Paoloni, 40 anni di sartorialità

Paoloni, 40 anni di sartorialità

di Simona Santoni

Una storia di famiglia e di spirito manageriale. Diletta Paoloni: «Il nostro capo iconico? Il blazer blu classico»

Uno spirito sempre più contemporaneo e internazionale, nei tessuti, nei volumi e nei fit, senza tralasciare la caratteristica distintiva del brand: la manifattura. È quello con cui Paoloni orienta il formale maschile e che porta al Pitti Uomo nell’anno in cui il Gruppo compie 40 anni.  «La nostra è una bella storia di famiglia», ci racconta Diletta Paoloni, 34 anni di cui 11 passati in azienda, brand manager e volto della terza generazione. Suo padre Michele e lo zio Luigino gli alfieri di un marchio radicato nel distretto della moda marchigiano, ad Appignano (Mc), e che ha nei capispalla il fiore all’occhiello. «Tutto nasce da mia nonna Maria, imprenditrice visionaria. A fine anni 60, in casa, con macchine da cucire Singer e qualche collaboratrice, confezionava giacche dai tessuti di scarto dei grossisti. È rimasta vedova giovane e ha dovuto rimboccarsi le maniche. Fino alla nascita di un piccolo laboratorio con 40 dipendenti nel 1973. Mio padre è cresciuto a pane e tessuti». Con uno sguardo sempre più manageriale, tant’è che nel 1983 viene fondata Manifattura Paoloni. «All’inizio realizzavamo per lo più confezioni per Coin e La Rinascente. Abbiamo visto che ci veniva bene e allora abbiamo puntato su nostri brand. Ecco che nel 1998 nasce Paoloni, con la prima collezione. Poco dopo abbiamo acquisito Manuel Ritz». Il capo iconico di questo quarantennio? «Sicuramente il blazer blu classico». Il simbolo di Paoloni, le forbici, sono il faro di una vocazione sartoriale inalterata nel tempo. «Le abbiamo modificate in forma e colore, nell’ottica di nuova direzione creativa sempre più contemporanea, ma restano il nostro emblema».


L’estetica “Contemporary Heritage” abbracciata nelle ultime release, sintesi tra modernità e tradizione, ha un’ulteriore evoluzione nella collezione AI 23/24 proposta al Pitti. Va oltre la costruzione e la decostruzione di abiti e giacche e contamina ogni elemento del guardaroba esaltando ricchezza dei materiali e versatilità d’uso. «Decliniamo un nuovo stile del brand, attualizzandolo e rivolgendoci non solo all’uomo più adulto, che indossa la giacca per lavoro, ma parlando anche alla fascia 40-45 anni. Sempre rimanendo saldi sul nostro core, artigianalità e capospalla sartoriale». Paoloni oggi produce 20.000 capi all’anno, il 70% per l’Italia, il 30% per Svizzera, Francia e Germania, con una rete di vendita di 200 negozi. 130 i dipendenti nel maceratese, 200 nello stabilimento in Romania. Questo in un panorama economico teso, tra Covid e conflitti. «Cerchiamo di assorbire noi gli aumenti dei costi perché non ricadano sul cliente», spiega Diletta, anche lei cresciuta a pane e tessuti.
E il domani cosa prepara? «Il fatto di essere io ora a parlare del Gruppo è un grande traguardo. Con mio padre e mio zio ancora a indirizzarci. In un futuro vedo io e le mie sorelle, con i miei cugini, alla guida. Ma il presente è già meraviglioso». Ne sarà orgogliosa nonna Maria, che oggi ha 87 anni. «Non è più in forma, ma fino a cinque anni fa ancora veniva in ditta e seminava il terrore». Con un aneddoto che dice tanto della storia di questa famiglia protesa all’eccellenza: «Quando eravamo piccoli nonna diceva sempre a noi nipoti: “Quest’estate vi porto al mare”. Non l’ha mai fatto, era diventata una barzelletta. Doveva pensare all’azienda».