Jeans attillati, minigonne da vertigine, t-shirt ombelicali: pioniera e rivoluzionaria inconsapevole, Françoise Hardy attraversò come una cometa l’immaginario degli anni 60. Una protagonista dei nostri giorni, Valeria Bilello, ne fa rivivere il carisma sbarazzino

Oggi Françoise è la signora Dutronc, moglie di Jacques e mamma del celebre chitarrista e attore Thomas Dutronc. Ma ci fu un tempo in cui si scriveva (su Sorrisi e Canzoni del 17 marzo 1964) che Gigliola Cinquetti costruiva la sua canzone più famosa “sui cascami delle canzoni di Françoise Hardy”. E sì che Non ho l’età aveva trionfato a Sanremo e a Copenhagen, nell’Eurofestival. Tuttavia, nell’alba che annunciava il Sessantotto, la grazia originale e inimitabile era quella di Françoise. Perché la canzone cult dell’adolescenza in quegli anni era Tout les garçons et les filles, in Italia Quelli della mia età, e diceva: “Quelli che hanno la mia stessa età/ io li vedo a due a due passar/ hanno tutti qualcuno da amar/ e la mano nella mano/ se ne vanno pian piano/ Se ne vanno per le strade a parlare d’amore” e avevano negli occhi una felicità che nasceva dal sogno di creare, per l’età matura, un mondo diverso e migliore. I lunghi capelli biondi, la minigonna, il denim, la pelle, la bellezza poco carnosa, quasi scorticata erano le caratteristiche di un mito di gran lunga più longevo e indimenticabile di quell’anno lungo un mese, che coincise con il suo ritiro dalle scene.

L’invisibile maggio — È infatti nel ’68 che Françoise Hardy decide di non cantare più dal vivo, una decisione che matura proprio in maggio, mese cruciale che lei trascorre in Corsica, senza giornali né tv, “senza accorgermi di niente”, parole sue. Se si pensa che aveva cominciato diciottenne nel 1962 proprio con Quelli della mia età (cantato il 18 novembre alla tv francese, per intrattenere gli spettatori che aspettavano l’esito del referendum sull’indipendenza algerina) e aveva toccato in tutta Europa le vette dell’hit parade nel 1963, si può dire che aveva cantato una sola estate, o poco più (a Sanremo 1966 cantò Parlami di te con Edoardo Vianello). Nel firmamento della musica leggera, una stella cometa. Quel che basta per essere per sempre ricordata così: “Aveva 18 anni, era malinconica ma lieve, sofisticata ma popolare, timidissima ma tenace: un’adolescente che scriveva canzoncine al tavolo di cucina e che si sarebbe trasformata in uno dei simboli della rivoluzione non solo musicale degli anni 60”. Addirittura un trascinante sex symbol in quella breve “rivoluzione” sessuale, prestando lineamenti, fisico e abbigliamento a Pravda, coloratissima eroina a fumetti disegnata da Guy Peellaert.

La sovversione dei sensi — Eppure lei, di quei sommovimenti, confessava di non essersi neppure accorta: “Gli stravolgimenti sociali dell’epoca non mi intrigavano: ero troppo presa dalle mie passioni private. I miei tormenti d’amore mi hanno tagliata fuori dal mondo. Scrivevo canzoni, ma sempre nel mio angolo, senza vedere quello che accadeva fuori. E poi detesto viaggiare, andare in tournée per me ha sempre voluto dire soltanto stare lontana dall’uomo che amo, con la paura di non ritrovarlo al ritorno”.

Una paura che il tempo ha rivelato immotivata: già nel 1967 s’era perdutamente innamorata di Jacques Dutronc, bello e tenebroso, e oggi l’anagrafe dice che oltre che genitori di Thomas (dal 1973) sono dal 1981 moglie e marito. “Sono stata innamorata per 35 anni”, dice Françoise, “poi ho amato”. Una distinzione suggestiva, per dire che 45 anni di vita insieme non sono stati un ergastolo (capita a molte coppie) ma un viaggio meraviglioso che lei riassume nelle mete che si era prefissa: “Avevo due desideri, nella vita: fare un disco e fare un figlio. 
Li ho esauditi tutt’e due, sono una persona fortunata”.
E dovendo dichiarare la professione, si concede una civetteria: casalinga. Più nel giusto sarebbe se dicesse, come lo scrittore Gesualdo Bufalino diceva di sé: “Viaggiatrice intorno a me stessa”. Magari con gli occhi rivolti non alla Terra ma al cielo, che da sempre ispira la sua passione per l’astrologia. “Però niente oroscopi spiccioli, né previsioni ciarlatane”, si è sempre ritratta, quasi inorridita. “L’astrologia ci aiuta a scoprire in noi stessi alcuni caratteri distintivi, che possono cambiare secondo un’infinità di combinazioni”. E almeno in amore, a giudicare dai risultati, lei, Capricorno, ha trovato le chiavi giuste del difficile cuore di Jacques Dutronc, Toro “nonostante un’astrologa ci avesse sconsigliato di metterci insieme”. Forse la spiegazione sta tutta e semplicemente nel suo modo di essere, così come lo descrive un anonimo aedo, di cui chi scrive ha ritrovato solo un ritaglio sgualcito, come un messaggio in bottiglia dal passato, che sarebbe un delitto consegnare all’oblio: “Françoise Hardy è alta m.1,72. Ha grandi occhi verdi, intensi e lunghi capelli castano-dorati. È sottile fino a essere spigolosa, con un volto dai lineamenti marcati ma ingentiliti dalla diafana trasparenza dei normanni. Nonostante la parvenza delicata è una donna di grande temperamento e stupisce che sia riuscita a ottenere in se stessa un felicissimo connubio di arte e praticità. Non sa posare: se, come una ragazzina, acquista i suoi vestiti nei grandi magazzini è perché le piace così, e non per suggerimento del suo agente pubblicitario. Ed è per questo che detta la moda ai giovani: è una delle dive della canzone internazionale più seguite in ogni manifestazione della vita”. È stata lei a lanciare la minigonna. Poi, quando la quasi totalità delle ragazze portava la sottana una spanna sopra il ginocchio, ha imposto il pantalone semiaderente, adottato persino dalla celebre Brigitte Bardot. E nel 1967 ha dettato alle diciottenni di tutto il mondo: “Gonna lunga! Una spanna sotto il ginocchio!”. Anche così si costruisce un mito.

Testo Santi Urso

Styling_Miki Zanini