Il workwear americano e la qualità italiana si fondono nei capi iconici di Fay

Il workwear americano e la qualità italiana si fondono nei capi iconici di Fay

di Goffredo D’itria

Pochi capi scovati negli archivi e rivisitati dal direttore creativo Alessandro Squarzi. Con il progetto Fay Archive, ideato da Michele Lupi, le giacche iconiche del brand vengono fatte indossare da veri workmen (e non da modelli) che svolgono lavori duri in luoghi remoti del mondo

Un vero vulcanologo. Un vero falegname. Un vero pescatore. Due veri subacquei. Nelle campagne di Fay Archive non si parla più di testimonial ma di “tester”: è solo uno dei cambiamenti portati da Michele Lupi, già direttore di svariate riviste, tra cui quella che avete tra le mani, quando, passato al gruppo Tod’s con il ruolo di Men’s Collections Visionary, ha attinto alla sua esperienza di giornalista e appassionato di viaggi avventurosi per trovare nuovi linguaggi con cui raccontare un brand, come ha spiegato lui stesso durante un incontro con la stampa nel nuovo hub milanese del brand.


Fay Archive, ad esempio, è il risultato della collaborazione tra Lupi e il direttore creativo Alessandro Squarzi: nato come side project di Fay, una sorta di capsule collection fatta di pochi capi ispirati ai modelli originali scovati negli archivi, col passare del tempo ha conquistato sempre più appassionati (e anche appassionate che amano inserire nel proprio abbigliamento un capo inequivocabilmente maschile) e ora rappresenta il 13% del business Fay, come ha raccontato il brand manager Sergio Azzolari.Il viaggio e l’avventura giocano un ruolo fondamentale fin dal concepimento di Fay Archive, dato che il brand è un vero e proprio viaggio negli archivi di Fay, un cammino a ritroso nel tempo per riportare in superficie il suo dna: americano, autentico, tosto. Le radici ben piantate nell’abbigliamento da lavoro, a cominciare da quello dei pompieri del Maine, alle cui giacche è ispirata l’iconica “4 ganci”.


A nuova vita non sono tornati solo i capi dell’archivio, rivisitati con gran gusto da Squarzi, ma anche l’idea di realismo e autenticità che aveva ispirato le prime campagne che li avevano lanciati, scattate tra pompieri statunitensi ed equipaggi di salvataggio marittimo scozzesi: dal chiuso degli archivi, infatti, il viaggio è proseguito all’aria aperta, habitat naturale per capi originariamente pensati e creati per fronteggiare la furia degli elementi e il logorio del tempo. Indossati non da testimonial ma da “tester”: persone vere, che hanno scelto di vivere e lavorare a contatto con una natura spesso selvaggia, a volte pericolosa. Nei tre episodi precedenti, il viaggio di Fay Archive era passato dalla Siberia all’isola di Gotland fino al caldo di Lanzarote, mentre l’obiettivo di Davide Monteleone, fotografo del National Geographic, aveva raccontato le storie di pescatori, costruttori di barche, allevatori, shaper di tavole da surf…


La quarta tappa di questo peregrinare per le terre estreme è stata invece documentata dal fotografo inglese (ma residente a Venezia) James Mollison, che ha portato il suo sguardo realistico e il suo stile da reportage tra le sabbie nere, il ghiaccio e la lava islandesi. A essere scelti come tester sono stati Will, un vulcanologo; Heidar ed Elli, due amici che amano immergersi nelle gelide acque locali, nel punto di contatto tra la placca tettonica del Nord America e quella dell’Eurasia, che ogni anno si allontanano di qualche centimetro; Daniel, un falegname che intaglia i tronchi portati a riva dall’oceano e ne ricava delle sedie; e infine Erik, un pescatore con la mosca amante della solitudine. Ognuno di loro è protagonista non solo delle foto ma anche di un breve video che lo ritrae in azione.

Il sapore dell’operazione è realistico, ruvido, lontano dalle immagini perfette e levigate delle classiche campagne pubblicitarie. Merito anche dei capi rivisitati da Squarzi, che hanno il fisique du rôle per risultare credibili in quegli scenari selvaggi ed estremi. “Test passato” quindi, come viene scritto al termine di ogni clip: ora non resta che aspettare, per scoprire quale sarà la prossima tappa di questo viaggio e chi saranno i prossimi testimonial. Ops, tester.