Simone Baldasseroni

Simone Baldasseroni

È nato rapper, è rinato attore. A 25 anni Biondo, alias Simone Baldasseroni, sta vivendo la sua seconda vita grazie al cinema e, a chi lo critica, promette: «Li farò ricredere». L’occasione è il suo primo ruolo da protagonista nel film Netflix “Fabbricante di lacrime” di Alessandro Genovesi

di Patrizio Ruviglioni

«Ma a me piacciono i fischi. Mi piace essere odiato, sottovalutato. Lo ricordo già dai tempi della televisione: il pubblico mi contestava, io li lasciavo fare. Sono qui per stupire». Anche i belli piangono, e Biondo – cioè Simone Baldasseroni, nato nel 1998 a Roma – l’ha capito bene. Quando dice così, infatti, lo fa nel modo esatto in cui ce lo si immagina: come un pugile suonato, ancora ferito, che incassa ma a ogni colpo intanto diventa anche più cattivo, tosto, tenace; ma anche come uno che ha imparato la lezione, e sta preparando la propria rivincita.

Simone Baldasseroni
Tutto Fendi

Il fatto è che a 25 anni ha già vissuto due vite. Nella prima, ci sono state soprattutto le promesse non mantenute e le botte prese. Ha cominciato come rapper zuccheroso e i capelli, appunto, biondissimi, in un misto tra hip hop e pop romantico, passato per Amici nel 2018 e che parlava agli adolescenti. «I miei riferimenti erano Drake e Justin Bieber fin dal liceo. Sono stato tra i primi in Italia a usare l’autotune. Non dico di aver anticipato nessuno, solo che già all’epoca mi riempivano di critiche: ci sono abituato».

Ci ha creduto, non rinnega niente, ma quel mondo, ammette, non era la sua tazza di tè. Ha capito che la realtà non è così semplice, e non ne parla volentieri: dopo un anno «era già tutto finito, chi mi stava intorno era sparito, ero solo a Milano e rischiavo di dover tornare casa dei miei». È stato lì che ha cominciato a recitare, su proposta “irrinunciabile” del manager. E adesso, anche in questa conversazione, non appena può precisa di sentirsi più attore che musicista. È la sua seconda vita: «Al cinema c’è meritocrazia».

Simone Baldasseroni
Giacca Roy Roger’s, maglia Altea

La testimonianza più lampante di questa sorta di giustizia che dà a chi evidentemente deve avere, spiega, esce ad aprile su Netflix e s’intitola Fabbricante di lacrime. Diretto da Alessandro Genovesi, il film è un adattamento del romanzo di Erin Doom, dove Biondo interpreta il protagonista, Rigel. Per farlo, ha dovuto tra l’altro rinunciare ai soliti capelli biondi. Ma non è Roberto Baggio che si taglia il codino prima dell’ultimo Mondiale: non è un rito di raccoglimento, una penitenza, una forma di rinascita. Piuttosto, siamo sempre lì: «Leggo spesso i commenti sui social: “Ma come, hanno scelto Biondo per un ruolo del genere?”. Ci andassero giù pesante. Li farò ricredere».

E d’altronde è sempre lì pure lo scetticismo generale nei suoi confronti, intatto come, va detto, la sua autostima. Sembra la commedia cult Zoolander, in cui un gruppo di modelli capisce che, forse, c’è dell’altro oltre all’essere “belli-belli in modo assurdo”, ma quando finalmente si decidono a sporcarsi le mani nessuno li prende sul serio. Anche Biondo, che è bello e anche tanto, è stato risucchiato dai pregiudizi per cui se sei di buon aspetto allora non sai fare niente. Sta a lui, ora, provare a uscirne. Un primo passo è stato continuare a pubblicare canzoni come sempre, però da indipendente. «La soddisfazione è diversa, l’obiettivo ora è avere il pieno controllo della mia immagine. Per chi viene dal mio percorso non è semplice: la televisione la annacqua senza che uno se ne renda conto».

Simone Baldasseroni
Maglia Brioni, underwear Wayerob

Più che i risultati, dice, è stata questione di merito. Ma di nuovo, non è tipo da cesure: «Tutto torna. Ho cominciato a recitare con Marco Giallini e Vincenzo Salemme in È per il tuo bene, nel 2020. Loro sono due giganti, sul set improvvisano: il copione è uno spunto, niente di più. Ma fare il rapper mi aveva preparato all’eventualità, e mi sono trovato a mio agio». Certo, da lì a Fabbricante di lacrime il passo è stato pure troppo breve – non si era mai cimentato in un ruolo così impegnativo, e aveva poca esperienza sul set. Le parole chiave sono state “lavoro” e “sacrificio”, che significano tutto e niente, ma che a lui sono servite, anche solo come concetti per non guardare giù, per non farsi prendere dalle vertigini.

«Un passo alla volta. Ho superato provini duri e mi sono sottoposto a tanta palestra, tutte le mattine presto. E poi ho studiato dizione, su cui ero carente. Ovviamente ci sono stati momenti in cui stavo per mollare, ma mi ripetevo che ne sarebbe valsa la pena. E vedendo il risultato finale, ne sono convinto». Sul resto, glissa: si capisce che c’è ancora del rammarico, che questa è un po’ la sua vendetta, che vuole godersi l’effetto sorpresa o almeno tornare a giocarsi le sue carte. «È il progetto più importante cui ho preso parte finora».

Simone Baldasseroni
Tutto Fendi

Su una cosa, però, si sbilancia: interpretare Rigel – bello pure lui, ma crepuscolare – è stato come andare in terapia («Ho indagato su tanti lati di me stesso»), l’ha aiutato a crescere e ad avere una visione nuova sul successo stesso, che aveva perso e adesso, forse, ritroverà. Già, cos’è adesso il successo? «È non mangiarsi i soldi, ma investirli. E soprattutto, è una cosa che ho ripreso da solo, senza scorciatoie. Voglio imparare meglio l’inglese, recitare a livello internazionale. Diventare un’icona, uno che ispira le persone. Ho quasi finito di ripulire la mia immagine da cantante per adolescenti. Vedrete».

In apertura Simone Baldasseroni in total look Fendi. Photos by Giampaolo Sgura, styling by Edoardo Caniglia. Grooming: Kiril Vasilev @Green Apple. Styling assistants: Emily Cervi, Jacopo Ungarelli, Valentina Volpe.