Francesco Ragazzi, imprenditore e creativo controcorrente
Ph. Rosie Marks

Francesco Ragazzi, imprenditore e creativo controcorrente

di Gianluca Cantaro

Il fondatore di Palm Angels, Francesco Ragazzi, ci racconta la sua visione personale (e controcorrente) della moda

Che Francesco Ragazzi, fondatore e direttore creativo di Palm Angels, fosse un tipo controcorrente lo si è sempre saputo. Così, coerentemente con la sua visione, si smarca dal sistema ancora una volta per trovare una formula tutta sua. Nei tempi in cui la moda annaspa nel mare virtuale e si arrovella su come presentare abiti e accessori con formati alternativi, che spesso risultano vuoti di senso ed emozioni, il designer milanese spegne tutti i device e ci introduce nel suo mondo per la prossima primavera-estate 2021 attraverso una pubblicazione a metà tra il coffee table book e la fanzine, edita da Rizzoli, che racconta i prodotti con un melting pot creativo frutto delle sue passioni. «In questo momento tutto accade online senza che però ne resti traccia, fondamentalmente sta succedendo tutto e nulla allo stesso tempo. Per questo l’idea è stata di lasciare qualcosa di tangibile», spiega. «È come se avessi resettato tutto per tornare alle origini. Abbiamo inaugurato una nuova era, cominciai con un libro e ora riparto da lì. Oltretutto sono una mia passione come l’arte e la fotografia, così ho cercato di raccogliere tutto in un unico contenitore. Sono un po’ stufo del digitale, non tanto come strumento, perché è quello che ci ha salvati, ma come mezzo di espressione. Alla fine è come se fossimo tutti coinvolti in qualcosa che non esiste, perché la realtà è completamente diversa. Ho usato qualcosa di fisico che si può mettere sul comodino, sul tavolo. Non è uno scroll di pochi istanti, è un oggetto che rimane e se anche non è il primo della libreria, sicuramente a un certo punto lo si ritrova, si sfoglia, una, due o più volte».

Imaxtree
SS2021

Milanese, art director, con un master in fotografia presso la School of Visual Arts di New York, un passato da Moncler che lo ha formato professionalmente, ha iniziato Palm Angels nel 2011 come una documentazione fotografica della cultura skater di Los Angeles. Quel progetto è diventato un libro, anch’esso pubblicato da Rizzoli nel 2014, e da lì quel marchio che ora è parte di New Guards Group (insieme a Off-White c/o Virgil Abloh, Marcelo Burlon County of Milan, Ambush, Heron Preston, Kirin Peggy Gou, Opening Ceremony, Unravel Project e Alanui), una delle nuove holding della moda (a sua volta sotto l’ombrello della mega piattaforma britannico-portoghese Farfetch) che ha costruito il suo successo utilizzando, prima degli altri, gli strumenti digitali come amplificatore dei propri brand precorrendo ciò che poi è diventato uso comune. Oggi prima degli altri cambia ancora rotta. «Per ora la mia idea è concentrarmi sul consumatore finale e ogni progetto deve essere rivolto a loro. La collezione prende vita adesso con il libro e quasi subito entra nei negozi, dove, a puntate, resterà fino a giugno». È infatti divisa in capitoli, indice degli spunti che la ispirano, che sono anche quelli del progetto editoriale, dove si parla tra l’altro di Exodus, Fishing Club and Military.

La pubblicazione, graficamente impattante e a tratti psichedelica, è un portfolio che racchiude artisti con linguaggi diversi: David Sims, Rosie Marks, Lea Colombo, Enzo Ragazzini, Friedrich Kunath, Javier Jaén, Javier Calleja and Thrush Holmes che insieme dialogano prevalentemente attraverso fotografia e pittura. Una community allargata, orizzontale e verticale, formula che finora è stata la forza di Palm Angels e che si muove tra le passioni e le amicizie di Ragazzi. «Un brand deve essere innanzitutto fisico, personale, deve trasmettere qualcosa, non può solo cercare di vendere dei prodotti ai clienti», sottolinea. «Prima di tutto è necessario che instauri una conversazione con la propria audience, abbia un’opinione e un punto di vista condivisi che poi verranno trasformati in oggetti di consumo. In questo modo all’interno ci si trova verità e onestà, che è necessaria per creare il collante nel gruppo. Faccio sempre fatica a comprendere quando i brand parlano di valori, per esempio, di sostenibilità. È un tema talmente importante che il più delle volte sembra un po’ un escamotage corporate o di marketing, ma con poco coinvolgimento personale». Questo fa parte del processo di costruzione del business guidato dalle uniche logiche del profitto che svuotano di spontaneità i brand, per poi cercare di ricomprarla a colpi di budget pubblicitari e di marketing. Ma le nuove generazioni sono molto più preparate e avvertono immediatamente quando c’è reale passione e quando ci sono solo i soldi. La prima affascina perché genuina, i secondi respingono perché freddi.

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Francesco Ragazzi, poco più che trentenne, è già un imprenditore di successo e ai giovani consiglia: «Chi volesse iniziare un’attività nel settore moda deve sapere che non basta essere ciecamente creativi o votati esclusivamente al denaro. Serve il giusto equilibrio. Non siamo più negli anni 80 dove tutto era nuovo, qualsiasi cosa immessa sul mercato in qualche modo funzionava e da lì si creava un’azienda. Adesso la moda si è trasformata quasi solo in business e anche stilisticamente molto è stato fatto. Ci sono degli artisti che diventano miliardari senza avere limitazioni mentali, ma a un certo punto anche loro scendono a compromessi». Oggi più che mai, vista la situazione globale: «Come me, credo nessuno si aspettasse che la pandemia durasse così tanto», riflette. «E se immagino come sarà il fashion system nei prossimi anni l’unica cosa che mi viene in mente è “no rules”, senza regole. Nel senso che c’è una tale confusione che penso nessuno sappia come programmare i semestri a venire. E aggiungerei che da un certo punto è anche eccitante perché significa che si ha spazio per muoversi con più libertà. Ai miei inizi vedevo i grandi brand come un faro da seguire, adesso non è più così e ognuno deve tracciare il percorso che sia più giusto per il proprio progetto. Anche perché, in tutta onestà, non solo nella moda, ma in quasi tutti i settori, non vedo nulla che mi faccia esclamare “wow, questo rappresenta il futuro”. Sono tutti in stand by per vedere cosa accadrà. Nel dubbio, ho impiegato il 2020 per essere pronto a ripartire a pieno regime dal 2021». Viste le premesse, comunque vada, sarà un successo.