Su Sky Atlantic, dal 17 aprile, arriva la nuova serie prodotta da Sky: Diavoli, tratta dall’omonimo romanzo di Guido Maria Brera.
Un thriller finanziario, con due protagonisti assoluti: Alessandro Borghi e Patrick Dempsey. Ce la raccontano proprio loro.

Accantonati gli immortali Gordon Gekko, o il Jordan Belford di Wall Street, circondati da lusso, donne, macchine, spregiudicatezza sociale, ecco arrivare, invece, il nuovo volto (dis)umano della finanza, originale, forse come non lo avevamo mai visto. L’occasione ce la regala Diavoli, la nuova serie targata Sky e Lux Vide, in onda dal 17 aprile su Sky Atlantic e NOW TV, che irrompe nel panorama televisivo, risultando fin dalle prime scene uno dei prodotti sicuramente maggiormente ambiziosi, cast di prim’ordine, girata tra Roma e Londra (già venduto in 170 paesi), per raccontare un micro-macro cosmo, e lì sviluppare un thriller internazionale di grande ritmo e respiro. 

Tutto nasce dal romanzo omonimo, I diavoli, scritto da Guido Maria Brera, tra gli ideatori-sceneggiatori, pieno di spunti, riflessioni e glossario da manuale (vedi alla voce “shortare”), ispirazione per cercare di esplorare, rappresentando visivamente un ambiente complesso, come i suoi protagonisti.

Da un lato vediamo Massimo Ruggero, interpretato da Alessandro Borghi (uno dei migliori interpreti del nostro cinema, qui alla prima esperienza internazionale), capo del trading di una grande banca di Londra, “uno che fa soldi, che vive in anticipo, per lui oggi è già domani”, il cosiddetto squalo finanziario, che scalata la cima, è arrivato a giocare tra i grandi. Dall’altro c’è, invece, Dominic Morgan (la sicurezza di sempre, Patrick Dempsey), il suo presidente, il suo mentore (la moglie Nina è Kasia Smutniak) che usa la finanza per fini politici-economici, ma nasconde delle verità. Sullo sfondo di questo duello tra “monaci guerrieri”, come li definisce Brera, le illusioni, le immagini, si sgretolano e svelano scenari inediti, luci e ombre, morali, intrise di quell’elemento cardine e assordante, il Potere.

In aggiunta, ci sono schegge, news, raccordi, mixati all’impianto estetico – cinematografico, a cavallo del 2009 e 2011, la crisi e le manifestazioni in Grecia, gli anni dell’arresto di Dominique Strauss-Kahn, ex Ministro francese dell’Economia e soprattutto ex Direttore Generale del Fondo monetario internazionale, della caduta di Gheddafi, o della creazione della nomea “Pigs” contro i potenti.

Ma chi sono davvero i Diavoli?

Alessandro Borghi – «Ho scoperto, interpretando il ruolo di Massimo, che non sono assolutamente quelli che pensavo prima di intraprendere il viaggio. C’era un luogo comune riguardo agli uomini di finanza, alcuni seguono i loro interessi con un bassissimo livello di etica, altri invece mettono questo valore al primo posto, mettendosi a favore dello stato e dei cittadini. Sono quelli che hanno il compito di mantenere l’ordine in un momento di caos, perché la finanza è diventata sempre di più uno strumento politico, e di conseguenza di grandissimo potere». 

Patrick Dempsey – «In entrambi c’è un estremo dualismo, un’ambiguità affascinante. Ognuno riuscirà a crearsi una propria dimensione, a seguire il proprio istinto, a stare dalla parte giusta o sbagliata».

A.B. – «Se dunque la prima stagione è ai blocchi di partenza, una seconda è già in fase di scrittura. In una Milano deserta, ai tempi del Coronavirus, “la Chernobyl della globalizzazione”, sottolinea Brera, i due antagonisti si ritrovano, per poi tornare indietro verosimilmente nell’anno della Brexit, e lì ripartire. Ma la catena montaggio – mondo, nel frattempo, si è fermata, mostrandosi fragile».

P.D. – «Se guardiamo all’universo di oggi, anche quello finanziario, non saremo più in grado di guardarlo allo stesso modo, una volta usciti da questa situazione, semmai, dovremmo osservarlo e rivalutarlo in maniera diversa. Il nostro pianeta non potrà reggere se no, siamo sull’orlo del caos, bisogna rimanere in vita, se non lo facciamo credo che cadremo. Cos’è allora sufficiente? Cos’è sostenibile? Questa sono la domande a cui trovare risposta. La tv, al contrario, che stiamo vivendo, da Netflix in avanti, segna una qualità differente nell’intrattenimento contemporaneo, la gente può scegliere, e controllare ciò che vuole vedere, “confinata” tra le proprie mura di casa».

Vincere sembra l’unica che conta, il fine allora giustifica i mezzi. È davvero così?

P.D. – «Bisogna stare attenti alle azioni, tutto quello che viene da intenzioni egoistiche ti porta a pagare un prezzo, se sono buone, porterà benefici. Nel corso della serie ci sono delle conseguenze che condizionano il business, persone individuali, sono cose a cui dobbiamo pensare per il nostro futuro, ponendoci ulteriori quesiti».

A.B. – «Dobbiamo migliorarci, guardando attentamente a ciò che ci circonda, la rincorsa al successo ci ha talmente offuscato, facendo scordare altro. Da adesso, vale la pena fermarci a respirare, e fare un passo indietro».