Calvin Klein, 80 anni per lo stilista del minimalismo
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Calvin Klein, 80 anni per lo stilista del minimalismo

di Digital Team

Ha rivoluzionato la moda di fine Novecento, dai jeans all’intimo ai profumi, con gusto essenziale e raffinato e campagne pubblicitarie al limite dello scandalo

Calvin Klein o niente. «È divertente vedere la mia etichetta sul posteriore di qualcuno»: parole dell’uomo dietro il marchio, lo stilista americano re del minimalismo che ha riscritto il lusso virando su praticità e freschezza, immancabilmente in chiave sexy. Punto di riferimento della moda e della cultura pop degli anni ’90, il brand innovatore del denim e dell’intimo è talmente iconico da essere paradossalmente quasi più risonante del suo stesso ideatore. «Ho incontrato persone che non sapevano nemmeno che esistesse un Calvin Klein; pensavano fosse solo il nome di un marchio». Ma Mr. Calvin Klein esiste eccome. E il 19 novembre compie 80 anni.

Calvin Klein
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Lo stilista Calvin Klein posa per un ritratto dietro le quinte prima di una sfilata di moda per People Magazine nel 1979 a Los Angeles, California

L’influenza di Calvin Klein

Dai jeans all’intimo, dal prêt-à-porter ai profumi, Calvin Klein ha dominato il mondo della moda per decenni. Promotore di un glamour essenziale e misurato, Calvin Klein è cresciuto a New York nel Bronx da genitori ebrei emigrati, padre ungherese e madre ucraina di seconda generazione. La casa del suo futuro collega e concorrente Ralph Lauren era a sole tre strade di distanza. Proprio alla mamma ossessionata dal fashion deve la passione per la moda, mentre con la nonna, che aveva un negozio di abbigliamento, fece le prime esperienze con forbici e tessuti.
Nel 1968 la fondazione della Calvin Klein Inc., insieme al suo amico d’infanzia Barry Schwartz. A dare slancio ai suoi esordi fu il caso, che sa spesso aprire incredibili opportunità: mentre Calvin e Barry lavoravano in una stanza angusta dello York Hotel, Donald O’Brien, allora vicepresidente del magnificente grande magazzino Bonwit Teller, saliva su un ascensore che si fermò per errore al loro piano. Si imbatté nella loro prima collezione di sei cappotti dal taglio pulito e tre abiti e ne fu colpito: subito un ordine da 50mila dollari.

Calvin Klein e Ralph Lauren
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Gli stilisti Calvin Klein (a sinistra) e Ralph Lauren all’apertura ufficiale del Costume Institutes nuovo Anna Wintour Costume Center al Metropolitan Museum of Art il 5 maggio 2014 a New York

Nel 1970 la prima sfilata. È in questo periodo che Calvin Klein disegna il celebre Pea Coat da donna. Il suo gusto è minimalista, le cromie neutre, in testa il bianco. «Ho passato i primi dieci anni della mia vita a disegnare beige, crema, bianco, marrone, perché erano tutti i colori che mia madre amava», ha raccontato.
E poi la rivoluzione denim. Calvin Klein trasforma i jeans da capo di abbigliamento da lavoro a indumento attillato e desiderato. Sulla tasca posteriore la firma con il suo nome. I suoi pantaloni sono sexy, le campagne pubblicitarie che li lanciano ancora di più: la chiave del successo. «I jeans sono sesso», disse senza pudore. «Più sono stretti, meglio vendono».

L’underwear la rivoluzione successiva: Klein è il primo stilista a mettere il suo nome nelle mutande. Negli anni ’80 lancia una linea di boxer da donna e una collezione di biancheria intima da uomo. Cambia l’idea di intimo maschile, che diventa un elemento fashion e un capo che identifica, da scegliere con cura. Negli anni ‘90 l’innovazione ulteriore: inventa i boxer briefs, un ibrido di boxer e slip, definita una delle più grandi rivoluzioni dell’abbigliamento del secolo.

La linea di profumi CK cattura il bagliore degli anni ’80: per Obsession, fragranza ambrata speziata,  ingaggia Kate Moss, promuovendo la bellezza androgina quando le altre etichette ancora fotografavano top model formose. CK One, lanciato nel 1994, è stato il primo profumo unisex, precursore della rottura degli stereotipi di genere.

Una curiosità? La figlia di Klein, Marci, una volta si è lamentata del fatto che ogni volta che andava a letto con un uomo vedeva il nome di suo padre sulle sue mutande. Questo no, non è molto sexy.

Calvin Klein
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Calvin Klein

Campagne pubblicitarie scandalose e pionieristiche

Ma i capi Calvin Klein non sarebbero così agognati senza le pionieristiche campagne pubblicitarie che li hanno ascesi tra sogno e lussuria. Al limite dello scandalo.
Come quella del 1980 con Brooke Shields, allora quindicenne, ripresa da Richard Avedon mentre indossa un paio di jeans e, in posa audace, sussurra la frase ormai immortale: «Vuoi sapere cosa c’è tra me e i miei Calvin? Niente». Due anni prima l’attrice aveva interpretato una prostituta minorenne nel film Pretty baby di Louis Malle, elemento che probabilmente contribuì a generare nel pubblico un sollevamento indignato.

Klein era al volante della sua auto quando notò il saltatore con l’asta brasiliano campione olimpico Tom Hintnaus mentre correva sul Sunset Boulevard di Los Angeles. Si fermò per chiedergli se avesse mai fatto il modello. Eccolo immortalato nel 1982 da Bruce Weber con tutta la sua prorompente mascolinità in evidenza, in immagini salutate come liberatorie della sessualità maschile. I vetri delle pensiline degli autobus venivano distrutti per portare a casa il poster.

Calvin Klein
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La pubblicità di Calvin Klein Underwear con Tom Hintnaus, 4 ottobre 1982-New York

Nel 1992, quando l’attore Mark Wahlberg era il giovane rapper Marky Mark, Calvin Klein lo mostrò a pantaloni a vita bassa accanto a Kate Moss a seno nudo, nelle foto di Herb Ritts e Weber: anche l’uomo diventa oggetto sessuale.
Nel 1995 modelle e modelli posavano per Calvin Klein Jeans in uno scantinato rivestito di pannelli di legno, negli scatti di Steven Meisel: la loro innocenza giovanile e quegli interni suggerirono ad alcuni il porno amatoriale. Risuonò l’accusa di pornografia minorile, anche se il brand prestò fornì le prove che tutti i soggetti coinvolti erano maggiorenni.

«Ho suscitato polemiche durante la mia carriera perché sono nate dall’autenticità e dall’integrità. Non ho mai cercato di scioccare per amore dello shock. Avevo una visione: parlare della seduzione senza tempo della giovinezza, quegli individui ferocemente creativi che rispondono solo a se stessi», Calvin Klein dixit. «Dopo tutti questi anni, le immagini hanno ancora il potere di accarezzare passioni e suscitare emozioni». E non ha torto.

Calvin Klein
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Kate Moss, Calvin Klein e Christy Turlington al Metropolitan Museum, 4 dicembre 1995

Quando un film su Calvin Klein?

Solo dalla fine degli anni ’90 l’incalzare di trionfi ha decelerato. Nel 2003 lo stilista che ha rimodellato l’immagine dell’America, rifiutando il dominio europeo nel dettar tendenze di stile, ha venduto la sua azienda.
«Immagino di non avere una giusta prospettiva sulla mia fama; se l’avessi, non credo che mi piacerebbe», ha detto l’esteta della semplicità di qualità.

Nell’abbondanza di documentari e biopic su stilisti, da House of Gucci a Yves Saint Laurent, da Dior and I a McQueen, sorprende che ancora la vita di Calvin Klein non sia diventata film. Il titolo c’è già: l’uomo dietro Calvin Klein.