ITS Arcademy Award, l’arca della creatività

ITS Arcademy Award, l’arca della creatività

di Angelo Pannofino

Da una vita Barbara Franchin va a caccia del genio. 20 anni fa ha creato ITS, concorso per lanciare i giovani designer della moda, a marzo nascerà Arcademy: nuova fucina di talenti

«È la capacità di comprendere che c’è un ordine che può essere cambiato, all’infinito», risponde Barbara Franchin quando le chiedo cos’è il talento. Entità sfuggente alla cui ricerca ha dedicato gli ultimi 20 anni, anche se in realtà è da tutta la vita che Franchin è attratta dalla creatività, in particolare quella che ha a che fare con le cose che ci mettiamo addosso: «Gli abiti sono a contatto con il nostro corpo da quando nasciamo a quando ci seppelliscono, vestiti», racconta, «quindi la relazione con essi per me va oltre la moda: ha valenze più profonde, è lo strumento di comunicazione di uno stato d’animo, di un status sociale, di una funzione».


Abito della collezione ITS 2006 di Aitor
Throup

Mossa da questa visione, 20 anni fa ha dato corpo al desiderio di sostenere i giovani creativi della moda e a Trieste, la sua città, ha creato ITS, International Talent Support, un concorso rivolto ad aspiranti designer di abiti, accessori e gioielli. Come una rabdomante ha cercato il talento in giro per il mondo, nelle migliori scuole di design, e ha scandagliato migliaia di portfolio: «Quando lo incontro lo riconosco perché ho una reazione epidermica, immediata, che non passa dal cervello. Mi viene la pelle d’oca, provo un’emozione forte, il tempo si ferma e sento meraviglia». Ovviamente non sempre indovina («Mi è capitato di vedermelo passare sotto gli occhi senza riconoscerlo») ma, in 20 anni, ITS è diventato un punto di riferimento mondiale per chi vuole scoprire i creativi del futuro (o magari indossare le loro creazioni, come Björk, per dire): qui è possibile osservare «il talento incontaminato, quando non è ancora entrato in contatto con il mercato. Sono artisti. Artisti che si esprimono attraverso gli abiti».


Grazie all’ossessione di Franchin di conservare e catalogare tutto il materiale che gli aspiranti finalisti hanno inviato a Trieste, ad aprile nascerà ITS Arcademy (nome ispirato all’arca di Noè), che non sarà solo un archivio-museo (14.758 portfolio da 80 Paesi, 1.088 abiti, 163 accessori, 118 gioielli e oltre 700 foto) da cui attingere per allestire mostre periodiche, ma anche luogo per attività formative, ludiche, conservative. Un punto di vista ottimo per capire come la creatività reagisce ai cambiamenti sociali, o li anticipa: «Nel 2008, ad esempio, abbiamo visto i primi segnali di gender fluidity. Poi l’arrivo dei social: è sparita la tridimensionalità, la progettazione degli abiti era immaginata per una visualizzazione bidimensionale da smartphone. 


Un tema costante è la casa: il portarsi dietro la casa, lo zaino che diventa tenda, il nomadismo perenne. La femminilità, sottolineata fino al 2004, poi è scomparsa: il corpo non è più stato il protagonista dell’abito. Da due o tre anni, invece, è orgogliosamente tornato centrale. E poi il Covid, che prima ha obbligato a creare con quello che si trovava in casa (tovaglie, asciugamani, divani, ne sono venute fuori cose di una bellezza unica) e poi ha portato a riflessioni più profonde sulle relazioni, con abiti ispirati ai nonni o al rapporto con i genitori, con cui si è convissuto tutti i giorni per tre mesi…». E infine l’ultima costante, e grande verità: «Sia chiaro: tra tanti progetti che riceviamo quelli che hanno una valenza sono una percentuale bassa. Come in tutte le discipline, non tutti sono bravi».

Nella foto di apertura, gli abito sono della collezione di Charlie Constantinou, vincitore dell’ITS Arcademy Award a ITS 2022