Rossana Podestà e Walter Bonatti: una storia d’amore

Rossana Podestà e Walter Bonatti: una storia d’amore

di Santi Urso

Due destini che sembrano provenire dagli abissi del tempo: addio alla donna che non aveva mai smesso di parlare all’uomo amato per sempre

Ci sono destini che sembrano provenire dagli abissi del tempo, quando gli uomini sognavano i miti: è suggestivo credere che un nebbioso mattino di dicembre Walter sia tornato dall’Ade per riprendersi la sua Rossana. Un ritorno invocato da quando, il 13 settembre 2011, lui, se l’era portato via un tumore, e lei, rimasta sola nella loro casa di pietra, non aveva mai smesso di parlargli.

È una leggenda che potrebbe intitolarsi: ‘L’uomo che visse tre volte’ oppure: ‘La donna dalle due ombre’. Perché questo sono Walter Bonatti e Rossana Podestà, protagonisti di una storia d’amore senza fine, e insolita, per le loro radici. Lui, stella alpina (montanaro nato all’ombra delle Alpi), ha avuto tre vite: scalatore, esploratore, viaggiatore. Lei, rosa del deserto (nata ai margini del Sahara), aveva un passato di riluttante diva del cinema (il tormento d’un matrimonio infelice con un regista la indusse a scendere dall’Olimpo cinematografico a cui sembrava destinata), e un presente al fianco di uno dei personaggi più suggestivi del Novecento, complesso, selvatico, avventuroso, sognatore.

Rossana non ha mai vissuto nel ricordo, ma nel presente, come lui non fosse mai andato via, e ha fatto in tempo a raccontarlo in W di Walter, il documentario che gli ha dedicat o. Capitava che, non trovando un suo appunto, Rossana commentasse: “Ma dove l’hai messo?”, aspettando la risposta. Insieme, Rossana e Walter non hanno riempito un catalogo di viaggi affascinanti, dando corpo a sogni coltivati sulle pagine di London, Hemingway, Melville (riuscendo a condividerli con chi un tempo leggeva su Epoca le imprese di Bonatti): hanno creato una immortale storia d’amore. Per la quale Rossana, ha rinunciato a essere dea per accettare un destino di donna.

Senza scomodare lo zodiaco, che la mette nello stesso segno (i Gemelli) di Angelina Jolie, Marilyn Monroe, Stefania Sandrelli, Alida Valli, solo per fare il nome di qualche superstar (e ci sono anche Raffaella Carrà, Margherita Hack, Natalie Portman), va ricordato che, della sua generazione è stata l’attrice più bella e sensuale, con un “glamour carnale” rivelato nel 1953 dal film messicano La rete. Ma lei si descriveva così: “Attrice tra gli anni Cinquanta e Settanta. Dal 1981 è stata per trent’anni la compagna di Walter Bonatti”.

E non ha mai smesso di dimostrarsi quasi infastidita a chi le ricordava che fa parte della storia del cinema, come grandissima diva (“Non rifarei Ulisse ed Elena di Troia, anche se non li rinnego”, diceva, con una certa ingenerosità verso quei capolavori dell’avventura), forse perché uno dei film che più l’ha consacrata (Sette uomini d’oro) aveva per regista quel marito, Marco Vicario, di cui non parlava con entusiasmo. Se ne era separata nel 1975, quando i figli Stefano e Francesco erano già grandi, e del marito parlava sempre indicandolo per cognome.

Dal 2 giugno 1981, giorno del primo appuntamento, non si era più lasciata con Walter. In un bel libro, scritto con Angelo Ponta, Walter Bonatti Una vita libera, Rossana racconta, con maliziosa sicurezza, i loro inizi: “Ero un pochino preoccupata. Walter aveva circa cinque ‘fidanzate’, tutte ignare una dell’altra. La sesta, cioè io, arriva all’improvviso e prende posto nel cuore e nella casa di Walter ufficialmente. Lui è bravissimo a tenere a bada il suo harem, solo che io non sono per niente d’accordo”. E soavemente lo mette davanti a una scelta: o io o niente. Lui decise all’istante.

Ed è stata storia d’amore che dura oltre la vita. “Abbiamo incominciato a invecchiare insieme”, diceva Rossana, che non sembra essersi rassegnata al finale struggente, di sopravvivere troppo a lungo all’amato.
L’ha uccisa la malattia. Non potevano stare lontani, dice la poesia. Oltretutto, una dea come Rossana (le grandi dive del cinema sono “imparentate” con le divinità mitologiche) ha proprio questo compito: ricordare agli umani che certe storie d’amore sono immortali.