L’estetica gentile di Gaetano Colucci x Ardusse

L’estetica gentile di Gaetano Colucci x Ardusse

di Gianluca Cantaro

Il designer di origini napoletane porta la sua estetica delicata e gentile nella nuova collezione di Ardusse

Il sorriso e la luce negli occhi di Gaetano Colucci sono contagiosi. Nel momento in cui il mondo sembra riprendersi la sua brillantezza rinfranca. 25 anni, nato a Napoli, dopo essersi laureato alla Luiss di Roma, dove è cresciuto, è andato a studiare a Stanford, Santa Clara, Ca, per completarli con un master alla Cass Business School di Londra. Tornato in Italia, ha messo a frutto le conoscenze economiche per aprire la sua azienda, Ardusse. ‘Non ho studiato fashion design, ho imparato tutto da solo’, spiega. ‘Ho avuto genitori molto sensibili alla moda così mi ci sono avvicinato fin da piccolo, le fate Winx e le guerriere Sailor Moon erano le mie modelle ideali e usavo le loro silhouettes per disegnare i vestiti. Sono stati anche di grande supporto: mia mamma mi spronava a fare ciò che amavo e mio papà mi fece capire che per avere un brand era necessario conoscere anche la parte economica, per questo adesso sono contento dei miei studi, anche se lì per lì non ne capivo lo scopo e studiavo solo per dovere. Oggi, non smetto di ringraziarlo per avermi consigliato’. 

Colucci sente questo momento più di chiunque altro, la sua prima collezione è stata concepita nei momenti più tragici d’inizio pandemia e ha visto la luce a settembre 2020 all’inizio della seconda ondata e ora pensare che potrà andare solo meglio lo rincuora. ‘Mi sento propositivo, ho imparato tante cose che mi fanno sentire migliore. Non so se la cosa sia generalizzata, ma a me rende felice’, sottolinea. ‘Inoltre vedo nuova linfa, tanti emergenti italiani che ci provano. Penso in questo modo saremo più forti, anche perché, in tutta onestà, trovo che all’estero le novità vengano promosse meglio che da noi. per questo credo nella sana competizione tra nazioni piuttosto che la quella interna tra noi. Stimola a essere uniti e migliori, soprattutto la si annulla quando ognuno definisce la propria identità. Stili diversi per gusti diversi, non si può piacere a tutti, ma insieme si è sicuramente più rilevanti’. L’entusiasmo della sua giovane età è contagioso. Due nomi di tuoi colleghi che apprezzi, chiedo? ‘Marco Rambaldi e Andrea Adamo. Con Marco non ci siamo ancora conosciuti, ma i suoi patchwork di crochet sono stupendi, anche perché ricordano, in chiave moderna, quelli che vedevo nelle foto di mia mamma. Andrea ha una visione sleek, pulita e cool in linea con lo zeitgeist, però con una sua interpretazione personale’ e insiste sull’importanza del punto di vista di un designer, sia per sé sia in generale: ‘l’identità di ardusse è la mia testolina’ scherza. 


‘Dall’inizio ho voluto immaginare il mondo che piace a me: un’estetica delicata e gentile, con collezioni parlino di me attraverso emozioni e momenti speciali che ho vissuto e progettarla da zero durante la pandemia le ha amplificati. È anche personale anche perché è stato fatto da me fisicamente, a differenza di come sarebbe accaduto in tempi normali. Casa mia era diventato l’atelier, i colori li abbiamo scelti con le foto di riferimento e i lab dips – dato che l’acquisto della mazzetta pantone non potevo ancora permettermelo – genitori e sorella erano i modelli e tutti gli sdifettamenti li ho eseguiti io. se da un lato è stato estenuante dall’altro ho avuto il pieno controllo della situazione, alla fine ho ottenuto un risultato che era al 100% mio, senza compromessi. Penso che alcune di queste ‘procedure produttive’ le manterrò anche per il futuro’. 


Un team work familiare dettato dalla necessità, ma anche dal dna genderless del brand. Nasce come maschile per questioni pratiche di progettazione e realizzazione dei capi ma poi la differenza di genere finisce lì. ‘La mia estetica è gentile. Io lo chiamo “gentle dude”: un ragazzo che ha consapevolezza dei diritti propri, altrui e del rispetto degli altri e che non deve essere necessariamente un alpha male per rappresentare la sua mascolinità’, puntualizza Colucci. ‘Puoi essere bellissimo e sexy pur essendo delicato. Per esempio, io faccio i fitting sull’uomo e gli sdifettamenti sulla donna, soprattutto sui pantaloni perché voglio che stiano bene a entrambi. Sono cresciuto con mia madre che rubava le giacche a mio padre e le portava benissimo. Ma aggiungo, quanto è bello anche vedere una donna con un vestito fasciante sotto un blazer? L’abbigliamento maschile dà soddisfazioni, però il fisico femminile merita di essere valorizzato con abiti pensati per lei. Ammetto che il mio sogno, che vorrò realizzare, sia fare anche dei pezzi da donna, se non una collezione completa, ma per ora mi sto concentrando sull’uomo. Anche perché le richieste di acquisto arrivano da ogni lato: dalla prima presentazione che ho fatto, su Instagram ho ricevuto richieste di ragazze e donne che volevano diversi pezzi senza curarsi per chi fossero pensati’. Il lato positivo delle connessioni digitali è che si può essere worldwide con un touch, ma sui pro e contro il designer ha le idee chiarissime. ‘I social media sono un mezzo meraviglioso, per la sua immediatezza nel creare collegamenti a distanza, ma insinua anche la paura di restare indietro portando a inseguire, spesso senza motivo, persone e celebrities del momento. Un meccanismo che spinge i brand a omologarsi e snaturarsi. Un tempo era lo stilista che disegnava e poi creava i personaggi, si pensi a gianni versace con naomi campbell e le supermodels. 


Oggi pur di vestire qualcuno con tanti followers si cancella la propria identità’, spiega. ‘Lo stesso può valere con i trend che diventano virali, sia fashion, ma soprattutto sociali ed è molto doloroso. Non posso dimenticare le battaglie su temi importantissimi che sono iniziate e finite nel giro di una settimana. Come se fossero “old news” o vinte. Ma non è così perché il problema esiste ancora, anche se non è più in primo piano’. Riflessione confortante se fatta da un venticinquenne sensibile che deve il suo successo anche al mondo digitale. Ardusse è nato in un momento di immobilità fisica e grazie anche alla rete si è fatto conoscere al mondo. Ma con il quale ha imparato a dialogare in maniera intelligente.