Niall Horan

Niall Horan

Se ormai lontano è il successo planetario con gli One Direction, attualissima è la fortuna che Niall Horan gode anche da solista. Appena uscito il terzo album. Titolo emblematico: The Show, e lo spettacolo non potrebbe andare meglio di così

di Leonardo Clausi

Proprio perché questa è la nuova età dell’ansia (dal titolo del poema di W.H. Auden The Age of Anxiety, 1947, e della Sinfonia n. 2 di Leonard Bernstein a esso ispirata, 1949) la sanità pubblica dovrebbe prescrivere, urbi et orbi, l’ascolto di Niall Horan. Come ansiolitico, tonico per la psiche, ricostituente emotivo. Davvero, chi altro nel mondo del soft rock odierno è altrettanto capace di sintonizzarsi per dieci brani su una lunghezza d’onda altrettanto balsamica, senza mai sconfinare nel dramma o nella commedia, come fa Horan nel suo The Show, terzo album da che il nostro si è messo in proprio dopo la liquidazione degli One Direction™, (boy)band che se la giocava con i Beatles quanto a vendite? Nemmeno l’assai più gettonato collega Harry Styles, con il suo impenitente bowie-ismo che tanto ha indispettito Tony Visconti. 


Il trentenne Horan non ha simili velleità. Gli chiederemmo tranquillamente di andare a prendere nostra figlia a scuola tanto è… fragrante? È dal 2016 – senza soste tranne quella, forzata, della pandemia – che scrive musica e la porta in tour. Un moto perpetuo di tre album, l’artigianato febbrile di un entertainer scrupoloso e devoto a un mestiere nel quale è cresciuto grazie alla scorciatoia talvolta brutale con cui i talent show hanno cortocircuitato la discografia e l’industria della A&R (Artists and Repertoire).Lo intercettiamo mentre si sposta in auto, sempre busy as a bee. «Sono appena ieri tornato dall’America. Oggi sono a Liverpool. È un viaggiare continuo, passo la maggior parte del tempo con il jet lag». Della sua ultima fatica discografica, che diventerà il clou dell’omonimo The Show Live on Tour, con tappa italiana il 21 marzo 2024 al Mediolanum Forum di Milano, è comprensibilmente soddisfatto: «Ho passato parecchio tempo a scriverlo e a produrlo durante la pandemia e l’anno successivo. Sono contento, la risposta è stata molto, molto interessante in tutto il mondo». Cosa che non sorprende, vista la qualità melodica dei brani, bagnati dalla luce californiana di Laurel Canyon, con armonie vocali alla Beach Boys e rimandi a Eagles e Fleetwood Mac. «Mi sono fidato di poter scrivere una canzone. Sapevo di avere la capacità di farlo. Dovevo solo avere fiducia e credere che nel prendere in mano la chitarra, o sedendomi al pianoforte, ne sarebbe venuta fuori roba buona. È andata, ma non si sa mai. Devo tenere la testa bassa, lavorare sodo e vedere».


Maglia Loro Piana, pantaloni Prada,scar- pe Giorgio Armani.

Gli anni 70 sono stati la sua prima introduzione alla musica attraverso i dischi (i “vinili”, come dicono gli hipster) che galleggiavano in giro per la casa; l’innamoramento vero e proprio è scattato però «quando mi sono reso conto della mia fortuna a essere cresciuto con questa musica, che è rimasta con me fino a oggi. I miei avevano una grande collezione di album. Ne ascolto molti anche ora. Quando lavoro in studio uso spesso desk analogici, è una parte importante del suono che cerco». A proposito della ricerca del suono “organico” che i bit non sono in grado di impersonare fino in fondo, cosa pensa della “minaccia” dell’intelligenza artificiale, ora che a scendere in piazza a protestare contro la propria obsolescenza coatta sono anche i creativi dello spettacolo? «L’intelligenza artificiale può davvero tanto, ma non darti quella sensazione che chiamerei il tocco umano. Non sarebbe in grado di scrivere Hey Jude o un qualsiasi altro capolavoro. Gli umani avranno sempre il sopravvento».


Cappotto e T-shirt Dolce&Gabbana.

L’irlandesità di Horan è un elemento di spicco della sua persona, quell’orgogliosa affabilità che ha reso il suo Paese una superpotenza culturale a dispetto delle dimensioni. E che gli è valsa l’ospitalità nientemeno che del POTUS, pure lui erede della diaspora celtica. «Per essere una nazione così piccola, la rilevanza che abbiamo sul pianeta è stupefacente. Solo cinque milioni di abitanti, eppure la nostra cultura del bere, la vita notturna, la tradizione musicale o letteraria sono note ovunque. È qualcosa che tengo in grande considerazione e voglio mostrare il più possibile. E sì, sono stato invitato a Washington per incontrare Joe Biden». Comprensibilmente, la cosa lo esalta: «È pazzesco che uno da una cittadina come la mia (Mullingar, Irlanda nord-occidentale, ndr) si ritrovi a suonare per il Presidente degli Stati Uniti alla Casa Bianca. Ancora non riesco a crederci». Per tacere poi del fatto che, dalla società particolarmente bigotta e conservatrice che era, l’Irlanda si ritrovi a essere una delle più avanzate e liberali d’Occidente. «Non sono sicuro di cosa l’abbia reso possibile, ma ne sono molto orgoglioso. È stato bello vederla diventare uno dei primi Paesi ad avere il matrimonio gay, per esempio. E sono fiero che stia facendo da catalizzatore per il cambiamento in altri Paesi».


Giacca Loro Piana,T shirt Brunello Cucinelli, jeans Levi’s.

E gli U2, quest’emergente gruppo di connazionali, li conosce? Ci collaborerebbe? «Alcune delle mie canzoni preferite di tutti i tempi sono degli U2, loro alcuni dei migliori show cui sia mai stato. Sarebbe fantastico farci qualcosa se mai me lo chiedessero». Provenire da una delle band più vendute al mondo significava un arduo precedente con cui confrontarsi. Ma Niall Horan se la cava ottimamente. Impossibile astenersi dal chiedergli di confermare o smentire le solite voci internettiane su una reunion degli 1D. «È un periodo impegnativo per tutti, ma no, non che io sappia. Siamo spesso in contatto, ma ognuno fa le proprie cose. Louis è in tour in America, Liam pensa alla sua musica, Harry è impegnato nel più grande tour del mondo… Anzi, se senti di nuovo parlare di una reunion, per favore avvertimi».

Photos by Bruno+Nico Vanmossevelde, styling by Edoardo Caniglia, Hair: Pierpaolo Lai @Julian Watson. Styling assistant: Valentina Volpe.