Intervista con Ruggero Tita, velista medaglia d’oro che ci racconta “The Italian Style”

Intervista con Ruggero Tita, velista medaglia d’oro che ci racconta “The Italian Style”

di Silvia Perego

Medaglia d’oro nella classe Nacra 17 alle scorse Olimpiadi di Tokyo, Ruggero Tita è il nuovo ambassador di Falconeri. Una condivisione di valori, determinazione, precisione, lavoro di squadra, che portano l’Italia nel mondo, grazie al connubio perfetto tra creatività e tecnologia

Dopo la medaglia d’oro nei Nacra 17 a Tokyo 2020, Ruggero Tita si sta preparando per i prossimi Giochi Olimpici di Parigi 2024. «È stata un’esperienza indimenticabile e ora non è facile trovare un nuovo obiettivo. Anche se, riflettendo, credo che sarà ancora più difficile vincere il secondo oro». Vuole superarsi il nuovo ambassador di Falconeri, brand del Gruppo Calzedonia che, dal 2009, è stato capace di esportare, da un piccolo paese come Avio (Trento), l’italianità del sapere fare. Così, Ruggero Tita, nato a Rovereto nel 1992 e a 12 anni già parte della nazionale, ha mostrato al mondo come si guida il Nacra 17, un catamarano da regata ora completamente foiling: «Dopo le olimpiadi di Rio, nel 2017 è stato introdotto il foil nel Nacra 17. Prima era un catamarano classico, non volava sull’acqua, quindi io e Caterina (Banti, la sua compagna di squadra, ndr) siamo partiti da una tela completamente bianca su cui disegnare una nuova tecnica per navigare queste barche. C’è stato un periodo incredibile all’inizio, di pura creatività. Forse noi siamo stati particolarmente bravi in questo, perché il nostro metodo è stato copiato dagli stranieri fino a definirlo “The Italian Style”». Che orgoglio.

«Queste barche foil si sono diffuse negli ultimi anni, è ancora una tecnica in estrema evoluzione e noi abbiamo la possibilità di crearla e di scriverla ogni volta che andiamo in mare», ci racconta l’atleta. «È proprio questo che ci porta ad entrare in acqua ogni giorno e sperimentare, scoprire cosa funziona e cosa no, e poi da lì, affidarsi alla tecnologia, ai gps, alle riprese, alle piattaforme inerziali che ci aiutano e migliorare. Però alla fine, quello che ci devi mettere è la tua sensibilità, il piede, la mano per andare sempre più veloce».


Un lavoro di manualità sapiente, di occhio allenato e tecnologia avanzata come quello che ogni giorno anima lo stabilimento Falconeri di Avio, a sud del Trentino Alto Adige, dove il cashmere, da fibra grezza, si trasforma in filati raffinati e poi in capi preziosi e senza tempo. «Mi ritrovo molto nella filosofia di Falconeri, e vedendo la collezione da vicino, ancora di più. Scoprire che, all’interno, ogni capo è rifinito a mano, con la stessa attenzione con cui noi guardiamo le nostre barche. La precisione che abbiamo bisogno perché vadano al meglio, perché siano affidabili. L’approccio è lo stesso», prosegue Tita. Nella selezione delle materie prime, per esempio. Tutte le fibre rispondono a standard qualitativi elevati, come quelle ottenute dalla filatura Duvet, la peluria più sottile e lunga delle capre Hircus che pascolano in libertà in Mongolia e Inner Mongolia. Un impegno rivolto alla qualità, quindi, ma anche a una produzione consapevole: da tempo infatti il brand sostiene due organizzazioni internazionali dedite alla tutela dell’ambiente e delle persone, della flora e della fauna, mantenendo l’integrità del cashmere. Così nasce il Superior Cashmere Falconeri utilizzato nella produzione dei capi, che avviene attraverso l’utilizzo delle Shima Sheiki, macchine da maglieria altamente computerizzate che permettono realizzazioni su ampia scala senza che venga persa la loro unicità.


Un connubio perfetto tra artigianalità e tecnologia, tra precisione e creatività, è fondamentale anche nella vela, come spiega il campione italiano, che si è laureato in ingegneria informatica: «La preparazione ingegneristica mi è servita nella massa a punto della barca, un oggetto molto complicato. Credo che ogni abilità sia un tassello in più verso il risultato, l’obiettivo, la medaglia. Pratico quasi tutti gli sport in acqua, poi il parapendio, lo sci. È un modo per allenare la mente ad improvvisare, ad essere più pronti quando si presenta una situazione critica. Passare del tempo fuori dalla propria comfort zone, aiuta a prendere la giusta decisione in una situazione di difficoltà».

Perché Ruggero Tita è un preciso calcolatore, ma appena entra in gara, ama il rischio: «Quando sono in mare, la cosa che mi da più soddisfazione è riuscire a fare le curve stando in volo. Questo, unito all’adrenalina della velocità, quando andiamo a 60 kmh sulle onde. È un perfetto equilibrio tra andare sempre più veloci o schiantarsi. In questo io e Caterina ci compensiamo. Lei è più prudente, io invece prima supero il limite, e poi capisco qual’è». È sempre il lavoro di squadra, infatti, a creare la magia della vittoria, come quello che vede l’ufficio stile di Falconeri dialogare con la produzione, con l’ufficio controllo qualità e con la confezione, dove tutti gli elementi, teli, colli e polsini, si assemblano, dando vita al capo. Una squadra, con un unico obiettivo. «Al fianco di Caterina ho imparato davvero quanto due atleti, se coordinati nel modo giusto, possano diventare complementari. Perché dove non arriva uno, arriva l’altro. Il segreto è riuscire a mettere in risalto le capacità di ognuno, e dare sempre il meglio per il bene del team. Lei nel ruolo del prodiere, io in quello di timoniere».