40 anni senza Alfred Hitchcock, maestro oltre il tempo
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40 anni senza Alfred Hitchcock, maestro oltre il tempo

di Andrea Giordano

Il 29 aprile 1980 uno dei più grandi innovatori e narratori della storia del cinema (e della televisione) se ne andava, lasciandoci, però, la sua eredità fatta di capolavori, da rivedere e riscoprire.

Creare la suspense perfetta, una cornice dove portare dentro chiunque – “la gente paga per aver paura” raccontò – e lì fare arte, continuando a regalare rivelazioni e scoperte. Il cinema di Alfred Hitchcock, a distanza di 40 anni dalla morte, avvenuta il 29 aprile 1980, non può che diventare nuovamente lo stimolo, più che mai vivo, moderno, nel celebrare la genialità di un innovatore assoluto, sperimentale, nel rovesciare e radicalizzare prospettive e pensieri.

Un maestro, non solo del brivido, perché in grado fin da subito di condurre lo spettatore in qualcosa di mai visto, tridimensionale, oltre il mistero e il passaggio del tempo, di corredare, ogni sua storia, ambientazione, architettura visionaria, seguendo una sorta di semiotica delle cose, dei dettagli, determinanti, illumina(n)ti.

Sono le finestre di tre capolavori quali Psyco, di Rebecca, la prima moglie, de La finestra sul cortile, sono le chiavi, manette, corde, oggetti, feticci, diventati componenti realistici, onirici, con i quali voler lanciare indirettamente un messaggio pieno di significato. È quel bicchiere di latte che, ne Il sospetto (Suspicion), Cary Grant, salendo le scale (altra metafora dominante) porta a Joan Fontaine, giocando tra luci e ombre, in cui poter racchiudere forse una miscela letale, ma elegante e sofisticata. 

È quella scena mitologica della doccia (ancora Psyco) in cui una mano assassina uccide Janet Leigh, per cui gli ci volle, solo per quella, una settimana di riprese, e che non ci si stanca mai di vedere per quanto affascinante e trasgressiva. È la collaborazione surreale tra lui e Salvador Dalì, capace di produrre quel breve incubo in Io ti salverò, tra occhi e tagli di forbice.

Ma per lui parla soprattutto l’intera carriera, divisa tra il periodo inglese, quello del muto (“l’arte più pura”) e quello americano, sbarcando a Hollywood, nella cosiddetta ‘Golden Age’ dell’industria cinematografica, producendo una serie infinita di perle, iniziata da Il labirinto delle passioni, girato anche tra il lago di Como e Genova, e finita con Complotto di famiglia. Nel mezzo la sua storia (con, al fianco, la moglie fidata Alma) ha segnato inequivocabilmente il binario dell’innovazione, portando generazioni di cineasti, anche contemporanei, da Martin Scorsese, Wes Anderson o David Fincher, tanto per citarne alcuni, a ritrovarsi in quegli esercizi di stile, a desiderare semmai di immergersi nuovamente, anche come semplici spettatori.

La carrellata di immaginari, suoni e personaggi non conosce neanche oggi confini, sono splendori, che vale la pena di recuperare: si va da Il pensionante alle spy story, L’uomo che sapeva troppo, Il delitto perfetto, Caccia al ladro, La congiura degli innocentiLa donna che visse due volte, Gli uccelli, Marnie, Intrigo internazionale, Notorius – L’amante perdutaLa logica è noiosa, non sono mai soddisfatto dell’ordinario» disse ‘Hitch’, in un passaggio ad un altro grandissimo, François Truffaut, in quella che sarebbe diventata una delle conversazioni maggiormente celebri, tradottasi grazie al secondo in uno dei libri più affascinanti mai scritti, Il cinema secondo Hitchcock. Un manuale di vita e tecnica, ricco di suggestioni, curiosità, scenari preziosi, diventato probabilmente la vera essenza del regista londinese, e tutt’oggi da rileggersi avidamente, magari proprio in questi giorni.

Hitchcock ha saputo così catturare l’invisibile, materializzando il senso di colpa e la doppiezza dei suoi protagonisti, caratterizzando le tensioni psicologiche, la dilatazione dell’aspetto temporale, la velocità d’azione, i vuoti e il silenzio degli spazi, la condizione umana. Ritagliandosi di tanto in tanto dei camei, ha voluto così far parte di queste ossessioni, sempre non convenzionali, studiate in maniera quasi matematica, estrema, ambiziosa, un precursore nell’aprire la strada. Avvenne per la televisione, che fu la fucina di idee dove mettere in scena, ideando, producendo, talvolta dirigendo, altri crimini e thriller, come in Alfred Hitchcock presenta o L’ora di Hitchcock, oltre 350 episodi. È avvenuto nel cinema, è avvenuto nel suo volersi rendere, inconsciamente, unico. Ma la celebrazione, ne siamo certi, forse lo annoierebbe, e allora proviamo a immaginarlo insieme ai suoi attori, attrici, le meraviglie di sempre, tutti in debito nel tributargli l’onore dovuto, ognuno sul set. Ed eccoli i Cary Grant, James Stewart, Anthony Perkins, Ingrid Bergman, Grace Kelly, Gregory Peck, Tippi Hedren. Nessuno perde, e come potrebbero. Ma il migliore, alla fine, rimane sempre lui.