Lavaggi al sale, chiaroscuri abrasi a mano con la pietra pomice, e lavorazioni ispirate alle selle berbere: il know-how di Jacob Cohën si sublima nei dettagli

L’appeal è dichiaratamente contemporaneo, sulla perfetta linea di demarcazione tra praticità e vezzi estetici muscolari, dichiaratamente maschili. Un risultato non raggiunto per caso, quello di Jacob Cohën, ma che deve molto alla maniacale attenzione del marchio nelle lavorazioni e nei trattamenti dei tessuti, testimonianza su tela della competenza, capace di mischiare la sperimentazione con la tradizione.

Una ricerca che si esprime al suo massimo grado, ovviamente, sul denim, che Jacob Cohën rivoluziona costantemente: per questa stagione estiva, infatti, alla lunga lista di varianti possibili del tessuto nato come alleato del workwear, si aggiungono nuovi lavaggi: Natural Deep Blue, Dirty Vintage e Light Vintage che corrispondono ad altrettante varianti cromatiche.

Un arcobaleno di varianti colore, quella dei jeans, che si espande ulteriormente con i finissaggi stone washed e golden washed, come ad esempio sulla field jacket, caposaldo del guardaroba maschile che per l’estate si traduce sul denim. I chiaroscuri del tessuto, infatti, sono il risultato di un’abrasione manuale effettuata con la pietra pomice, mentre le camicie ottengono le loro peculiari venature attraverso specifici lavaggi al sale.

Quando la palette cromatica esula dal blu, e si dirige verso toni più caldi, sono i trattamenti overdyed a consentire al tessuto di mantenere la sua naturalezza, guadagnando carattere, mentre è il tempo l’ingrediente fondamentale per le giacche in pelle: i loro lavaggi in botte durano infatti 72 ore.

Uno studio approfondito delle tele materiche, quello di Jacob Cohën, che non si dimentica dei dettagli, e che si sublima nelle backtag, dipinte a mano con scenari vacanzieri di Portofino, Roma e Venezia, o in cuoio la cui tecnica di lavorazione si ispira alle selle berbere. Viaggiando intorno al mondo, grazie ad un paio di jeans.