuti: «Pensavo di buttare in mezzo qualche amico però ho detto no, è giusto che questa cosa la faccio da solo, è formativa».


Total look Moschino

 È ora di crescere. «Purtroppo quest’anno ho preso una… triste decisione: mi sa che con la Play ci salutiamo. Dai, basta a un certo punto». Sarà che ha perso la colonna della famiglia, il nonno. È morto un anno fa, «come un re, a 86 anni, dopo una breve malattia, a casa, coccolato, abbracciato, accarezzato da tutti. Non ho rimpianti, ho fatto quello che dovevo fare, c’ho passato insieme il tempo che ci dovevo passare, gli ho detto le cose che dovevo dirgli e lui a me». Una fortuna, ma è meglio non dirglielo. «Questa cosa mi ha insegnato che la vita va spolpata, tutta, anche se fa male, se fa paura, sennò poi ti svegli, hai 50 anni e dici “dovevo fare di più”». Forse si sente spolpato pure lui, dall’intervista: appena libero si avventa su quel che è rimasto del catering e ingoia una brioche dopo l’altra. Ha fame.

Photos by Max Vadukul, Styling by Ilario Vilnius, Grooming: Giuseppe Lo Russo @Blend. Styling assistant: Federica Arcadio