Laura Harrier, l’attrice del momento grazie a Hollywood, la nuova serie Netflix ideata e diretta da Ryan Murphy, ci racconta, in esclusiva, la sua esperienza di vita e professionale. E rilancia un messaggio: non bisogna mai smettere di combattere per i propri sogni.

Nel 2018, durante il Festival di Cannes, sulla scalinata più fotografata del mondo, la montées des marches, il mondo scopriva l’allure di una bellezza sofisticata e moderna, quella di Laura Harrier, nata a Chicago, vista allora in uno dei film più belli della stagione, BlacKkKlansman, diretta e voluta da Spike Lee. Un ruolo significativo, nei panni di Patrice Dumas, presidente dell’unione studenti neri, che l’ha catapultata all’attenzione di molti, mostrandone i lati d’impegno e dedizione, gli stessi mette nella vita di tutti giorni. Trent’anni, ma già una voce e volto nuovo, il suo, che dopo aver fatto girato la testa al Peter Parker-Tom Holland in Spider-Man: Homecoming, ci travolge adesso in Hollywood, la nuova serie – evento, ideata da Ryan Murphy, in onda su Netflix, e ambientata nella ‘Golden Age’ del cinema anni ‘40. Qui interpreta Camille Washington, giovane e aspirante attrice di colore, che non smette di inseguire un sogno, essere finalmente protagonista di una storia importante, e finalmente di un cambiamento. Proprio come ha fatto lei stessa.

Che esperienza è stata?
Era un ruolo eccitante, e poi sono sempre stata una grande fan di Ryan Murphy e dei suoi lavori, da American Horror Story, o American Crime Story, sul caso di Gianni Versace. La differenza l’ha fatta soprattutto lui, è davvero uno dei pochi frontrunner ad essere in prima linea nella rappresentazione di certe storie e di alcuni periodi d’oro del cinema. La cosiddetta “vecchia” Hollywood è un momento a cui ho sempre, comunque, guardato con ammirazione, lo devo a mia madre, lavora come logopedista (il padre è invece nelle assicurazioni, ndr). Grazie a lei, crescendo, ho visto film come Casablanca o Come sposare un milionario, e li adoravo! Non avrei mai pensato, però, di poterne far parte.

Cosa l’ha attratta maggiormente?
Negli anni ’40 c’era una forma di discriminazione nei confronti delle attrici di colore, spesso relegate a ruoli secondari, di cameriere, un primo segnale è arrivato, come molti sanno, quando Hattie McDaniel ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista in Via col vento. Camille è una donna affascinante, di grande profondità, ma deve affrontare molte avversità nella sua esistenza, alla fine, però, vince e conquista un proprio posto speciale.

Non si ritrova?
Sono abituata a guardare le cose e a trarne ogni volta un insegnamento. Non è facile imporsi, raccontare la propria storia, per migliore bisogna osservare, raccogliere dettagli, studiare. La cosa interessante è che ci sono dei progetti, come questo, in qui si convive per mesi a fianco di talenti enormi, parlo della nuova generazione di attori, Jeremy Pope, Darren Criss, Samara Weaving, così i veterani, si è costituita una famiglia artistica, succede di rado.

Lei ha cominciato come modella a 17 anni, oggi è uno dei volti di Louis Vuitton, ma cosa si ricorda degli inizi?
Non fu proprio facile, mi dividevo tra le passerelle e i casting, ma con la moda c’è sempre un rapporto stretto, lo ammetto, e in egual modo verso la mia immagine. Trovo sia davvero divertente poter scegliere degli abiti e per un attimo trasformarsi, quando ho cominciato ero molto meno glamour (ride, ndr). Se mi fermo un attimo, non c’è davvero confronto tra quella che ero, e quella che sono oggi, più consapevole.

In Hollywood a chi si è ispirata maggiormente?
A Dorothy Dandridge: è stata la prima attrice di colore a essere nominata da protagonista all’Oscar in Carmen Jones, la prima donna leader, capace, in quella Hollywood, di dover resistere parallelamente alla discriminazione, al razzismo. Altre, però, non sono riuscite pienamente, mi viene in mente un’altra grande interprete, Lena Horne, che lasciò, perché non stimata a causa del colore della pelle.

E se avesse vinto quel premio Oscar come sarebbe andata la sua carriera?
Il mondo avrebbe preso un’altra strada. Penso che l’industria poteva cambiata molto prima, senza aspettare il 2002 (la statuetta andò ad Halle Berry per Monster’s BallL’ombra della vita, ndr), purtroppo è passato troppo tempo. Io non volevo emulare nessuna, semmai omaggiarle tutte, cercando di inventarmi anche qualcosa di diverso, provando, nello stesso tempo, a fare leva sulla mia esperienza personale, in cui ho visto intorno a me, all’inizio, atteggiamenti simili, di poca accettazione e inclusione. Penso che se fossi anch’io nata 80 anni prima, forse la mia vita professionale sarebbe andata diversamente.

E invece eccola qui, tra i volti del futuro.
Ho avuto la fortuna di nascere in un’epoca in cui avevo certi modelli di donne davanti agli occhi che potevo guardare sullo schermo, con le quali poter empatizzare, immedesimarmi, vedermi dentro: Halle Berry, Angela Bassett. Ci vuole coraggio negli atteggiamenti, nelle scelte, nel rispetto per noi stesse, ma dobbiamo anche pretenderlo. Stiamo percorrendo la medesima strada, ma lo facciamo per “guidare” quelle bambine afroamericane che oggi ci guardano a nostra volta, e sognano, ci vedono come degli esempi. Loro sono il futuro.

So che lei è una grande lettrice, quali sono i suoi autori di riferimento?
James Baldwin
, uno dei libri che amo di più è If Beale Street Could Talk (Se la strada potesse parlare), un manifesto incredibile, potente, in cui racchiude attraverso una storia ciò che ha visto, vissuto, gli avvenimenti intorno a lui, il sentore della diversità. E poi c’è Toni Morrison, scomparsa purtroppo recentemente, scrittrice, prima donna afroamericana a ricevere il Premio Nobel per la letteratura. Penso di aver letto Beloved (Amatissima) per la prima volta quando ero al secondo anno delle superiori, mi ha davvero colpito. Lì ci si rende conto del valore della storia dei tuoi antenati, le difficoltà che hanno attraversato, quanto hanno combattuto duramente per poterci dare oggi la possibilità di lavorare. Sono due romanzi meravigliosi.

Come ha trascorso, invece, questi giorni di lockdown?
Per una persona che viaggia molto, si muove costantemente, si “nutre” di persone, interazioni, è stato davvero difficile, come per molti altri, ma sono soprattutto grata riguardo al fatto che gli amici, la mia famiglia, stanno bene, sani e salvi. Mi sono data alla cucina ecco (ride, ndr), amo la pasta, l’ho imparato venendo spesso in Italia, anzi avevo già programmato di trascorrerci questa estate, purtroppo dovrò rimandare, è uno dei paesi a cui sono più affezionata e in qualche modo desideravo ci fosse un pezzettino del vostro paese tra le mura domestiche. Sono stata in generale abbastanza creativa, riscoprendo alcune passioni, come la ceramica, e dipingere.

La prossima sfida sarà nuovamente su Netflix, una comedy drama, The Starling.
Ho una piccola parte al fianco di Melissa McCarthy, un’attrice incredibile e dal grande talento, volevo essere lì, e ancora una volta imparare. La recitazione, prima di ogni cosa, è sapersi entusiasmare, e io non vedo l’ora di continuare a farlo.