Non vogliamo mica la Luna

Non vogliamo mica la Luna

di Fédéric Martin-Bernard

A quella guardava, e con successo, André Courrèges. Oggi Nicolas Di Felice, il nuovo direttore artistico della griffe, per riuscirci sta con i piedi per terra

Per fare conoscenza, Nicolas Di Felice ci ha proposto un incontro a pranzo: un modo insolito per il direttore artistico di un’illustre maison parigina. Sarà per le sue origini italiane? O perché è nato, cresciuto e ha studiato dalle parti di Charleroi, in Belgio, dove lavorare nel mondo della moda non preclude di poter “vivere” – quindi respirare, mangiare, dormire, avere degli amici e altre passioni – e, last but not least, assicurarsi di avere i piedi ben saldi a terra? O ancora, sarà perché non ha conosciuto molte persone, o non si è ancora goduto una prima sfilata di Courrèges in pompa magna, lui che, nominato nel pieno della ripresa della pandemia nell’autunno 2020, lo scorso febbraio ha dovuto accontentarsi di una video presentazione della sua “opera prima” che è ora in boutique? Probabilmente per tutti e tre questi motivi e, soprattutto, perché si tratta di una persona sincera, talentuosa, spontanea. E pure senza filtri.

Nicolas Di Felice ha già raccontato diverse volte che la sua città natale non era proprio così ridente: un antico centro minerario dove ci sono ancora cumuli di scorie che, appena si alza il vento, spargono polvere di carbone in ogni angolo. Ci sono anche fabbriche e capannoni in disuso, nei quali lui vede qualcosa di affascinante. «Ho un profondo affetto per questa città che sta rinascendo dalle sue ceneri. Si sentono ancora i segni della passata grandezza industriale.Confesso di amare le architetture datate, gli edifici che rimandano a periodi e persone che hanno realizzato qualcosa di importante. Queste costruzioni aiutano a relativizzare, a restare umili, soprattutto quando si lavora nel mondo della moda, dove si pensa sempre al domani. Si ha la memoria corta con il rischio di dimenticare presto che ci sono stati dei grandi talenti prima di noi», ci confida in prima battuta l’uomo che tiene le redini di un marchio dalle creazioni estremamente futuriste.


Fu nel 1961, esattamente 60 anni fa, che André Courrèges, più architetto che stilista, diplomato all’École des ponts et chaussées e già collaboratore di Cristobal Balenciaga come primo sarto per una decina d’anni, delineò il suo marchio eponimo, dallo stile essenziale, dalla linea chiara, con volumi costruiti, sobri e innovativi, che avvolgevano il corpo senza costringerlo, modellando le forme senza cancellarle. La conquista dello spazio era l’ossessione di molte menti creative all’alba degli anni Sessanta. Chi non sognava allora di andare sulla Luna?

Qualche stagione dopo, la collezione bianca di Courrèges ebbe l’effetto di una bomba, una sorta di “reset” per un nuovo guardaroba pensato per i giovani che volevano opporsi alle istituzioni, alle regole, agli usi e costumi, alle mode e alle abitudini dei loro genitori. Più di Pierre Cardin o Paco Rabanne, André Courrèges divenne così lo stilista del movimento Space Age, con il suo modus operandi industriale, serio e purista. Il suo concetto estetico attraverserà le epoche molto più di quello dei suoi colleghi. «Lo stile Courrèges non è invecchiato», osserva Di Felice, che ha studiato a fondo la maison e i suoi archivi. «Lo dico spesso: bisogna conservare tutto e al contempo rifare tutto. Certo, se si guarda da vicino, alcune cose oggi sono vecchie. Ma l’essenza, l’intento stesso di Courrèges, non ha preso una ruga e questo avviene in un percorso onesto, appassionato, vero».

COURREGES adv campaign

Se il fondatore, scomparso nel 2016, non era più al timone della maison da oltre 20 anni, la moglie Coqueline ha lavorato per due, mettendo il marchio sotto una sorta di campana di vetro fino alla prima acquisizione dell’azienda nel 2011, seguita poi da una seconda nel 2018, quando Artémis, la holding della famiglia Pinault, ne è divenuta l’unica azionista. «Sono molto fortunato», prosegue Di Felice. «Ho una grande ammirazione e gratitudine nei confronti dei signori Pinault. Il fatto che abbiano scommesso su di me quando lavoravo ancora nell’ombra (principalmente di Nicolas Ghesquière, Balenciaga e poi di Louis Vuitton fino al 2019, nda), non mi abbiano chiesto di presentare una serie di book prima di assumermi e, successivamente, non abbiano mai cercato di vedere un’anteprima della collezione – in pratica, che si fidino semplicemente di me – è un atteggiamento estremamente moderno, che rispecchia tutto quanto sono in grado di realizzare nell’arte come nella moda.

La maggior parte dei direttori artistici delle maison del gruppo Kering non erano delle star, anzi, non erano neppure conosciuti prima di essere promossi al loro ruolo. È bello dare un’opportunità ai giovani, avere una tale concezione del cambio generazionale».  Dalla cessione iniziale della maison Courrèges sono passati dieci anni e si sono già succedute le nomine di due direttori artistici – prima la coppia formata da Arnaud Vaillant e Sébastien Meyer, cofondatori dell’etichetta Coperni, poi Yolanda Zobel – senza però ottenere particolari successi. «Non voglio mancare di rispetto a nessuno, ma da quando il signor Courrèges si era ritirato dall’attività, il marchio non era assolutamente indossato, né conosciuto o distribuito», aggiunge Nicolas Di Felice, al quale – a proposito del tema “go to…” del nostro Icon – abbiamo chiesto dove intenda condurre questa maison, che un tempo vestiva i giovani affascinati dalla conquista dello spazio.


Courreges Head Quarter

«Sono arrivato con progetti già chiari. Ho carta bianca, il lavoro è appassionante e intenso. Non mi pento di nessuna delle mie scelte».

Tanto più che le sue prime due collezioni presentate quest’anno si sono rivelate molto promettenti, al contempo moderne e indossabili, e includono la moda maschile, alla quale il fondatore si era interessato solo tra il 1973 e la metà degli anni 80, per poi delegarla a dei junior. «Il mio obiettivo principale è riportare Courrèges nella vita reale», risponde. «Mi considero prima di tutto uno stilista che disegna abiti che, pur nello spirito della maison, devono essere assolutamente semplici, moderni, indossabili e accessibili. Già al mio arrivo ho chiesto una revisione dei prezzi al ribasso. Credo che si possa mettere da parte qualche risparmio, fare dei piccoli sacrifici per un modello che piace, ma nessuno oggi, se conduce una vita “normale”, è più disposto a dilapidare degli stipendi per “darsi” alla moda. Per il ritorno di un marchio rivolto ai giovani, il rapporto qualità-prezzo è importante. Soprattutto non bisogna sbagliare il posizionamento… Dopo qualche settimana nelle boutique, il riscontro della prima collezione è piuttosto buono e anche molto incoraggiante. Questo mi spinge a pormi qualche domanda ora che sto cominciando a lavorare alla terza stagione. Devo forzare la mano e lasciarmi andare di più? Sono uno che si interroga molto prima di passare all’azione, ma dopo aver preso la mia decisione, vado avanti e mi butto a testa bassa».

Nicolas Di Felice ci confida, per esempio, che l’attuale lancio di cinque profumi contestualmente all’uscita della sua prima collezione nei negozi è un progetto al quale ha lavorato fin dall’inizio. Anche la scelta della profumiera Annick Ménardo per creare delle fragranze irresistibili è stata una scelta ben ponderata. «Sono arrivato da Courrèges con progetti già molto chiari», dichiara, lui che, fino a quel momento, non aveva mai sognato un lavoro “al centro dell’attenzione”. «Diventare un direttore artistico sotto i riflettori non è mai stato un mio obiettivo di carriera, né ho mai avuto l’intenzione di lanciare un mio marchio. Detto questo, l’opportunità che mi è stata offerta da Courrèges è una sfida che non mi ha mai spaventato. Ho carta bianca, il lavoro è appassionante e intenso. Non mi pento di nessuna delle mie scelte a questo proposito», aggiunge l’ex studente della scuola La Cambre di Bruxelles.

Racconta di aver capito già da ragazzo di volersi orientare verso il mondo della moda, ma, in parallelo, la musica è stata la sua altra passione. «Amo da sempre comporre», spiega. Non a caso firma, a quattro mani con l’artista Erwan Sene, la colonna sonora delle sue presentazioni Courrèges. «Ricerchiamo degli accordi, dei bassi, degli acuti e una precisa intonazione», dice ancora Nicolas Di Felice. I suoi primi spartiti sembrano particolarmente “intonati”.