Intervista a Flavio Manzoni, Head of Design Ferrari

Intervista a Flavio Manzoni, Head of Design Ferrari

di Paolo Briscese

Il Chief Design Officer di Ferrari riflette sul valore del Made in Italy oggi in un mercato, non solo quello delle auto, sempre più inclusivo e globalizzato

Chi dice automobili, dice Ferrari. Chi dice Ferrari, dice Made in Italy. Il cavallino rampante è infatti uno dei marchi più conosciuti nel mondo, espressione non solo di lusso e prestigio, ma anche di ricercatezza, gusto raffinato, qualità eccelsa, caratteristiche fondamentali del Made in Italy. In un mercato sempre più inclusivo e globale, ha ancora senso parlare di uno stile italiano? Come sono cambiati nel tempo i suoi valori fondanti? Flavio Manzoni Chief Design Officer di Ferrari riflette con ICON sul valore del Made in Italy oggi.

Ferrari è un marchio globale simbolo di italianità nel mondo, emblema di un certo gusto, di uno stile sofisticato, di raffinatezza, e di un savoir faire tipico italiano. Che cosa rappresenta oggi il Made in Italy?

Quando si parla del Made in Italy non si può prescindere dalle origini del concetto e dalla sua evoluzione. La chiave del successo del Made in Italy o della “linea italiana” sta in un approccio differenziato e pluralistico, che non ha nulla a che fare con uno “stile”, come invece è avvenuto per esempio nel caso dell’”International Style” del funzionalismo o dello Styling americano degli anni ’30. Più che uno “stile” nel senso comune del termine, quello italiano rappresenta qualcosa di più profondo: si tratta di un “approccio culturale al progetto”, che continua ad essere vivo ancora oggi e a stupire per la grande varietà di produzione lasciata in eredità dai grandi designer visionari del passato, e che caratterizza tutt’oggi i migliori prodotti del design contemporaneo.

Ha ancora senso parlare oggi di Made in Italy?

La questione centrale è la creatività che ha reso celebre nel mondo il Made in Italy e che differenzia tuttora le nostre produzioni. Gli oggetti, oltre ad avere una funzione pratica, possono essere ricchi di significati metaforici, estetici, culturali e fanno parte di un sistema di comunicazione interno alla società. Penso che un oggetto di design debba avere un intento suggestivo, un tratto distintivo, una valenza simbolica, oltre che funzionale. La creatività del nostro design ha avuto una fortissima influenza in tutti i campi, incluso quello della moda, della pelletteria, della gioielleria. In questo scenario, in ambito automobilistico, la Ferrari ha avuto un ruolo molto rilevante ed è tuttora portatrice di valori importanti come la bellezza, il lusso, la raffinatezza, la ricerca tecnologica e, non ultima, l’esclusività.

Ferrari
Courtesy Ferrari

Ferrari ha costruito la sua identità attorno all’italianità puntando sempre sull’innovazione, uno dei suoi valori fondanti.  Nel progettare una vettura, qual è il punto di partenza: l’innovazione o l’ispirazione?

In ogni nuovo progetto Ferrari l’aspetto dell’innovazione tecnologica è sempre quello determinante; è il punto di partenza di ogni nuova ricerca. L’identità di una vettura va quindi costruita interpretando correttamente le prerogative di progetto; quello che poi fa la differenza è l’approccio culturale e artistico alla forma. L’intento è sempre quello di rendere l’oggetto quanto più evocativo possibile, più affascinante da un punto di vista dello stile, quasi che fosse un’opera d’arte, una scultura in movimento, ma senza mai dimenticare l’importante relazione tra forma e funzione.

E l’archivio, quanto è importante? 

Quello che è di maggiore rilevanza per me e per il team di designer è la possibilità di guardare al patrimonio inestimabile di opere d’arte che fanno parte della storia del nostro marchio come ad una fonte inesauribile di codici linguistici da interpretare ed arricchire. L’identità Ferrari e la sua estetica sono la derivata di un “corpus” di opere, che nel tempo, ha finito per creare un lessico, una serie di codici stilistici unici e riconducibili in maniera inconfondibile al marchio Ferrari. Si tratta di stilemi che non vanno interpretati come qualcosa di statico, di “congelato nel tempo”; al contrario possono evolvere in forme sempre più moderne, originali, futuristiche, pur restando fedeli al linguaggio comune che li identifica.

 

Ferrari
Courtesy Ferrari

Come designer, qual è il rischio più importante che deve correre nel progettare una nuova vettura?

Il rischio più importante che un designer deve correre è quello di avere il coraggio di osare. Bisogna saper prefigurare il futuro, anticipare quella che è la naturale evoluzione di un marchio. Ciò vuol dire anche gettare il cuore oltre l’ostacolo, credere nell’ispirazione, nelle intuizioni, saper riconoscere quelle più interessanti ed originali e portare avanti il progetto con determinazione, con la consapevolezza che si tratta della scelta giusta.

Che cosa ha ispirato la nuova Ferrari Daytona SP3, ultima nata in casa Ferrari?

Ci siamo lasciati ispirare dal concetto di “Sport Prototipi”, quel concetto che ha reso celebre la Ferrari, grazie alle vittorie in pista, come la “24 Ore di Le Mans”, per esempio. Si tratta di forme che stupiscono tuttora per questo magnifico connubio tra performance e bellezza estetica. Abbiamo quindi dato vita ad una interpretazione del tema, disegnando una Sport Prototipi moderna, sofisticata, dalle forme molto scultoree. Ben lontani dall’eseguire un’operazione di “re-design” su uno specifico modello del passato, ci siamo lasciati ispirare dall’ideale di bellezza espresso da vetture come la 312P, la 512M, la 330 P3/P4, la 512S. Tutte vetture pensate per gareggiare in pista, ma caratterizzate da un denominatore comune: una bellezza prorompente, talmente spettacolare da renderle immortali. Con quest’idea di vettura, abbiamo realizzato la Daytona SP3, un’auto dalla forma monolitica, pura, organica, che ben si sposa con quella della Monza SP1/SP2, capostipite della famiglia delle Icone.


In oltre 70 anni di storia Ferrari ha dato vita a dei capolavori. Penso alla 250 TR, alla Daytona 365 GTB, alla Testarossa 84 per citarne solo alcuni. Qual è stato secondo lei il periodo di maggiore fermento e ispirazione nella storia di Ferrari?

Per quanto riguarda il mio gusto, la mia sensibilità, trovo che le vetture degli anni ’60 abbiano rappresentato degli archetipi di stile impareggiabili. Sono vetture dalle forme sensuali, di una bellezza quasi romantica, ma anche prorompente, molto morbida; vetture che hanno trovato nella semplicità e nella plasticità delle forme la loro cifra stilistica principale. Un altro periodo che mi ha molto affascinato è quello degli anni ’70, che ha visto la nascita delle cosiddette “Dream Car”. Queste macchine, che traggono ispirazione dalla fantascienza, più utopie che auto vere e proprie, prefiguravano il futuro. Molte di esse erano ispirate all’aerospace, durante la cosiddetta “Space Age”. Penso alla Modulo o alla 512 Berlinetta Speciale, che sembrano delle astronavi, oggetti fortemente ispirati anche al product design dell’epoca. 


Tra i tanti modelli, qual è la sua Ferrari preferita?

Tra le vetture classiche, amo particolarmente le Ferrari 330 P3/P4 ma citerei anche la Modulo, per il suo aspetto avveniristico e senza compromessi.

“Le Ferrari sono espressioni di bella meccanica e, in ogni caso, sono macchine che si desiderano” diceva Enzo Ferrari. Come si crea un design che sia durevole e desiderabile nel tempo?

Credo che un design durevole e desiderabile nel tempo debba intanto basare la sua ricerca sull’innovazione tecnica e tecnologica. Allo stesso tempo deve possedere delle caratteristiche intrinseche di bellezza. È quindi necessario partire da un principio fondamentale di progettazione: quello dell’armonia. Quello di un designer non è mai solo un lavoro di stile; alla base di ogni nostro nuovo progetto c’è lo studio delle proporzioni, dell’equilibrio e dell’armonia dei volumi e delle forme.