Noah Schnapp

Noah Schnapp

Forse il suo nome non è molto noto, ma tutti conoscono il ragazzino apparentemente fragile ma determinato di Stranger Things, di cui è protagonista dall’età di 11 anni. Diventare una star così precocemente, però, non gli ha dato alla testa. Oggi Noah è un 17enne intraprendente, impegnato a gestire al meglio la sua carriera. E non solo quella di attore…

di Federico Bernocchi

Per chi è nato nella seconda metà degli anni Settanta, come chi scrive, Stranger Things sembra essere stato pensato e scritto sbirciando tra i nostri post nostalgici su Facebook. E sì, solo noi nati nella seconda metà degli anni Settanta usiamo ancora Facebook. Quel mondo con cui siamo cresciuti: le piccole cittadine di provincia americane tanto probabilmente noiose quanto per noi eccitanti ed esotiche, i bambini con un taglio di capelli a scodella sempre in giro in bicicletta, i segreti nascosti in soffitta, i mostri sotto il letto e quella grotta nel bosco che ci fa più paura del dovuto.


I Duffer Brothers, creatori della serie, sono riusciti nel difficile intento di prendere tutto quel bagaglio estetico e narrativo per creare qualcosa di nuovo. Merito del successo della serie, arrivata alla quarta stagione, in onda su Netflix, è anche del cast che ha lanciato una lunga fila di nuovi, giovanissimi, talenti. Tra questi c’è Noah Schnapp, nato nel 2004, folgorato sulla via della recitazione dopo aver visto Annie a Broadway. A 8 anni di età il suo insegnante di recitazione, intuito il talento del ragazzo, gli ha consigliato di trovarsi un agente. E aveva ragione, visto che a soli 11 anni è nel cast di Stranger Things.


Nella serie interpreta Will Byers, il primo tra loro ad avere un assaggio del Sottosopra, un’altra dimensione infestata di demoni. «Sì, ma nel frattempo il mio personaggio è cresciuto tantissimo», racconta: «nella prima stagione è stato strappato dal suo mondo, dalle persone che amava, dai suoi amici. Una volta che torni da un’esperienza del genere, beh, non sei più lo stesso. È come se il mostro fosse ancora un po’ dentro di lui, lo si può notare nelle piccole cose, nella sua vita quotidiana. In questa quarta stagione, mentre i suoi amici sono rimasti a Hawkins, lui è in California, circondato da personaggi nuovi. È un pesce fuor d’acqua che deve fare i conti con un mondo per lui totalmente nuovo. Questa volta non deve affrontare il Demogorgone o il Sottosopra, ma la sua nuova vita da studente».


A proposito di scuola, Noah nella vita reale, fuori dal set, è stato da poco ammesso alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania, la più importante business school degli Stati Uniti, se non dell’intero pianeta. Quello che si dice un colpaccio. «Recitare per me viene prima di tutto: è il mio lavoro, la mia passione e la mia priorità. Ma al tempo stesso ho sempre voluto fare esperienze nuove ed espandere la mia conoscenza. Ecco, secondo me il passo successivo è fare business, impresa. Poter frequentare una scuola del genere è una grande occasione per me». 


Mentre sento queste parole penso che, vabbè, certo, il business, fare impresa… ma parliamo comunque di un ragazzino non ancora maggiorenne. Cioè, dall’immaginare queste cose su un banco di scuola a renderle realtà il passo è lungo. Ci pensa Noah a mettere a tacere il boomer che è in me: «Sto lavorando su più fronti al momento: sto investendo su alcune compagnie, da poco sono diventato consulente per una app che si chiama ROLL che permette ai fan di abbonarsi per vedere le fotografie e i contenuti privati delle celebrities che seguono. E poi c’è il mio grande progetto, TBH, To Be Honest». Mentre penso che a 17 anni il mio grande contributo alla società è stato imparare ad andare in skateboard, trovo il coraggio di chiedergli che cos’è TBH. «Si tratta di una crema spalmabile al gianduia, cacao e nocciola. Lo so a cosa stai pensando: è buona come la Nutella, ma non c’è l’olio di palma. Sai cosa significa questo? Ha un impatto totalmente differente sull’ambiente. Sono riuscito a mettere insieme il mio amore per la Nutella con la sostenibilità». C’è qualcosa che non torna: i ragazzini che hanno interpretato i film che Stranger Things cita, il Corey Feldman dei Goonies, la Drew Barrymore di E.T. – L’Extraterrestre, appena raggiungevano la notorietà passavano il loro tempo libero a bere e drogarsi al Club 54 a New York. Quella, nel bene o nel male, è la Hollywood con cui noi siamo cresciuti.


Noah sembra essere di tutt’altra pasta: è sveglio, ha fiuto per gli affari e sembra saper già gestire al meglio la sua carriera. «Voglio fare delle scelte intelligenti riguardo al mio futuro e al mio lavoro. Ho la fortuna di essere circondato da persone che mi amano – la mia famiglia, i miei amici – che sanno consigliarmi e supportano ogni mia scelta. Personalmente mi sento molto fortunato ad avere dei fan che mi vogliono bene, ed è importante per me continuare a essere un modello positivo per loro». 


Pensavo di chiedergli quale fosse il suo Goonies preferito, se Data o Mouth, ma forse è meglio soprassedere. Anche perché Noah, cinematograficamente parlando, è cresciuto con altri riferimenti. «Anche se ormai mi sembra di essere cresciuto negli anni Ottanta, i miei primi amori cinematografici sono tutto l’Universo della Marvel, vado pazzo per Spider-Man, oppure Avatar, che penso sia il primo film che ho visto al cinema. Quello è il mio background». Vedi, mi dico, che alla fine è un ragazzino. «Ah, e poi tutto quello che ha fatto Tom Hanks. Lui è il mio riferimento per quanto riguarda la recitazione. Nel mio primo film, Il ponte delle spie di Steven Spielberg, ho avuto la fortuna di stare al suo fianco ed è stata un’esperienza lavorativamente parlando senza eguali». Dannazione, Noah Schanpp: colpito e affondato.

Abiti Fendi

Photos by Tyler Kenny; Styling by Charles Ward;  Hair: Kennedy Trisler. Make up: Rania Zohny