Vincenzo Crea: la New Generation del cinema italiano

Vincenzo Crea: la New Generation del cinema italiano

Del cinema ama l’emozione, della moda la personalità. La rising star del cinema italiano si racconta in questa intervista con Icon.

Ph.Vanmossevelde+n
di Silvia Perego

Come ha dichiarato una volta Patti Smith, “I’m here right now and I want right now to be the greatest time”. Quindi forse è vero, non c’è periodo migliore per avere 20 anni». In questa affermazione di Vincenzo Crea, classe 1999, è racchiusa tutta la determinazione di chi non vuole perdere tempo, anzi, di chi è sempre stato deciso rispetto a quello che voleva. Anche quando era un bambino. «Ho iniziato a recitare a 10 anni ma non so dire con precisione quale sia stato il momento in cui ho capito di voler diventare un attore. Non è successo dall’oggi al domani, è come se lo avessi sempre saputo. Mentre guardavo i film riuscivo a creare un’empatia con le storie che venivano raccontate, mi emozionavo e al tempo stesso scoprivo me stesso; così ho capito chi volevo essere davvero». Un carattere, quello di Vincenzo, completamente diverso da quello dell’ultimo personaggio che ha interpretato nell’adattamento del romanzo Gli indifferenti di Alberto Moravia, al fianco di Valeria Bruni Tedeschi. «Michele è sempre contraddittorio, in quello che fa, in come si comporta. Riuscire a comunicare la totale assenza di emozioni, mantenendo allo stesso tempo un fuoco interiore costante, non è stato facile. 

Appena ho letto la sceneggiatura ho pensato subito che sarebbe stata un’esperienza molto pesante però non vedevo l’ora di immergermi nella storia. Tutti gli elementi di cui avevo bisogno, in realtà, erano già lì». Un film che porta in scena diversi stereotipi sociali e una gioventù schiava dell’apatia, temi su cui l’attore invita a riflettere: «La mia generazione ha una grande possibilità, quella di creare un mondo sempre più inclusivo, aperto e libero da categorie e pregiudizi. Anche grazie al cinema e alle serie di successo, sempre di più, oggi, sento che c’è la comprensione del fatto che non esistono confini specifici, sia nella definizione dell’identità personale sia nella definizione di quella altrui. Ritengo invece che i social e tutto il mondo digitale rappresentino un’arma a doppio taglio, con cui bisogna fare attenzione». Come ha potuto sperimentare in The App, film del 2019 diretto da Elisa Fuksas e firmato Netflix, in cui ha avuto il suo secondo ruolo da protagonista dopo I figli della notte di Andrea De Sica, con cui nel 2017 si è guadagnato una menzione speciale al premio Biraghi. E se quello nel cinema è stato un percorso naturale, l’incontro con la moda è stato una sorpresa: «Ho sfilato per Gucci nel 2018 ed è stato molto divertente. Volevo indossare quegli abiti disegnati da Alessandro Michele che, oggi, si sono trasformati in un linguaggio universale. Perché, come ha detto Miuccia Prada durante la conversazione con gli studenti alla fine del suo ultimo show, i vestiti arrivano alla fine. Sono un modo per esprimere al meglio la tua identità ma devi fare prima un tuo viaggio di scoperta, costruire, capire chi sei, cosa vuoi dire, solo poi puoi divertirti».

Fotografie: Vanmossevelde+n

Styling:  Edoardo Caniglia

Styling assistant: Federica Arcadio

Grooming: Astor Hoxha @CloseUpMilano using Redken Brews Outplay