Claudio Santamaria eroe mostruoso per Freaks Out
Foto: La Biennale di Venezia -Foto ASAC ph Giorgio Zucchiatti

Claudio Santamaria eroe mostruoso per Freaks Out

di Simona Santoni

L’attore è protagonista di uno dei film più attesi del Festival di Venezia, come fenomeno da baraccone ricoperto da peli ma dalla profonda umanità. «Ho ricercato dentro di me tutte le volte che mi sono sentito diverso»

Con quello sguardo fondo e un po’ smarrito e il sorriso sornione, Claudio Santamaria è passato attraverso tanti “diversi”, personaggi outsider, dall’ozioso fumettista Pentothal ideato da Andrea Pazienza in Paz! al cantautore fuori dagli schemi del film tv Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu. E ora arriva alla summa di quei diversi, interpretando un uomo ricoperto da peli dalla testa ai piedi e con forza sovrumana, un “mostro” che però trova l’umanità che neanche sapeva di avere in Freaks Out, film di Gabriele Mainetti presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia.

«Ci sono volute dalle 2 alle 4 ore di trucco prima di girare, per mettermi tutto quel pelo addosso, e 40 minuti per toglierlo, ogni giorno. Ho letto molto», sorride Santamaria.

Claudio Santamaria è Fulvio, un “freak”, un fenomeno da baraccone che lavora al circo Mezzapiotta nella Roma del 1943, insieme ad altri diversi, dei fantastici quattro un po’ rozzi e romanacci: accanto a lui ci sono l’incantatore di insetti Cencio (Pietro Castellitto), l’uomo calamita Mario (Giancarlo Martini) e la ragazzina elettrica Matilde che accende lampadine semplicemente appoggiandole sulle labbra (Aurora Giovinazzo).
Quando la seconda guerra mondiale irrompe in città e Roma viene occupata dai nazisti, i quattro circensi perdono il rifugio sicuro del tendone da circo e sono costretti a far i conti con la violenza di bombe e rastrellamenti e con la loro diversità. Il loro essere speciali, da condanna, diventerà possibilità e arma di salvezza.

Freaks Out
Foto: 01 Distribution
Claudio Santamaria, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini nel film “Freaks Out” di Gabriele Mainetti

Freaks Out era uno dei film più attesi al Lido di Venezia, dopo l’esordio da exploit con Lo chiamavano Jeeg Robot che nel 2015 ci fece conoscere il talento audace di Mainetti, classe 1976, che ha osato lanciarsi in una novità per il nostro cinema, una sorta di cinecomic italiano, mescolando generi e suggestioni: ben 7 David di Donatello in bacheca. Allora aveva ideato un supereroe borgataro di Tor Bella Monaca, piccolo delinquente senza amici che si abbuffava di budini e film porno. A dare il volto a questo “Jeeg Robot” di casa nostra, roccioso, cupo e dall’aria stropicciata, c’era anche allora lui, Claudio Santamaria, che per la parte era ingrassato di venti chili (tra l’altro, a proposito di supereroi, era stato lui a doppiare il Batman di Christian Bale nella trilogia di Christopher Nolan).

«Mi è capitato di nuovo: per la seconda volta, leggendo una sceneggiatura che mi manda Gabriele, mi sono emozionato e ho detto “Finalmente”», racconta Santamaria al Lido. «Lo chiamavano Jeeg Robot è stato lo scavo preliminare, Freaks Out invece è la diga che ha sancito uno spartiacque verso un cinema che può anche divertire, essere fantasmagorico, spettacolare, ma trovare poi la sua credibilità in vicende umane che riguardano tutti e ci toccano».

Freaks Out ha ricevuto applausi alla prima proiezione per la stampa, in Sala Grande, ma ha diviso gli umori, tra gli entusiasti per una produzione da kolossal, con battaglie e tripudio di effetti speciali, e i delusi che non trovano la potenza narrativa che Mainetti ha nelle sue corde. 

Claudio Santamaria
Pascal Le Segretain/Getty Images
Claudio Santamaria e sua moglie Francesca Barra sul red carpet del film “Freaks Out”, Mostra del cinema di Venezia, 8 settembre 2021

Il tema dei “freak”, individui unici e irripetibili, è stato proposto da Nicola Guaglianone, collega di sceneggiatura di Mainetti, che del film tra l’altro è anche co-produttore e co-autore della colonna sonora (insieme a Michele Braga). E sullo sfondo, come modelli per rendere originali le abilità dei quattro protagonisti, esaltando però anche l’umanità dei personaggi, ci sono il cult del macabro del 1932 Freaks di Tod Browning e La donna scimmia di Marco Ferreri.

«Ho lavorato per cercare di costruire la personalità di questo personaggio, che uscisse fuori dal pelo» spiega Santamaria, 47 anni e carisma magnetico, allegro e con la battuta pronta. «Ho fatto anche un lavoro sul corpo, perché il linguaggio corporeo fosse evidente. Altrimenti il mio Fulvio rischiava di essere una specie di Chewbecca di Guerre stellari, affidabile ma unidimensionale. Abbiamo cercato di sviluppare una storia passata dietro a questa figura mostruosa che in realtà è una persona di cultura, che legge molto, e che nei 10 anni chiusi in gabbia è stato confortato dai libri. In un piccolo mercato dell’antiquariato ho trovato un’edizione antica de Il conte di Montecristo: leggevo sempre quel testo, mi serviva per costruire il passato di Fulvio, anche se sullo schermo non si vede».

E ovviamente, come quando ha incarnato il malavitoso Dandi di Romanzo criminale o il cieco isolato di Almost Blue, Santamaria ha attinto a zone oscure presenti dentro ognuno di noi. «Il tema affrontato in Freaks Out è quello della discriminazione e della diversità: in questi casi come attore vai a ricercare dentro di te tutte le volte che sei stato discriminato, che ti sei sentito diverso, emarginato, utilizzando questi frammenti per costruire un passato che ti brucia nel petto».

Freaks Out uscirà al cinema il 28 ottobre.